Roberto D’Alimonte, Il Sole 24 Ore 7/12/2012, 7 dicembre 2012
IL CAVALIERE SOGNA IL 2006 - C’è
profumo di crisi. Le elezioni forse sono alle porte. Se così fosse non ci sarà più nemmeno il tempo di fare una qualunque riforma elettorale. Si voterà probabilmente con il vecchio sistema. Forse è quello che Silvio Berlusconi ha sempre voluto. In fondo il cosiddetto porcellum è la sua legge. Deve esserci affezionato. Roberto D’Alimonte
M a perché andare al voto con un sistema che sulla carta in questo momento lo penalizza? C’è chi pensa che in realtà la minaccia di crisi sia una forma di pressione. In ballo ci sarebbero la questione dell’election day e quella della incandidabilità. Ma non è detto che sia così. Ci sono altre ragioni per cui il Cavaliere potrebbe preferire andare al voto subito. Per esempio, ricompattare il suo partito prima che si dissolva in vari pezzi. Niente di meglio da questo punto di vista di una campagna elettorale che trasferisca i conflitti dall’interno verso il "nemico" esterno. L’accoppiata Bersani-Vendola si presta alla bisogna. Un altro vantaggio del voto anticipato è quello di impedire ai possibili competitori all’interno dell’area moderata di organizzarsi. Certo, anche per il Cavaliere aver meno tempo a disposizione per mettere insieme il suo nuovo progetto è un problema ma molto meno degli altri. Lui una organizzazione ce l’ha. E soprattutto ha una grande esperienza di queste cose maturata nel corso di ben cinque campagne elettorali. I suoi competitors potenziali invece sono alle prime armi. Il vero problema è il sistema elettorale. Ma anche su questo terreno non tutto è negativo. Non cambiare nulla vuole dire tenersi anche le liste bloccate. Per il Cavaliere questo è un elemento essenziale. Che rimanga o meno il Pdl, Berlusconi sa di dover rinnovare profondamente i ranghi se vuole una minima chance di ottenere un risultato positivo. Questo lo si può fare molto meglio con le liste bloccate che con il voto di preferenza. Infatti molto difficilmente i nuovi candidati che il Cavaliere vuole attirare nella sua orbita accetterebbero un posto in lista se dovessero competere per le preferenze con i professionisti della politica. Inoltre una campagna con le preferenze gli costerebbe economicamente molto di più di una senza. E ancora: un candidato scelto dal capo è un parlamentare fedele che risponde solo a chi lo ha messo in lista e non a chi lo ha votato. Insomma i motivi per tenersi stretta la lista bloccata sono molti. E questo è un primo vantaggio del non fare la riforma. A questo se ne aggiunge un altro, un po’ più aleatorio ma da non sottovalutare. L’attuale sistema elettorale tende a bipolarizzare la competizione. Alla Camera chi ha un voto più degli altri ottiene la maggioranza assoluta dei seggi. Questo meccanismo crea una competizione del tipo "noi contro loro", destra contro sinistra. Di là c’è il "comunista" Bersani, di qua c’è la rinnovata casa o polo delle libertà o addirittura l’Italia. Con una campagna elettorale efficace si può anche sperare di attivare in questo modo il voto utile. Da qui l’appello rivolto agli elettori moderati a non sprecare il proprio voto scegliendo formazioni minori incapaci di impedire la vittoria del duo Bersani-Vendola o addirittura colluse con loro. In tutto ciò un ingrediente importante sarà la critica all’operato del governo Monti, che è stato sì appoggiato ma per causa di forza maggiore. E poi c’è la lotteria del Senato. Anche il Cavaliere forse si rende conto che la partita alla Camera è persa. Per vincere lì occorre arrivare almeno a "quota 35", cioè bisogna avere almeno il 35% dei voti. Oggi questa è una stima conservativa della forza elettorale di Pd e Sel insieme. Ammesso che si rifaccia, grazie al sacrificio della Lombardia, una coalizione Pdl-Lega è molto difficile che possa arrivare al 35% dei voti partendo dal 20% più o meno di oggi. Ma il Cavaliere può sperare nel Senato. Lì non c’è un unico premio nazionale ma 17 premi regionali. Se Pd e Sel li vincono tutti la maggioranza assoluta è garantita. Ma sarà così? Cosa succederà in Piemonte, Lombardia, Veneto e Sicilia? Utilizzando una terminologia da elezioni presidenziali USA possiamo parlare di queste regioni come di "battlegrounds regions", cioè quelle dove si combatterà la battaglia elettorale decisiva. Se Berlusconi riuscirà a vincere in due o tre di queste regioni l’esito potrebbe essere quello del 2006 e non quello del 2008. Nel 2006 Prodi ottenne una maggioranza di un seggio al Senato. Nel 2008 Berlusconi pescò il biglietto vincente della lotteria grazie a un notevole vantaggio di voti sulla coalizione di Veltroni. È troppo presto per dire come finirà nel 2013.