Gianfrancesco Turano, L’Espresso 7/12/2012, 7 dicembre 2012
QUEL GRAN PEZZO DELL’EMILIO
[Una tantum da 820 mila euro, più un contratto da 700 mila l’anno, casa, autista, ufficio, due cellulari. È l’incasso di Fede da Mediaset. Grazie a Silvio] –
L’ha detto e l’ha scritto nelle sue lettere battute a macchina con l’Olivetti museale. Silvio Berlusconi ha dovuto picchiare i pugni sul tavolo per fargli avere il contratto, caso unico di ingaggio milionario seguito a un licenziamento. Silvio ed Emilio. Amicizia da una parte, Fede dall’altra. In mezzo, i processi dove sono entrambi imputati: Berlusconi nel Rubygate 1 e Fede nel Rubygate 2 insieme a Nicole Minetti e Lele Mora.
L’ex direttore del Tg4 si è presentato in aula il 3 dicembre per il Rubygate 1. Poteva stare zitto perché coinvolto nel Rubygate 2. Invece ha testimoniato ed è stato all’altezza del ruolo: mediano di copertura per gli spericolati contropiede del bunga bunga. Ruby? Pensava che avesse 24 anni, anche se nelle riprese tv in cui la premia a Taormina dice che la ragazza ne ha tredici e vuole fare il carabiniere. Chi l’ha portata ad Arcore? Non lui, ma Lele Mora. Le feste con le ragazze? Niente sesso. Ma il perno del suo intervento è in una frase: «Conosco Berlusconi da 24 anni. È inutile nascondere che da quando sono stato sollevato dall’incarico di direttore del Tg4 in termini inaccettabili, i rapporti con lui si sono quasi del tutto interrotti».
Inaccettabile è forse esagerato. Fede dice in giro di essere praticamente in bolletta tanto che i suoi ex legali restano ancora in attesa del pagamento della parcella. Nadia Alecci (300 mila euro di conto per due anni di assistenza legale) ha abbandonato il cliente a fine luglio. Gaetano Pecorella (150 mila euro) ha fatto lo stesso. Anzi, ha aggiunto un passo in più lasciando anche il Pdl in novembre dopo una militanza durata 14 anni.
Fede ha sostenuto che gli avvocati si volevano arricchire con lui e che gli hanno chiesto troppo, 600 mila a testa. Totale: 1,2 milioni di euro. E ha pensato di non pagare un soldo in attesa di un intervento di Silvio. L’ex premier è noto per non abbandonare gli amici, soprattutto quando sono coimputati.
Infatti, ha battuto i pugni e Fede ha potuto chiudere il rapporto a tempo indeterminato con Mediaset firmando una liberatoria compensata con 820 mila euro. Poi gli avvocati non li ha pagati lo stesso. E nemmeno successivamente, quando a luglio del 2012, cioè quattro mesi dopo il licenziamento, ha ottenuto un contratto triennale da 700 mila euro all’anno più il costo della casa incluse le bollette, un autista anche a fini personali, l’ufficio con segretaria a Cologno Monzese, il quartier generale di Mediaset, e l’uso di due cellulari. Il contratto è revocabile con un preavviso di sei mesi e comporta la rinuncia alla presenza in video sui canali del Biscione. È una rinuncia dolorosa per chi ha vissuto di televisione tutta la vita. Ma sarebbe potuta andare molto peggio.
Nei mesi trascorsi tra il licenziamento e il contratto, Fede si è trovato di fronte un muro che ha tentato di scalfire con telefonate e lettere supplichevoli ai suoi più fieri oppositori. In primo luogo, il vicepresidente esecutivo di Mediaset Piersilvio Berlusconi, fautore di una rottura definitiva. Sullo stesso fronte c’era Mauro Crippa, capo del settore informazione sulle tv Fininvest e, secondo Fede, burattinaio del giallo della valigetta da 2,5 milioni di euro cash che il direttore del Tg4 avrebbe tentato di depositare in una banca svizzera.
