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 2012  dicembre 07 Venerdì calendario

TORNO IN PISTA COI MIEI TACCHI ALTI

[L’ex ministro e probabile candidata sindaco di Parigi parla a ruota libera. Il look che non vuole cambiare, Sarkozy, il machismo in politica, gli hobby. E la figlia] –
Cerco di andare incontro a tutti i parigini, non solo a quelli del VII arrondissement di cui sono sindaco. Ascolto le loro preoccupazioni che sono numerose... Rachida Dati, 47 anni, una delle donne più discusse, amate e contemporaneamente criticate di Francia, già ministro della Giustizia e poi confinata a Bruxelles come europarlamentare, parla da candidato in pectore a primo cittadino dell’intera Parigi (elezioni nel 2014). Non si è mai rassegnata a fare da comparsa e quel posto è il simbolo di un riscatto che insegue con tenacia: la caratteristica fondamentale del suo carattere. Disegna, in questa intervista con "l’Espresso" la sua capitale ideale. Gli alloggi da costruire per la classe media, gli asili da tenere aperti oltre le 18,30 per le esigenze delle mamme che lavorano. E naturalmente la qualità della vita, i trasporti: «Vanno in metrò i 4/5 dei cittadini e dal 2001 non c’è stata nessuna nuova linea sotterranea. Ma Bertrand Delanoë chiude alle auto le strade che costeggiano la Senna. Uno studio recente ha mostrato che Parigi è la città europea con più traffico». Vestita con semplice eleganza, truccata con cura, nel suo ufficio accetta un colloquio a ruota libera sulla sua infanzia, il machismo in politica, gli ostacoli incontrati. Gli occhi, diretti e curiosi, sono il fil rouge della sua personalità: ogni tanto scivolano sul cellulare che sta sulla scrivania. Attenti e guardinghi all’inizio, scintillanti e nostalgici quando si parla del suo mentore Sarkozy, sorridenti e rilassati quando ci si tuffa in argomenti più soft come il calcio e la moda, infine innamorati e orgogliosi nel raccontare la figlia Zohra, 3 anni e mezzo e il nome di sua madre. Un solo tema vuole evitare: la causa in corso per il riconoscimento di paternità contro il facoltoso uomo d’affari Dominique Desseigne.
La destra francese vive un momento complicato dopo la sconfitta di Sarkozy. Perché?
«Per due ragioni: la prima è che appunto Sarkozy ha lasciato, la seconda è che è la prima volta da dieci anni che l’Ump perde. Siamo stati sconfitti e siamo nell’opposizione senza Sarkozy, il leader. È proprio questo il problema oggi: la mancanza di una leadership».
Non aiuta la battaglia feroce tra Jean-François Copé e François Fillon per la presidenza del partito.
«Tutti i candidati conoscevano le regole e lo statuto prima delle elezioni. Quello che è scioccante oggi è che queste regole e dunque il risultato dell’elezione siano contestati da Fillon quando le conosceva già prima».
Tanto che si invoca il ritorno di Sarkozy.
«I militanti sono in collera per lo spettacolo offerto dai dirigenti. Ma non lasceranno il partito, sono responsabili. Loro volevano un vero capo. Perciò ora vogliono il ritorno di Sarkozy».
Ma ha perso la corsa alla rielezione.
«Penso che abbia influito la crisi. E che nella nostra famiglia politica alcuni non lo abbiano sostenuto completamente. Sarkozy ha ottenuto uno score eccellente e deve ringraziare solo se stesso, perché si è impegnato a fondo. Intorno a lui, invece, altri erano più molli. François Hollande sa che può temere il suo ritorno nel 2017».
Quali sono i suoi rapporti con lui oggi?
«Ci vediamo, ci parliamo».
A proposito di Hollande: cosa pensa di questi primi mesi della sua presidenza?
«È molto esitante. Non ci sono riforme di cui invece si avrebbe bisogno. C’è stata un’esplosione della disoccupazione e della delinquenza, un budget rifiutato dai comunisti che sono amici suoi, una perdita di influenza sulla scena internazionale».
Il matrimonio tra omosessuali?
