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 2012  dicembre 07 Venerdì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - IL MIGLIO VERDE DEL GOVERNO MONTI


Non è ancora una crisi formale, ma le parole pronunciate nell’aula di Montecitorio dal segretario del Pdl, Angelino Alfano, secondo cui «l’esperienza del governo Monti è conclusa», lasciano il governo appeso a un filo. E non è un caso che il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, trascorra la giornata di Sant’Ambrogio non al teatro alla Scala per la prima del Lohengrin (un forfait peraltro annunciato con una settimana di anticipo) ma al Quirinale per una serie di incontri con leader politici e vertici istituzionali che se non sono delle vere e proprie consultazioni, molto vi assomigliano. Intanto, dalla Scala il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera comunica serenità: «Continuiamo il nostro lavoro serenamente. Se c’è da fare una dichiarazione la fa il presidente Monti». Sulla stessa lunghezza d’onda quello dell’Economia, Vittorio Grilli: «Non sono un esperto e comunque il Governo lavorerà ancora per pochi mesi».
I DUE UMORI DEL PDL - I faccia a faccia al Colle servono per verificare se sarà possibile salvare l’esecutivo e arrivare al termine della legislatura o se, al contrario, il Paese si avvierà ad elezioni anticipate. Il primo tra i leader di partito a salire al Quirinale è stato proprio Alfano. L’incontro è durato poco più di un’ora. Non sono state rilasciate dichiarazioni sui contenuti del confronto tra il segretario pdl e il capo dello Stato. Dal partito di Silvio Berlusconi, ormai (auto)investito del ruolo di sfidante ufficiale di Pier Luigi Bersani, giungono però diversi segnali che vanno in direzione del voto anticipato. L’ex ministro Matteoli ha parlato del 10 marzo come possibile data della convocazione alle urne e nel pomeriggio un vertice a Palazzo Grazioli con il Cavaliere è servito, parola di Fabrizio Cicchitto, come «riunione sulle elezioni e per organizzare la campagna elettorale». Lo stesso Alfano, nell’intervento in Aula, aveva però frenato sui tempi della crisi: «Non ci faremo attaccare addosso la lettera scarlatta dell’irresponsabilità. Vogliamo concludere ordinatamente legislatura». Un altro ex ministro, Giorgia Meloni, una delle più ferventi sostenitrici delle primarie e alla testa della schiera dei delusi per la loro cancellazione, ha affidato a Twitter tutta la sua amarezza: «Primarie annullate, Berlusconi candidato, crisi di Governo: oltre che sui giornali nel @ilpdl chi ha qualcosa da dire dove può farlo?».
SCHIFANI E FINI - Nel pomeriggio il capo dello Stato ha ricevuto i presidenti delle due Camere, Renato Schifani e Gianfranco Fini, intrattenendosi a lungo anche con loro. Segno pure questo della assoluta delicatezza della situazione: i vertici di Palazzo Madama e Montecitorio sono infatti i primi ad essere sentiti anche in occasione delle consultazioni ufficiali, assieme agli ex presidenti della Repubblica.
«LEALI MA NON INGENUI» - Anche il segretario del Pd, Bersani, è stato ricevuto da Napolitano. E anche in questo caso non sono state diramate note ufficiali sul contenuto dei colloqui. In aula, però, il capo dei democratici era stato molto duro nell’attaccare il Pdl: «La medicina per risolvere i mali dell’Italia non è Berlusconi. Oggi è venuta meno la speranza che il centrodestra italiano possa dare un mano al cambiamento del Paese». E ancora, rivolto al Pdl: «Noi abbiamo una parola sola e saremo leali e siamo pronti a esserlo fino alla fine della legislatura. Leali nel sostegno al governo e alle indicazioni del capo dello Stato. Ma non siamo ingenui e non ci mettiamo sulle spalle il peso della vostra propaganda»
UDC- La strada verso il voto sembra comunque imboccata e un ruolo importante sarà quello che decideranno di avere i centristi. «Noi privilegeremo il dialogo con chi sostiene questo governo - ha detto Pier Ferdinando Casini - Lo abbiamo sempre detto e lo confermiamo: il banco di prova per noi parte da qui». Il leader centrista ha rimproverato in Aula al Pdl di aver tolto il sostegno a Monti «solo per calcolo elettorale o per motivi connessi al provvedimento che questo governo sta varando» e che sforbicia i costi della politica. Chi si oppone alle misure, accusa, «lavora al mantenimento dello status quo». In seguito è salito al Colle insieme al presidente del Gruppo parlamentare alla Camera, Gian Luca Galletti.