Senza l’ordine diretto del Presidente Silvio, l’accordo non sarebbe mai arrivato. E i soldi nemmeno. Non è la prima volta che, nei dintorni del processo Ruby, l’ex premier vara una finanziaria di emergenza per amici e collaboratori. Agli atti del Rubygate, sotto forma di intercettazioni telefoniche, c’è tutta la vicenda del tentato salvataggio di Lele Mora dal crac. Tra agosto e ottobre 2010 Fede si impegna in un’intermediazione tra l’agente delle dive e l’allora presidente del Consiglio. Ecco il suo approccio. «Gli dico (Fede a Berlusconi, ndr.): ho visto Lele, non sta bene, è preoccupato, forse credo che una mano bisognerebbe dargliela, hai fatto bene a tanta gente. Lui poi se lo merita più degli altri». E in una telefonata successiva, sempre Fede a Mora: «Almeno uno e mezzo (milione di euro, ndr.), bisogna darglielo, sennò è rovinato... Se è uno e mezzo, sei... Il resto è tuo, va bene?». Si tratta, secondo i pm, di una proposta di spartizione del contributo con 600 mila euro al giornalista mediatore. «Va benissimo», replica Mora al telefono.
A gestire in prima persona la patata bollente finisce, al solito, il ragionier Giuseppe Spinelli, autentico parafulmine del lato "very discreet" del premier ancor prima di finire sequestrato dalla banda degli apulo-albanesi. Per mettere in regola la donazione, Spinelli elabora l’ipotesi di una transazione immobiliare con Mora «più una consulenza». L’operazione va in porto con un incasso superiore alle previsioni. Da Berlusconi partono 3,2 milioni di euro. Fede ne incassa circa 1,2 milioni, secondo i magistrati che indagano sul fallimento di Mora e che accusano il giornalista di concorso in bancarotta fraudolenta.
Una parte di questa somma sarebbe stata consegnata in contanti presso l’ufficio di Fede, che nega l’esistenza del "versamento". La rogatoria con la Svizzera avviata dal pubblico ministero Eugenio Fusco ha invece confermato l’uscita di 500 mila euro dal conto di Mora presso la Bsi di Lugano verso un conto aperto apposta da Fede e subito svuotato.
A breve Fusco dovrebbe chiudere le indagini sul fallimento in proprio di Mora, uno stralcio del procedimento già concluso sul crac del gruppo Lm che si è chiuso con una condanna patteggiata da Mora a quattro anni e tre mesi. In questo processo bis, Fede rischia di essere rinviato a giudizio non solo sulla base dei movimenti di denaro tra lui e Mora, ma anche per le intercettazioni del Rubygate acquisite da Fusco e dal collega Massimiliano Carducci. Secondo i magistrati, dai colloqui si desume che il giornalista conosceva bene lo stato di sostanziale dissesto delle imprese del gruppo Lm. Da qui l’ipotesi di concorso in bancarotta.
Ma a parte il processo Ruby e il fallimento Mora, l’autunno del patriarca del Tg4 è molto ricco in termini di cause e liti giudiziarie. Il catalogo include una querela contro Ambra Battilana e Chiara Danese, due ospiti delle serate di Arcore che hanno confermato le tesi dell’accusa. La denuncia è stata poi ritirata per evitare che un proscioglimento delle ragazze rafforzasse la loro testimonianza al processo contro Berlusconi.
La querela di Fede contro Simona Ventura ha visto l’assoluzione della presentatrice e l’archiviazione è stata chiesta anche per la causa intentata contro il "Corsera" e "La Stampa" a proposito delle notizie date sulla valigetta con i 2,5 milioni di euro rifiutata dalla banca svizzera. Sono ancora in corso la causa per diffamazione intentata contro Fede dalla modella Imane Fadil, chiamata "bugiarda" durante un tg, e la lite tra Fede e Gian Germano Giuliani, detto Pippo, erede dell’Amaro Medicinale Giuliani che ha preso a schiaffi il giornalista siciliano in uno dei suoi ristoranti preferiti, la Risacca 6 a Milano, nel novembre di due anni fa.
Querela incrociata, invece, tra Fede e Nichi Vendola. Il politico ha accusato Fede di essere un procacciatore di escort. Il giornalista ha sparato a zero su Vendola con varie piacevolezze a sfondo omofobo durante la trasmissione La Zanzara su Radio24 del 21 settembre 2011. L’udienza preliminare si svolgerà a Trani il prossimo 14 dicembre. Non proprio il miglior modo di prepararsi al Natale.