Maurizio Maggi, L’Espresso 7/12/2012, 7 dicembre 2012
I PAPERONI DEL LAGO D’ORTA
[Forniscono Bmw in Cina e Peugeot in Russia. E hanno il pallino della finanza. Ecco chi sono i Giacomini e dove puntano] –
Chi l’ha detto che la finanza ha bisogno di stare nei centri nevralgici del pianeta? E chi l’ha detto che l’export ha bisogno di vetrine? Il caso dei Giacomini di San Maurizio d’Opaglio, un po’ industriali e un po’ finanzieri, quei due principi li contraddice entrambi. Li conoscono in pochi, fuori dall’asse Novara-Verbania, e dal business delle valvole per riscaldamento e dei robottini cambia-utensili per le linee di montaggio delle auto. Eppure detengono partecipazioni in società quotate in Borsa in Italia, Svizzera, Francia, Inghilterra. E da casa forniscono apparecchiature sofisticate per la fabbrica della tedesca Bmw in Cina e anche per gli stabilimenti delle francesi Psa e Renault in Russia, con una joint-venture che produce negli Stati Uniti e sul lago d’Orta. Questa mini-multinazionale con un giro d’affari di quasi 30 milioni di euro, 165 dipendenti, ha messo insieme un eterogeneo pacchetto di azioni di imprese, clienti e non, dimostrando un certo fiuto: dalle Ceramiche Ricchetti alle auto elettriche Tesla Motors, dalla griffe Salvatore Ferragamo all’inglese Travis Perkins, gigante con 21 mila dipendenti e 2,5 miliardi di euro di ricavi. «Ci siamo entrati nel 2001, sperando di diventare loro fornitori: non ce l’abbiamo fatta, però il titolo è decollato e i dividendi non sono mai mancati. Lo stesso è successo con la francese Thermador, che macina utili», spiega Graziano, classe 1961, che è amministratore delegato, insieme al fratello Flavio, classe 1965, del gruppo Trafalgar, presieduto dal babbo fondatore, Pietro. I Giacomini investono anche in piccole start-up come la lombarda Aermatica, che produce droni, o nella biotecnologia (la statunintese Blood Cell Storage), o nelle nicchie di lusso, come gli orologi Harry Winston. Le partecipazioni difficilmente superano lo 0,3 per cento del capitale. «Però, sommando i fatturati pro-quota, il nostro giro d’affari si aggirerebbe intorno agli 80 milioni di euro».
Pietro Giacomini è stato un imprenditore precoce. Nato nel 1936, dopo aver fatto da bambino l’apprendista in una fabbrica di rubinetteria e valvolame, mise su la prima attività in una stalla, realizzando in conto terzi per le aziende di rubinetteria, che nella zona sono lo storico core business. Poi però, ai rubinetti, preferì le valvole, come quello che regolano i caloriferi. Non ha fatto ingegneria, il signor Pietro (si è fermato alla quinta elementare), tuttavia ha sempre trafficato in laboratorio, montando e smontando ogni apparecchio e soprattutto puntando su automazione e robotica. Ha rilevato nel 1978 una società specializzata in meccanica di precisione, la Neve, e l’ha trasformata nella Tecnomors. Un gioiellino che sgomita nel mondo delle applicazioni della robotica, arrivando a fornire adesso pure i giganti dell’automobile. Con ricavi vicini ai 5 milioni ma che potrebbero aumentare rapidamente, soprattutto grazie all’ingresso nella Applied Robotics, una cooperativa americana formata quasi totalmente da ex ingegneri e tecnici General Electric. In parallelo, è cresciuto fino a 22-23 milioni il business dell’Ivr, la storica azienda di valvole, rilevata nel 2001.
È un tipico gruppo familiare, quello dei Giacomini. Le azioni della holding Trafalgar sono tutte in mano al babbo e ai due figli. Papà Pietro è il geniaccio che si è fatto da solo, Graziano l’esperto di finanza, l’altro figlio Fulvio ha il pallino delle nuove tecnologie. Pietro è nato a Madonna del Sasso, che adesso fa parte della provincia Verbano Cusio Ossola (Vco), un paesino a due chilometri da San Maurizio, dove ci sono le fabbriche, che è invece è rimasto in provincia di Novara. Così Graziano è stato presidente dei giovani industriali di Novara e adesso è vicepresidente dell’Unione industriale del Vco. La Trafalgar ha anche una sede in centro a Milano: in realtà l’ufficio è ospitato nello studio di un amico professionista e fuori non c’è neppure una targhetta. «Non ci piace apparire», sorride Giacomini. Tra qualche tempo, forse, dovrà farsi vedere un po’ di più. La Ivr parteciperà al prossimo "Progetto Elite", voluto da Borsa italiana e Abi per irrobustire i rapporti con le banche delle piccole e medie imprese e prepararle alla quotazione. L’industriale-finanziere la vede così: «Tra un paio d’anni potremmo sbarcare in Piazza Affari. Col progetto Elite, ci hanno detto, è come avere una specie di "bollino blu". E risparmieremmo dei bei quattrini rispetto all’iter classico».