BOSSI - Intanto dalla Lega giungono i primi segnali di un possibile riavvicinamento ad un Pdl di nuovo completamente «ritargato» Berlusconi. «Per ora garantiamo il nostro appoggio alle Regionali, per le Politiche si vedrà» ha detto Umberto Bossi conversando con i giornalisti in Transatlantico. Più scettico Roberto Maroni, che twitta contro Napolitano («incontra tutti tranne la Lega, unico partito di opposizione») e che rileva come al momento «non c’è nessuna novità, ci sono solo chiacchiere» e che non esiste ancora alcun accordo per rinsaldare la vecchia alleanza perché «secondo me il Pdl non farà cadere il governo Monti».

BERSANI: IL PDL STA TRASFERENDO I SUOI PROBLEMI SUL SISTEMA. UN GESTO IRRESPONSABILE

ROMA - Angelino Alfano alla Camera: "Tredici mesi fa questo governo nacque perché le cose andassero meglio. Tredici mesi dopo le cose vanno peggio. Non abbiamo bisogno di molte discussioni. Oggi siamo qui a dire che consideriamo conclusa questa esperienza di governo. Ieri non abbiamo votato la sfiducia perché avremmo causato l’abisso dell’esercizio provvisorio. Vogliamo concludere l’esperienza di questo esecutivo" senza strappi, spiega il segretario del Pdl Angelino Alfano. "Non vogliamo mandare le istituzioni e il Paese allo scatafascio". Parole che spiegano perché, dopo aver incontrato la delegazione Pdl al Quirinale, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha convocato i presidenti di Camera e Senato, oltre ai leader di Pd e Udc. Sono iniziate, sostanzialmente, le consultazioni per il dopo Monti.
Poco prima delle 18 a salire sul Colle è stato Pierluigi Bersani in compagnia dei capigruppo democratici di Camera e Senato, mentre a seguire è stata la volta Pier Ferdinando Casini. A Napolitano il leader del Pd ha ribadito quanto detto più volte in queste ore. Ovvero che il Pd sosterrà fino all’ultimo il governo lealmente, ma non intende lasciare mano libera al Pdl per fare campagna elettorale contro i provvedimenti dell’esecutivo.
Per motivare la scelta del Pdl di togliere il suo sostegno a Monti, Alfano a Montecitorio ha parlato di "debito pubblico peggiorato, nessua strategia di sviluppo, Pil diminuito, tasse aumentate, crollata compravendita degli immobili. Ma gli errori principali a questo governo li ha fatti compiere il Partito democratico - sottolinea il segretario del Pdl, durante la discussione alla Camera sul dl sui costi della politica -. Sulla riforma del mercato del lavoro, nonostante la disponibilità, il Pd si è piegato ai diktat della Cgil che a sua volta si è piegata ai diktat della Fiom. L’epilogo è stato il voto sbagliatissimo dell’Italia all’Onu sulla Palestina. Sempre per il cattivo condizionamento della sinistra a questo governo".
