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 2012  dicembre 07 Venerdì calendario

L’ABILE PASSO INDIETRO DELLE FORZE ARMATE EGIZIANE

Faccio fatica a capire le notizie che arrivano dall’Egitto di questi giorni. Si parla di Morsi, della piazza in rivolta, ma non si fa mai cenno a quello che fino a pochi mesi fa era il deus ex machina di tutto: l’esercito. Mancanza di notizie o metamorfosi del potere in Egitto?
Angelo Tirelli
antirelli@tiscali.it
Caro Tirelli, il passaggio cruciale è la decisione del 13 agosto 2012 con cui il presidente egiziano Mohammed Morsi ribaltò bruscamente i suoi rapporti con il Consiglio superiore delle forze armate. Morsi era stato eletto in giugno e nello stesso mese i militari si erano attribuiti prerogative costituzionali che avrebbero fortemente limitato i suoi poteri. Il nuovo arrivato non si limitò a cancellare con un tratto di penna la decisione del Consiglio. Costrinse alle dimissioni il generale Hussein Tantawi, allora ministro della Difesa, e il suo numero due, il generale Sami Annan. Si disse che poté agire con energia perché l’esercito era stato colto di sorpresa da una incursione nel Sinai di militanti integralisti, probabilmente associati ad Al Qaeda, ed era parso del tutto impreparato alla nuova minaccia. Ma ciò che maggiormente sorprese in quella circostanza fu la docilità con cui i militari accettarono sia la cancellazione dei loro poteri, sia la defenestrazione di un uomo (Tantawi) che, nei mesi precedenti, dopo le dimissioni di Mubarak, aveva esercitato di fatto le funzioni di capo dello Stato.
Molti ebbero allora l’impressione che il Consiglio superiore delle forze armate fosse felice di fare un passo indietro. Nei mesi precedenti, quando le sorti del Paese erano nelle loro mani, i militari avevano capito che l’esercizio del potere avrebbe comportato, prima o dopo, l’uso della forza e li avrebbe privati di quell’aureola d’imparzialità patriottica con cui desideravano presentarsi al popolo egiziano. Vi fu tra le Forze armate e la Fratellanza musulmana una sorta di compromesso storico? È possibile. Le prime erano pronte a farsi da parte, ma volevano conservare alcuni privilegi economici e politici: il controllo di aziende da cui traggono benefici finanziari per l’intera categoria, il rapporto speciale con gli Stati Uniti da dove arriva ogni anno un miliardo di dollari destinato soprattutto alle spese militari. Morsi e la Fratellanza musulmana, d’altro canto, non volevano avere nemici in uniforme all’interno del Paese ed erano egualmente interessati alla conservazione di un rapporto positivo con gli Stati Uniti.
Ho scritto «compromesso storico» perché così vengono definiti, soprattutto in Italia, gli accordi di convivenza fra due grandi poteri dello Stato. Ma la storia, in Egitto, corre rapidamente e crea nuove situazioni. Negli scorsi giorni, mentre Morsi attribuiva a se stesso i pieni poteri e piazza Tahrir manifestava contro il nuovo Faraone, i militari si sono probabilmente rallegrati della loro prudenza. Hanno protetto con i loro carri armati il palazzo presidenziale, ma torneranno in campo soltanto se avranno la sensazione di rispondere a un invito popolare.
Sergio Romano