«La sinistra oggi è in difficoltà rispetto a questo tema, perché più se ne parla, più divide. Ma è questa la priorità in tempi di crisi? Destabilizzare valori strutturali come la famiglia e i figli in un momento così duro per la società? Non si discute solo di matrimonio ma anche di adozione. Quando non si dovrebbe parlare di diritto al figlio, ma di diritto del figlio».
Quali sono le cose di cui è più fiera e gli errori che invece avrebbe voluto evitare del periodo in cui lei è stata ministro della Giustizia?
«Il ministero della Giustizia non è stato mai tanto riformato come con me. La riforma della carta giudiziaria, la legge sulla recidività, sui criminali pericolosi, la formazione dei magistrati. Quando sono arrivata c’era solo il 2 per cento delle donne nei posti di alta responsabilità, quando me ne sono andata il 25. Però ho trascurato la stampa e sono stata molto attaccata».
Lei pensa che la stampa si sia vendicata?
«No, vendicata no. Ma la mia personalità intrigava: non raccontavo niente, non conoscevano niente della mia vita. Non va dimenticato che io sono nata da una famiglia di immigrati arrivati in Francia negli anni Sessanta che non sapevano né leggere né scrivere. Ed eravamo dodici fratelli. Sono diventata il più giovane ministro della Giustizia. Ero donna, giovane, di origine straniera e di famiglia modesta».
Qual è il politico che per lei è stato un esempio?
«Giscard d’Estaing ha fatto evolvere la società francese, Aznar ha rivoluzionato la Spagna, Kohl e Schroeder hanno fatto molto per il loro Paese, laThatcher ha riformato l’Inghilterra»
Si parla molto della sua candidatura come sindaco di Parigi nel 2014
«Ci saranno le primarie. Prima va superato questo ostacolo».
Dovesse vincere, quale Parigi vorrebbe?
«Oggi non c’è una visione d’insieme. È tempo di rilanciare la costruzione di alloggi per la classe media. È praticamente impossibile per una famiglia giovane dal reddito modesto vivere a Parigi. È diventata una città dove si vive in modo o molto agiato o molto modesto. La classe media è fuggita. Tutto questo deve cambiare».
Una bocciatura per Delanoë.
«Da un decennio la sinistra conduce una politica di costrizioni e di esclusioni. Tutto è stato fatto per scoraggiare i parigini e per dividerli. Il sindaco ha condotto una vera politica anti-macchine, non è abbastanza interessato alle famiglie che reclamano più posti negli asili o più strutture culturali per i propri figli. E ha messo in opposizione quartieri che considera "ricchi" come il settimo a quelli dell’est che considera più popolari. Se diventerò sindaco, la mia priorità sarà far riconciliare i parigini».
La vice di Delanoë, Anne Hidalgo, è già candidata per la successione. Cosa pensa di quella che potrebbe essere la sua rivale?
«Sono 10 anni che sta con Delanoë e oggi dice che vuole incontrare i parigini per sapere cosa vogliono. Sarebbe ora che lo sapesse dopo 10 anni! Non che noi a destra stiamo meglio: sono 10 anni che facciamo passi indietro. Con Chirac avevamo 20 arrondissements, ora solo 8».
Lei ha fondato il movimento A droite... toutes per combattere la disparità tra uomo e donna, partendo dalla considerazione che ci sono solo 27 donne deputate su 196 dell’Ump all’Assemblea Nazionale.
«È un problema universale non solo dell’Ump. Per questo ho sempre sostenuto che donne come Ségolène Royal e Martine Aubry non sono arrivate dove sono per caso. Bisogna essere delle resistenti. La parola della donne in politica è meno ascoltata. Io certo non mi faccio mettere sotto. Con me bisogna trattare».
Yamina Beguingui, ministro dei francesi all’estero, di origine algerina, parlando di voi due ha detto: "Eravamo due ragazze programmate per non esistere".
«N on eravamo programmate per la riuscita sociale ma per la riproduzione sociale! E non dovremmo essere l’eccezione. Oggi però l’ascensore sociale funziona meno».
Ritiene di aver subito gelosie e invidie perché è considerata una donna affascinante? In certi ambienti, tradizionalmente maschili, è più difficile perdonarlo.