Facile, a questo punto, immaginare cosa Alfano abbia comunicato al Quirinale, nel primo dei tanti colloqui che attendono in giornata Giorgio Napolitano, che ieri ha garantito sulla tenuta istituzionale del Paese. Incontro durato quasi un’ora e mezza, con il segretario del Pdl, e i presidenti dei gruppi parlamentari di Camera e Senato, Fabrizio Cicchitto e Maurizio Gasparri, dopo che ieri il Pdl si è astenuto sulla fiducia al governo al Senato e alla Camera.
Dopo la delegazione Pdl, il capo dello Stato ha incontrato il presidente del Senato, Renato Schifani, e, nel pomeriggio, per circa un’ora, anche il presidente della Camera, Gianfranco Fini.
Casini, durante le dichiarazioni di voto sul dl sui costi della politica alla Camera, ha attaccato il Pdl e la sua scelta di non sostenere più il governo Monti. "Il Pdl ha tolto la fiducia dalla sera alla mattina solo per un calcolo elettorale, oppure ci sono motivi connessi a provvedimenti che questo governo sta varando - dice il leader Udc -. Ma come si può essere contro l’incandidabilità dei condannati o contro la volontà di restituire agli elettori la possibilità di scegliere i propri candidati?". "Ma ogni ragionamento serio sul futuro del Paese parte dal sostegno a questo governo, che ha detto la verità e fatto scelte impopolari. Il governo non può diventare il parafulmine di questi giochi irresponsabili fatti sulla pelle degli italiani" ha concluso Casini.
A seguire, ecco in aula Bersani accusare Berlusconi di "incoerenza", raccontare dell’esistenza di un "meccanismo padronale nel centrodestra". "È evidente che se non avete da riflettere sui vostri errori passati per voi il governo Monti non è un momento di transizione, ma una parentesi che si apre e si chiude e tutto torna come prima. Siete degli irresponsabili! Ma le domande che non vi fate ve le facciamo noi. Pensate di avere qualche responsabilità nella crisi? Voi siete stati degli irresponsabili nel dire che la crisi non c’era" tuona Bersani, che poi descrive l’Imu come una tassa originata dall’azione di Berlusconi e Tremonti. "Noi saremo leali con il governo e fedeli alle indicazioni del capo dello Stato. Leali, ma non ingenui, non ci accolleremo la propaganda Pdl. Voi avete il coraggio di motivare la vostra decisione (di staccare la spina al governo, ndr) con le condizioni in cui versa il Paese?".
Fornero: "Governo in mani di Napolitano". Ha fiducia nel capo dello Stato il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, che sul futuro dell’esecutivo ha detto: ’’È nelle mani del presidente della Repubblica e io ho molta fiducia in quelle mani’’, ha risposto a chi le chiedeva se avesse fiducia in una naturale fine della legislatura.
Ok a taglio dei costi della politica. Con 268 voti a favore, un solo contrario e 169 deputati astenuti, fra i quali l’Idv, la Camera ha convertito definitivamente in legge il decreto sul taglio dei costi della politica negli enti locali. Prima delle votazioni parole grosse in aula nel gruppo Idv dopo che Franco Barbato, ripreso dal presidente della Camera Gianfranco Fini e dal suo stesso capogruppo Borghesi, ha attaccato personalmente diversi parlamentari della maggioranza, fra cui Pier Ferdinando Casini.
Vertice a palazzo Grazioli. Riunione a palazzo Grazioli tra il presidente del Pdl Silvio Berlusconi e parte dello stato maggiore del partito. Hanno partecipato, fra gli altri, Gianni Letta, Paolo Bonaiuti, Angelino Alfano, Denis Verdini, Sandro Bondi, Renato Brunetta, Fabrizio Cicchitto e Maurizio Gasparri. All’incontro dovrebbe essere presente anche il presidente del Senato, Renato Schifani, anche se fonti della presidenza del Senato smentiscono questa circostanza. È un vertice "sulle elezioni, sull’organizzazione della campagna elettorale", ha spiegato uscendo Fabrizio Cicchitto.
