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 2012  dicembre 07 Venerdì calendario

TOPOLINO FESTEGGIA E RINGRAZIA IL DUCE


Il Topo era molto giovane, i fiumi e i cieli d’America da percorrere su allegri battelli o scassati aeroplanini fatti in casa, erano le sue brillanti praterie. I suoi arditi inventori, già esperti ma allora felicemente sconosciuti (Ub Iwerks e un certo Walt Disney), lo chiamarono Mickey Mouse. I primi successi furono al cinema con fulminanti cortometraggi: Plane Crazy (Il pazzo volo) nel maggio del 1928 e specialmente Steamboat Willie (Willie del vaporetto) che, con una leggendaria proiezione al Colony Theater di New York il 18 novembre sempre del ’28, segnò l’inizio di un successo mondiale, che non è mai finito. Il salto dallo schermo ai giornalini stampati (insomma, ai fumetti) avvenne nel gennaio del 1930. In Italia il primo ad accorgersi del fenomeno fu Lorenzo Gigli, direttore dell’Illustrazione del popolo, ma l’effetto fu timido, la pubblicazione presto sospesa. Bisognò aspettare un paio di anni, e il 31 dicembre del 1932 un battagliero editore fiorentino, Mario Nerbini, pubblicò il primo numero di un settimanale intitolato Topolino, con una testata autarchica disegnata da Giove Toppi. Ed è proprio in onore di questo giornalino che quest’anno si celebrano gli 80 anni (buon compleanno) del Topolino, edito in Italia. Nell’estate del 1935 Nerbini (esaltato dal successo del suo nuovo settimanale L’Avventuroso, popolato da Gordon, Mandrake&C.), con mossa incauta ma non del tutto irrazionale, cedette i diritti disneyani alla Mondadori, che li ha tenuti per un pezzo, finché la Disney non ha deciso di gestire l’impresa in prima persona anche in Italia.
A questo punto ho la sensazione di avere già perso il filo, e di correre il rischio di cadere nel baratro della filologia topolinesca, erudita e un po’ pedante. Ma ho un alibi: da quando sono bambino ho la casa piena di fumetti. Molti li ho persi; qualcuno sono riuscito, gelosamente, a conservarlo. Per esempio l’originale del Topolino numero uno, formato libretto, uscito nell’aprile del 1949, con Mickey che dirige una banda immaginaria sullo sfondo di una copertina rossa. Per i ragazzini di varie generazioni, l’acquisto mensile del giornalino fu un appuntamento prezioso e inevitabile. Tanto tempo è passato, ma il Topo tascabile esce ancora, con ritmo settimanale, in edicola; ed è un bel record di resistenza. Sugli ultimi numeri c’è la saga di Fantomius (di Marco Gervasio), ladro-gentiluomo nella Parigi anni Venti (c’è di mezzo Paperino); niente male. Il fiume dunque scorre ancora. Nel corso degli anni sono usciti un sacco di saggi, che hanno spiegato e illustrato il mondo del Topo, del Papero e dei loro amici. La ricerca è diventata più precisa dal decennio Settanta in poi. Walt Disney, fondatore del celeste impero, era difatti un padrone piuttosto assoluto e non gradiva che altre firme fossero pubblicizzate. Come dire «non avrai altro Disney al di fuori di me»; il marchio unico valeva come garanzia globale. Dopo che papà Walt è volato nell’alto nei cieli nel 1966, il muro del silenzio si è sgretolato. Sono affiorati i nomi dei disegnatori di maggior talento, dalla centrale di Los Angeles in tutte le periferie del mondo. Oggi lo sappiamo: Floyd Gottfredson, il più attivo disegnatore di Mickey nell’aureo decennio Trenta, e Carl Barks, l’uomo che plasmò la dinastia paperina, sono fra i massimi autori del Novecento. È un paio di gradini più sotto la tradizione italiana, cominciata con il Paperino di Federico Pedrocchi prima della Seconda Guerra mondiale, e continuata con tanti contributi significativi: Bioletto, Bottaro, Carpi, i De Vita, Scarpa sono alcuni dei nomi più importanti. Fra i tanti classici italiani personalmente scelgo L’inferno di Topolino, scritto dal professor Guido Martina e disegnato da Angelo Bioletto nel 1949, una rilettura dantesca (il Topo è il sommo poeta, Pippo un buffo Virgilio) degna di alti commentatori, come Sapegno o Sermonti.
In questi mesi sono usciti molti libri utili per capire meglio e ordinare la memoria, collegare il passato e il presente. Tre eruditi “fumettologi” (Gadducci, Gori e Lama) hanno pubblicato Eccetto Topolino, un volume che ricostruisce la storia dei periodici a fumetti durante il fascismo. Accanto alla tradizione verseggiata nazionale (secondo la tradizione imposta dal Corriere dei Piccoli) sino al 1938 volarono con altissime tirature le storie americane, guidate dai già citati eroi dell’Avventuroso. Quando, alla vigilia della guerra o quasi (1938), il Minculpop bloccò ogni importazione e impose l’autarchia, proprio Topolino ebbe per un po’ una proroga speciale, per volontà del Duce in persona (così si racconta) e dei suoi figli appassionati disneyani. Meno “politici”, legati alla lettura dei fumetti, sono invece alcuni libri usciti quest’autunno, ottimi per i regali di Natale. La Disney propone un volumone gigante Topolino 80 anni insieme, con testimonianze e alcune avventure complete, a cominciare da Topolino giornalista con Mickey direttore d’assalto contro la corruzione incarnata dal protervo Pietro Gambadilegno. Sono qui da notare anche Pippo, sventato cronista, e Paolino Paperino, aggressivo strillone. Per il versante della fabbrica italiana, sempre la Disney pubblica una monografia su Giorgio Cavazzano (veneziano, classe 1947), uno dei nostri autori più vivaci. Legate all’età eroica americana sono infine due antologie proposte dalla Rizzoli Lizard: Topolino nella valle infernale legata all’universo di Floyd Gottfredson, e Paperino e il Mistero degli Incas sull’opera di Carl Barks.

Ritratti d’eroi. Riguardatevi queste magnifiche tavole, e capirete in un solo momento che alcuni stereotipi non valgono niente, almeno per l’età d’oro. Topolino non è un eroe in grigio, troppo amante dell’ordine, ma un epico vagabondo, capace di sparare nel West o di navigare nell’oceano a caccia della balena bianca. E Paperino è non solo un anatroccolo maldestro e collerico, ma un esploratore in grado di salire sulle Ande (con i tre nipotini), alla ricerca della misteriosa valle delle “uova quadre” o di partire, su ordine del sommo Zio Paperone, sulle orme del mitico Unicorno. Tutti e due con le loro imprese, narrarono l’America della Grande Depressione e del Capitalismo rampante, fra emozioni e contraddizioni, vittorie un po’ amare e gloriose sconfitte; in un mondo non troppo immaginario in cui la Vecchia e la Nuova Frontiera seppero fondersi, oltre il confine, lungo la linea di un orizzonte aperto sul presente e sul futuro.