«Succede ovunque. Se è affermata, la donna provoca sospetto. Pensiamo al linguaggio che si utilizza: il vocabolario non è lo stesso. Mi è capitato al Senato durante un dibattito di convincere dei parlamentari su un emendamento. Il vice-presidente ha detto: "Madame Dati è riuscita a sedurre i senatori". Ho ripreso la parola e l’ho corretto: "No, ho convinto i senatori". L’ambizione non ha lo stesso significato per un uomo o per una donna. È quello che dicevo prima: rappresento parecchie cose che infastidiscono. Se fossi stata più vecchia, più vittima, meno femminile, avrei avuto meno problemi. Hanno provato a distruggermi tante volte ma non ci sono riusciti».
Insomma il fascino è un difetto?
«N o, lo è la femminilità. Viene scambiata per leggerezza. A me, per esempio, avevano detto: non ti mettere più tacchi alti e rossetto. Non l’ho fatto. Quando ero incinta, il massimo simbolo dell’essere femminile, alcuni erano a disagio. Credo che la femminilità indisponga gli uomini in un ambiente dove sono abituati a essere tra di loro e a utilizzare il loro potere come arma di seduzione verso le donne. Incrina un po’ la loro virilità».
Nascere in una famiglia numerosa e modesta l’ha influenzata?
«C’era una cosa che mi ripetevo sempre da quando avevo 10 anni: voglio essere autonoma. Per essere libera. Tutte le mattine, ogni volta che uscivo da casa, mi dicevo: "Non voglio una vita così, non mi interessa". I miei stessi genitori mi consideravano diversa dai miei fratelli e sorelle. Ma non rinnego le mie origini».
Parliamo delle sue passioni, oltre la politica.
«Il calcio è come la politica che amo: tutti possono dire la loro, lei, io, non importa l’origine sociale. Trovo affascinante lo spettacolo sul terreno e quello sugli spalti».
(In occasione della giornata contro la violenza sulle donne e dei 20 anni di nascita del telefono a disposizione per le vittime delle violenze coniugali, in tutti gli stadi di serie A e B francesi, grazie a Rachida Dati, è stato trasmesso uno spot per sensibilizzare l’opinione pubblica, ndr.)
Ha una squadra del cuore.
«Diverse. Il Paris Saint-Germain, perché sono eletta a Parigi, il Marsiglia per la sua storia e la passione. Ho un debole per il Real Madrid, per via di Florentino Perez che è un uomo di valore. Adoro Messi. In Italia ho amato la Juve di Zidane e la Fiorentina perché conosco Della Valle, straordinario come industriale e come politico. Trovo che sia un uomo che ama il suo Paese e ho molto rispetto per lui che è una persona alla mano».
Cos’altro fa nel termpo libero ?
«Sto a casa, leggo, voglio essere sempre aggiornata. Tutto mi interessa. Il teatro, viaggiare: adoro Roma, Capri e Catania. La Sicilia ha qualcosa di affascinante».
Si sa che la appassiona la moda.
«Mia madre era molto civettuola. La ricordo mentre sfogliava le riviste di moda e guardava quello che poteva cucirci. Ci ripeteva che bisognava essere vestiti e pettinati bene anzitutto per se stessi e poi per gli altri. Questione di rispetto».
Quali sono gli stilisti italiani che le piacciono di più?
«Trovo che l’Italia sia il tempio della creazione e della moda. Avete Valentino, Armani e molti altri, tutti raffinati. Ho conosciuto Miuccia Prada, una donna molto particolare che apprezzo».
Per concludere parliamo del suo grande amore, sua figlia Zohra. Si rende già conto che ha una mamma famosa?
«Le racconto un aneddoto. Avendo come sindaco la responsabilità delle scuole e degli asili, nella rassegna stampa a disposizione per i genitori c’è la mia foto. Lei ha cominciato a distribuirla agli altri bambini, quindi ho chiesto alla direttrice di toglierla. È molto sveglia, capisce che la sua mamma ha un ruolo diverso delle altre: vede che vengono a parlarmi, qualcuno chiede di fare una foto con me. Cerco di accompagnarla sempre io a scuola, andarla a prendere è impossibile. Sono ben organizzata con la baby-sitter».
Complicato gestire l’interesse mediatico intorno a Zohra?
«Sì, e mi dà molto fastidio. Che seguano me non è un problema. Ma lei no».