Cazzola: "Berlusconi uccide il Paese". Se la notte non ha fatto cambiare opinione a Berlusconi, potrebbe essere lo stesso cavaliere ad annunciare il ritiro della fiducia a Monti e la sua intenzione di tornare a guidare il centrodestra nello scontro elettorale. ma nel Pdl non tutti sono d’accordo con la linea dell’ex premier. Giuliano Cazzola, uno dei deputati del Pdl che ieri ha deciso di votare la fiducia al governo, in un’intervista al Mattino, parla di "delitto politico": "Berlusconi uccide il Paese. Con un sms ci hanno detto di astenerci. Una caserma. Sono tutti lì a scondinzolare: Silvio, che bravo!". Malumori condivisi dall’ex ministro Giorgia Meloni. "Primarie annullate, Berlusconi
candidato, crisi di Governo: oltre che sui giornali nel Pdl chi ha qualcosa da dire dove può farlo?", scrive su Twitter.
Maroni: "Dialogo con Pdl, ma solo se stacca spina a Monti". "La possibilità di riaprire il dialogo con il Pdl dipende dalla loro decisione di staccare la spina al governo Monti". Il leader della Lega, Roberto Maroni, intervistato nel corso di ’Radio anch’io’ su Radio Rai 1, insiste che "finchè il Pdl sostiene Monti, non c’è possibilità di dialogo". L’ex ministro attende chiarimenti sulla leadership del Pdl: "Noi non trattiamo con le persone, ma sul piano politico con i movimenti politici. Il problema è capire bene chi decide nel Pdl,c’è un po’ di confusione, spero si chiarisca in fretta. L’ex ministro dell’Interno riconosce che "Alfano è il segretario del partito, discuto con lui. Il problema è capire chi è che decide e mi pare che ci sia ancora confusione". Il nostro auspicio - ha aggiunto - "è che si voti la legge di stabilità e si vada subito alle urne, a febbraio o marzo, decida il presidente della Repubblica". Più tardi su Twitter il segretario federale della Lega si è lamentato del fatto che il capo dello Stato invontrasse tutti, tranne i rappresentanti del Carroccio: "Napolitano incontra tutti tranne la Lega, unico partito di opposizione. Viva la democrazia! Via da Roma, prima il Nord!".
Borsa in calo. Piazza Affari fanalino di coda in Europa sull’incertezza politica aperta dalla decisione del Pdl sul governo Monti. Il Ftse MIb cede lo 0,78% mentre lo spread è tornato sopra i 330 punti.
(07 dicembre 2012)

STANDARD AND POOR’S
MILANO - Standard & Poor’s potrebbe tagliare il rating dell’Italia se la recessione proseguirà nel secondo semestre del 2013. L’agenzia di classificazione percepisce inoltre un "rischio significativo" che il Pil del Paese continui a contrarsi anche nella seconda metà dell’anno prossimo.
In una nota, già divulgata due settimane fa, S&P afferma di "attendersi che l’economia italiana continui a contrarsi nel 2012 e nel 2013 prima di tornare a un debole tasso di crescita del Pil non superiore all’1%". Tra i motivi che pesano sullo stato di salute dell’economia l’agenzia cita la ristrettezza del credito, il consolidamento di bilancio e "l’incerta domanda esterna". Sul giudizio complessivo del rating influisce poi "l’incertezza se la prossima coalizione di Governo rimarrà impegnata sull’agenda di riforme strutturali avviata dall’attuale esecutivo".

MONICA RUBINO
ROMA - "Era ora! Forza Cavaliere. Basta con il Rigor Montis". La frase di giubilo apre il sito "Spazio Azzurro" - il luogo virtuale dove i pidiellini inviano commenti e suggerimenti sulla linea politica del loro partito - ed è emblematica dell’entusiasmo con cui tanta parte del Pdl ha accolto il pre-annuncio del ritorno in campo di Silvio Berlusconi.
