Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  dicembre 07 Venerdì calendario

IL RISCHIO DELLA CATTIVA POLITICA

Fine della legislatura del governo tecnico, avvio della campagna elettorale e poi l’Italia al voto. Fin qui nessuna sorpresa. Eppure ieri lo spread tra BTp e Bund ha sofferto per colpa dell’instabilità politica, ma quella più sfacciata. Il fatto che i BTp siano posseduti soprattutto dagli italiani potrebbe non bastare a proteggere lo spread dalla cattiva politica. Che il Governo Monti fosse un Governo a tempo lo si sapeva dal primo giorno del suo insediamento. E si sapeva che l’Italia avrebbe iniziato il 2013 con una campagna elettorale inasprita dalla doppia crisi della politica e del Pil e da un elettorato sfiancato dall’austerity. Di fatti i mercati ieri hanno reagito male non tanto alla fine della legislatura e all’avvio dell’iter delle consultazioni che porteranno a fissare la data delle elezioni, cose note, quanto al modo in cui ci si è arrivati: con teatrali colpi di scena, un Berlusconi che torna in sella al Pdl con fare belligerante, le voci - infondate ma ricorrenti e rilanciate - di un Monti immediatamente dimissionario, e i conseguenti timori di una Legge di stabilità che da vicina al traguardo finisce sull’orlo del baratro parlamentare. Insomma, caos. I mercati si sono lasciati sorprendere da un’Italia che invece conoscono bene, quella che cambia le carte in tavola all’improvviso. Quando però la carta è il jolly, è Monti, l’impatto è dirompente perchè c’è in gioco quella credibilità recuperata con gran fatica nell’ultimo anno sulla scena internazionale. Lo spread tra BTp e Bund non è letteralmente "volato via", non è "schizzato a razzo". Perchè la turbolenza politica si è abbattuta su un mercato, quello dei titoli di Stato, oramai dominato da mani italiane e su un trend forse fragile ma volto in positivo: negli ultimi tempi italiani e stranieri sono tornati a comprare, alcuni per ribilanciare posizioni sottopesate rispetto alla composizione degli indici benchmark dei governativi europei (per esempio nell’Euro Treasury Index di Barclays l’Italia pesa il 23,21%, e piu’ precisamente BTp al 22,35%, CTz allo 0,78% e i repo allo 0,08%). Ci sono stati investitori esteri che si sono semplicemente lasciati trasportare dal rally dei BTp, confidando in un Monti.1 seguito da un Monti.2 (quest’ultimo anche solo nella forma di programma governativo bipartisan impostato su riforme strutturali e consolidamento fiscale). La volatilità e la speculazione sono diminuite, anche per gli spazi di manovra più stretti di hedge fund e trading room bancarie. Se è vero che la quota dei BTp detenuta dagli stranieri è crollata dalla vetta del 52% ben sotto il 40% (se non in area 30%), se è vero che i titoli del debito italiano si trovano ora prevalentemente nel portafoglio degli italiani, l’incertezza della campagna elettorale potrebbe non danneggiare più di tanto lo spread. Ma il condizionale è d’obbligo. In un mercato sottile, se la liquidità dovesse scarseggiare, allora basterebbe poco per far calare i prezzi dei BTp e far "schizzare" i rendimenti. La campagna elettorale, aggravata da una recessione insidiosa e da un contesto europeo tutt’altro che sereno, non va quindi sottovalutata per la sua portata destabilizzante: i politici si scontreranno senza esclusione di colpi, Berlusconi e Grillo cavalcheranno lo scontento generale, mentre il Tesoro dovrà portare avanti il calendario delle aste 2013, 410 miliardi di titoli in offerta che per dimensioni non hanno eguali in Eurolandia. Mentre la Grecia tenterà di rinviare la ristrutturazione del debito e la Spagna proverà ad evitare il ricorso allo scudo anti-spread.