Simonetta Fiori, la Repubblica 7/12/2012, 7 dicembre 2012
QUEI TITOLI IN CLASSIFICA GRAZIE A TWITTER E AI BLOG
È solo una questione di “follower”. Se un tempo gli editori corteggiavano i critici letterari, oggi buttano un occhio su Twitter. «Basta avere più di cento followers che cominciano a spedirti libri da recensire», confessa la blogger Jessa Crispin, fondatrice di
Bookslut,
un blog culturale molto seguito negli Stati Uniti. Ma anche in Italia le cose cominciano a cambiare. Dipende dai libri, naturalmente. È difficile che un tweet possa decretare la fortuna di Melville, ma certo può fare impennare le vendite del memoir di Agassi, il campione di tennis che ha sfogato in Open tutto il suo odio per la racchetta. Questa volta è bastato un mucchietto di caratteri di Valentino Rossi, non esageratamente pensosi. “Me lo ha regalato un mio amico che ne legge un sacco. Ve lo consiglio”. Duecento copie di Agassi vendute quel giorno in libreria. Altro che Bo o Cecchi, o — per essere più contemporanei — Mengaldo
o Guglielmi. Loro un milione e quattrocentomila followers non ce li hanno. Il campione di motociclismo sì.
Esplora un mondo ancora sommerso l’inedita ricerca dell’Aie, che per la prima volta indaga l’influenza sui lettori esercitata dai blog di libri (sarà presentata domenica a Più libri più liberi).
La metodologia è ancora sperimentale, ma l’inchiesta ha il merito di lumeggiare anche i minimi movimenti determinati dalle piazze letterarie considerate più importanti, ed è già qui un elemento di novità. Le case editrici hanno espresso una lista dei blog più influenti, dal borgesiano
Finzionia Tazzina di caffè,
e poi
Minima Moralia, Booksblog, Critica letteraria, Ho un libro in testa, Letteratitudine, Bookfool, Vibrisse, Nazione Indiana, Il primo amore, Scrittevolmente, Amanti dei libri.
Tredici sigle a cui si attribuisce un peso. Con quali esiti?
I numeri, a dire il vero, sono pochi e confusi, «proprio come per le questure quando ci sono le manifestazioni », aggiunge spiritosamente Giovanni Peresson, curatore dell’inchiesta. «Se da un lato emerge una forte specializzazione in determinati generi — fantasy, fumetti, o pubblicazioni molto di nicchia — dall’altra viene fuori la propensione a cavalcare casi letterari, anniversari e festival di cui parlano anche giornali e tv». Allora è difficile separare l’eco di un riconoscimento prestigioso dalla segnalazione di un blog. Se il libro di Carmine Abate ha un picco vertiginoso il 1 settembre del 2012, sarà presumibilmente perché il giorno prima ha incassato il Campiello più che per i post di
Booksblog.
Mentre il diagramma di
1Q84 ci
mostra che non si muove nulla finché non esce il terzo titolo della serie, e allora è l’Everest delle vendite, con un discreto contributo del blog
Critica letteraria
e dell’immissione in
Pinterest
di fotografie di Murakami.
In altre parole, se non grandi sommovimenti
tellurici, qualche piccola scossa i blog la producono, versione digitale del vecchio passaparola. Diverso è il caso delle star dell’opinionismo, e allora bisogna tornare al sorprendente Agassi per vedere le guglie di vendita disegnate da Baricco (Repubblica), Piperno (Corriere), Jovanotti (un tweet) e Daria Bignardi (Barbablog), tradotte da Peresson in un paio di centinaia di copie vendute. Ma qui si mischiano cose diverse, dunque è difficile misurare le potenzialità dei social network. Con un’unica certezza: che più dei followers può Fabio Fazio. E soprattutto Babbo Natale, il solo a raggiungere le vette più alte di qualsiasi diagramma.
E sul Natale puntano ora gli editori, sempre molto affannati, anche se i dati Nielsen rilevati a fine ottobre segnalano
un’emorragia più contenuta rispetto a qualche mese fa (un meno 7,5 % del fatturato contro il meno 11,7 % registrato a fine marzo). Quelli che se la cavano meglio sono proprio i piccoli editori (meno 7,1 %), con un peso crescente nel campo della letteratura per ragazzi (e basta fare un giro in fiera per vedere librini raffinatissimi). Per il resto, le cifre confermano che il 2012 è stato l’anno della fiction, specie straniera. E stando ai primi quattro bestseller - la trilogia delle sfumature e il racconto di Gramellini - la diagnosi è certa: il mondo dei libri è stato salvato dal pornosoft. Per la saggistica, al contrario, è un anno da dimenticare (meno 14,5 % di copie vendute). Se il mercato piange, non sorride certo la cultura degli italiani.