Dopo mesi di imbarazzati silenzi, ma anche di convinte adesioni all’ipotesi delle primarie, la pancia parlamentare del Pdl è esplosa oggi in un sonoro giubileo di dichiarazioni entusiastiche, osanna e avventati pronostici di resurrezione del partito e del centrodestra su toni che non si vedevano dai giorni dell’ultima vittoria elettorale. Dietro tanta spontaneità c’è stato in realtà anche un ordine di scuderia, partito dal vertice notturno di Palazzo Grazioli: "Bisogna reagire e dare un segnale forte". E così sin dalla prima mattina le agenzie di stampa sono state invase dalle dichiarazioni spontanee di deputati e senatori felici per il ritorno in campo del leader. In mezzo a tanto entusiasmo faceva quasi tenerezza il tweet di Giorgia Meloni, solo come un cane nel giudicare sbagliata la riproposizione dell’ex premier agli elettori, e soprattutto l’accantonamento del povero Angelino Alfano.
Tutto intorno infatti rimbombavano le voci di vecchi quadri intermedi di Forza Italia e del Pdl, ex ministri e sottosegretari; e poi la pattuglia degli indagati, i portavoce ufficiali da tempo con la sordina, la sarabanda dei "peones" e, ovviamente, in prima fila, lo squadrone delle amazzoni del Cavaliere: da Gelmini e Carfagna a Bergamini e Biancofiore, passando per Renzulli, De Girolamo e Brambilla.
Le amazzoni (foto). Non "vedeva l’ora" di riapplaudire Berlusconi in campo Margherita Boniver. Auspica, adesso, "una vigorosa campagna elettorale, su un’agenda politica ed economica in grado di rimettere in moto l’Italia". Per Mariastella Gelmini, il Cavaliere è l’unico che può "battere l’asse Pd-Grillo". La rossa Michela Vittoria Brambilla ribadisce perentoria: "Berlusconi è il leader del centrodestra e questo è un dato incontrovertibile". Mentre per Mara Carfagna, che non interveniva da un bel po’ di tempo, con Berlusconi "il nostro lavoro sarebbe più facile".
Accorato l’appello della pasionaria Daniela Santanché: "Presidente, abbiamo bisogno di te per difendere la libertà". Per Alessandra Mussolini, candidata pentita alle primarie mai nate, con il Cavaliere in campo "si riapre la partita elettorale". Rimando alle imprese di Cesare per Deborah Bergamini: "Finalmente il dado è tratto". Per Nunzia De Girolamo e Paola Pelino, invece, l’ex premier ha il "dovere di tornare per il bene del Paese". Si affida a una metafora calcistica l’europarlamentare Licia Ronzulli: "Il centrodestra ha bisogno di un attaccante che faccia gol, che trascini la squadra". "Senza Berlusconi non c’è centrodestra", dichiara senza mezzi termini Souad Sbai. Ma l’apice si tocca con la citazione biblica della bolzanina Michaela Biancofiore: "Fiat lux", esclama, "Berlusconi riporterà la luce nell’asfittica politica italiana".
Caporali e sergenti - Per il portavoce del Pdl, Daniele Capezzone, Berlusconi in campo è "l’unica chance per scongiurare la vittoria della vecchia sinistra tassa e spendi". Nicola Cosentino è "al suo fianco", così come l’ex ministro Gianfranco Rotondi, che giudica "giusta" la sua ricandidatura. Giancarlo Galan accoglie positivamente il ritorno del leader, ma "il partito va cambiato". Il senatore Mauro Cutrufo respinge "i soliti gufacci" che avevano predetto la fine del leader, mentre per Amedeo Laboccetta "Bersani ha festeggiato troppo presto". Adriana Poli Bortone loda il coraggio del leader, mentre Nino Foti, della direzione nazionale del partito, ne auspica il ritorno.
