Marco Imarisio, Corriere della Sera 07/12/2012, 7 dicembre 2012
SCUOLE DI SCAMPIA SOTTO PROTEZIONE. MARTEDI’ LA PROTESTA DELLE LUCI ACCESE —
Alla recita dei grandi mancano gli attori più piccoli. Vincenzo Montesano, il preside della scuola Montale, mostra le chiavi al pubblico in attesa, giornalisti e fotografi. Con gesto solenne apre il portone d’ingresso bianco, lo stesso che per Luigi Lucenti, appena ventiquattro ore fa, rappresentava il traguardo di una fuga e di una salvezza impossibile. Oggi è tutto cambiato, gli spari di mercoledì devono tornare a essere echi lontani; oggi va in scena il ritorno a una normalità che appare un po’ forzata, artefatta.
Il quinto circolo didattico Eugenio Montale apre come al solito, non chiude neppure per un giorno, e nella sua semplicità un po’ banale si tratta di un gesto quasi politico, il rifiuto di un calendario scolastico dettato dalle mitragliette dei camorristi. Ma alle 8.30 il preside e l’intero corpo docente sono costretti a prendere atto di una circostanza imprevista. «Vabbe’, non ci sta nessuno» sospira un po’ delusa Maria Mola, la dirigente dell’asilo. Quel «nessuno» non è il solito paradosso. La necessità di mandare un messaggio forte si scontra con la dura realtà dell’appello fatto subito dopo la campanella delle ore 9. Nelle tre grandi aule colme di giocattoli, disegni e colori, si aggirano sperduti altrettanti bambini. Solo tre, sui settanta che il giorno prima affollavano le prove della recita natalizia.
Lo sconforto non è previsto dal copione di giornata, un canovaccio da seguire ad ogni costo. «Perché qui a Scampia — dice la maestra Maria — ogni concessione al pessimismo diventa un centimetro di territorio ceduto ai banditi e ai loro commerci». Montesano la prende con filosofia. «Non mi aspettavo nulla di meglio. Ma era importante ribadire un principio». È un omone nato a Napoli Nord che fino a quattro anni fa dirigeva il plesso scolastico di Castelletto Ticino, e il ritorno a una realtà di frontiera come Scampia non deve essere stato una passeggiata. «Martedì tutti gli istituti del Napoletano avranno le luci accese anche di notte, per ribadire la loro visibilità. Dobbiamo reagire scommettendo su noi stessi, sulla nostra importanza. Abbiamo bisogno di un appiglio normativo per tenere aperte le nostre aule il più possibile. I tappetini delle nostre palestre si devono consumare, e così le assi del teatro dei bimbi. Se ci apriamo ancora di più ai cittadini, "loro" verranno sconfitti».
Il pieno di solidarietà da tutta Italia e le aule vuote a Scampia non significano una differente sensibilità, ma solo la crescente distanza che separa le nostre vite normali dalla sopravvivenza quotidiana in un quartiere come questo, dove ci si sveglia, è avvenuto ieri mattina, al suono delle sirene delle Volanti impegnate in una operazione «ad alto impatto», perquisizioni, sequestri, arresti, nelle famigerate Vele, monumento al degrado architettonico e umano. Quasi in contemporanea con questa operazione e l’apertura fittizia della scuola, un gruppo di mamme della «Montale» chiedeva di essere ricevuto da Michele Spina, commissario capo di Scampia. Il principio del fulmine che non può colpire due volte lo stesso albero non si applica a Scampia. La gente cresciuta qui sa leggere i segnali che arrivano dalla strada. Sa cosa significa il nuovo reticolo di cancelli, strade e porte sbarrate che hanno visto, come gli agenti che li rimuovevano, alle Vele e alla Case gialle. Il ritorno delle barricate artigianali rimanda agli anni peggiori, alla guerra iniziata nell’autunno del 2004, quando i clan blindavano i loro palazzi per proteggersi da rivali e traditori in agguato. Si stanno preparando al peggio. L’omicidio di un pesce piccolo come Lucenti non sarà certo l’ultimo della serie.
Quelle cinque donne erano spaventate per la scuola dei loro bambini, che all’improvviso ha perso il suo status di zona franca. Avevano bisogno di sentirsi dire che non sono sole, che nonostante tutto le cose vanno meglio rispetto al passato. Questo regolamento di conti tra piccoli gruppi è dovuto anche alla contesa per un osso sempre più piccolo. Negli ultimi cinque anni sono stati arrestati molti camorristi locali e sono state chiuse altrettante piazze di spaccio. La faida cruenta degli ultimi mesi è guidata da aspiranti boss giovanissimi, tanto più efferati quanto più sono magri i loro affari recenti.
Ma il ricorso alla razionalità non sempre basta per fare argine alla paura e all’insicurezza messa in circolo dai killer arrivati fin sulla soglia di un asilo. Anche le luci accese delle scuole sono un messaggio pronunciato in una lingua ignota a gente di mano come gli Scissionisti e i Girati, che hanno tutte le intenzioni di trasformare la faida in una vera guerra. Serve altro per immaginarsi tranquilli, qualcosa di tangibile. Così ogni scuola di Scampia avrà una macchina delle forze dell’ordine a sorvegliare gli ingressi. E questo, che fuori di qui potrebbe apparire come un cedimento alla logica degli assassini, è solo una precauzione doverosa.
Ieri in una via intorno alla Montale siamo stati fermati da due persone, erano quasi ragazzi, scese da una Toyota messa di traverso alla strada stretta. «Chi siete? Cosa cercate?». Quello che sembrava più giovane ci ha imposto di tornare indietro senza attendere la risposta. Ha aperto il giubbotto, facendo apparire la pistola infilata nei jeans. Le recite delle porte aperte vanno bene, ma fino a un certo punto. Nella vita reale di Scampia occorre mettere al riparo i propri bambini e le loro scuole, quando la tempesta si avvicina.
Marco Imarisio