"Peones" e dintorni. Per il deputato Giancarlo Mazzuca, "il ritorno in campo di Berlusconi è la migliore risposta del centrodestra in vista delle prossime elezioni politiche". Per Giuseppe Moles e Ignazio Abrignani solo con il Cavaliere gli italiani possono "ritornare a sperare". Alessandro Pagano giudica il ritorno del capo come un "atto generoso". Gioiscono Franco De Luca e Marco Milanese perché "adesso la partita ricomincia daccapo e il centrodestra può farcela", mentre un commosso Luigi Cesaro parla di "ennesimo gesto d’amore". Pasquale Vessa è semplicemente "felice" e Antonino Minardo si augura che l’ex premier lavori al rilancio del partito puntando sui giovani. Per Stefano De Lillo, Berlusconi è l’unico che può unire i moderati, mentre per Gabriella Giammanco è "l’antidoto contro i grillini". Manuela Repetti, infine, trae le conclusioni: adesso che il Cavaliere ritorna, dice, si deve andare "subito a votare".
(06 dicembre 2012)

CLAUDIO TITO SU REP DI STAMATTINA
"Se vogliono la crisi, ci sfiducino. Si assumano la responsabilità di far cadere il governo e di far schizzare lo spread". Mario Monti edifica l’ultima linea Maginot del suo governo. Concorda ogni mossa con Giorgio Napolitano per rispondere all’attacco di Silvio Berlusconi. E stabilisce con il presidente della Repubblica la linea di condotta per impedire che le "truppe" del Pdl aggirino la "linea".
Prendere tempo, sfidare il centrodestra sul piano istituzionale. E blindare il percorso che solo pochi giorni fa il capo dello Stato aveva tracciato per arrivare alle elezioni: scioglimento delle Camere il 10 gennaio e voto il 10 marzo, se possibile con l’election day. "Perché non basta una semplice astensione per provocare una crisi di governo. Ci sfiducino e soprattutto si prendano tutta la responsabilità di mandare al macero alcune delle leggi più importanti".
La rottura tra il premier e il Cavaliere, del resto, è ormai definitiva. E va oltre il rapporto politico. Si tratta di una frattura anche personale: "Avete visto quanti insulti?". L’ultimo contatto tra i due, infatti, non è stato affatto sereno. Tutto concentrato sul decreto legislativo che prevede l’incandidabilità dei condannati. Ieri mattina improvvisamente il telefono è diventato rovente. La tensione ha subito improvvisamente un picco. Mancavano poche ore al Consiglio dei ministri e gli "ambasciatori" dell’ex premier avevano trasformato quel testo in un vero e proprio ricatto.
Le parole del ministro Passera piuttosto critiche nei confronti di Berlusconi sono solo un pretesto per far salire la temperatura prima al Senato e poi alla Camera. Il Professore a quel punto parla con il ministro. Che poco dopo lascia contrito Palazzo Madama: "La cosa più importante è che il Senato abbia approvato il decreto Sviluppo". Ma l’allarme scatta anche sul Colle. I dati della Borsa di Milano e del differenziale tra Btp e Bund tedeschi ricominciano a trottare: verso il basso i primi e verso l’alto i secondi. Napolitano chiama quasi tutti i leader, a cominciare da Bersani e Casini. I contatti con il ministero del Tesoro diventano costanti.
La preoccupazione, però, rapidamente diventa un’altra. Perché le trattative con gli esponenti del Pdl non si limitano alla definizione del decreto legislativo dell’esecutivo. Dietro quel testo, spicca dell’altro. Ben più decisivo per il capo del centrodestra. E tutti lo capiscono in un batter d’occhio. L’obiettivo di Berlusconi è quello di ottenere in un colpo solo almeno quattro risultati: affondare l’incandidabilità, archiviare la riforma elettorale, strappare l’election day. E in ultimo sperare che anticipando la campagna elettorale, possa contare sul ricorso sistematico al legittimo impedimento per il processo Ruby. Una tattica processuale, dunque, finalizzata a evitare la sentenza prima del voto. Il suo incubo, infatti, è quello di ritrovarsi già a fine dicembre o inizio gennaio una condanna che trasforma la campagna elettorale in una corsa ad handicap.
Il tutto condito dalla possibilità di licenziare con un gesto della mano le polemiche intestine sulle primarie e di costruire la propaganda del partito sulla critica al governo Monti, sull’attacco all’Unione europea e soprattutto sul rifiuto dell’Imu. L’imposta sugli immobili che proprio in questi giorni gli italiani stanno pagando. "Dobbiamo prendere le distanze da Monti - ripeteva ieri il leader del Pdl - solo così possiamo recuperare il terreno perduto". E l’astensione a Montecitorio e Palazzo Madama mirava appunto ad avere la certezza di uno scioglimento in tempi brevi più che a una classica crisi di governo. "Alla Camera - si è sfogato Berlusconi - Monti non arriva a 316. Un anno fa mi aveva detto che non si può governare se non si hanno 316 deputati. Ecco, allora Monti non può governare".
Una strategia che è risultata subito piuttosto chiara al Qurinale. Che oggi ascolterà le ragioni del segretario Alfano. Ma la posizione di Napolitano è piuttosto ferma. Al momento - dicono - non c’è stato alcun atto istituzionale che imponga l’apertura di una crisi. Il presidente del Consiglio non è stato sfiduciato. Quindi allo stato vale il calendario già previsto: scioglimento delle Camere intorno al 10 gennaio e voto il 10 marzo. Compatibilmente con le sentenze del tar, election day con le regionali. Se per il Lazio non sarà possibile, si terranno prima le elezioni per scegliere il dopo-Polverini e tutte le altre a marzo. "Sono gli altri - è il ragionamento che l’inquilino del Colle ha fatto a tutti i suoi interlocutori - a doversi pronunciare". Anche perché se questo è l’iter, non avrebbe senso provocare una crisi in questi giorni per anticipare di una settimana l’indizione delle urne. Senza contare che da tempo il capo dello Stato aveva chiesto a tutti i rappresentanti della "strana maggioranza" di arrivare in primavera con un governo non dimissionario: per affrontare due delicati vertici europei e un grappolo di aste di titolo di Stato.
Non a caso il Pdl in serata inizia a frenare. Alfano assicura che il decreto Sviluppo e la Legge di Stabilità non correranno alcun pericolo. Ma nel piano del Cavaliere, la crisi è solo una eventualità, pronto a concretizzarla se le garanzie richieste non verranno fornite. Il cuore di tutto, però, non è la sfiducia ma tutto il resto: far votare la Lombardia insieme alle nazionali, far risorgere il Porcellum e far saltare di fatto l’incandidabilità che, essendo un decreto legislativo, dovrà ricevere obbligatoriamente il parere delle commissioni di Camera e Senato. Ma con lo scioglimento in tempi brevi, quel parere non verrà mai espresso.
Nello stesso tempo il clima di "pre-crisi" apre un fronte anche negli altri due partiti della "strana maggioranza". Pd e Udc non vogliono essere solo l’estremo presidio della Linea Maginot in chiave montiana. "Noi siamo responsabili e vogliamo arrivare a fine legislatura - ha spiegato il segretario democratico Bersani sia a Napolitano, sia al premier - ma non possiamo accettare che mentre il Pdl prende le distanze e inizia la campagna elettorale, noi sopportiamo da soli il peso di sostenere l’esecutivo". Un modo per dire chiaramente che lo strappo berlusconiano non è più componibile. Soprattutto il Pd non accetterà di votare altri provvedimenti senza condividerne l’impopolarità anche con il Popolo delle libertà: "Non ci sono altre maggioranze". Ma i democratici coltivano anche un desiderio: aprire le urne il prima possibile. Per incassare il successo delle primarie.
(07 dicembre 2012)