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 2012  dicembre 03 Lunedì calendario

I tedeschi viaggiano all’italiana Treni in ritardo e aeroporti flop - È un altro mito che crolla

I tedeschi viaggiano all’italiana Treni in ritardo e aeroporti flop - È un altro mito che crolla. Sapete quella vecchia storia dei tedeschi pun­tuali, efficienti, prevedibili fino alla noia e ol­tre? Era una leggenda. O meglio. Forse era così una volta. Ma a fu­ria di stare go­mito a gomito nella Ue con quegli scia­mannati dei greci e dei por­toghesi -per non dire di noi italiani, modestamen­te- comincia­no a perdere vistosamente colpi anche loro. Un po’ dispia­ce, naturalmente. Erano il no­stro inarrivabile modello, i capi­classe da sfottere e ( sotto sotto) invidiare. Ma un po’ consola constatare che anch’essi (co­me la Thatcher che preparava i panini per le sue guardie del cor­po) nascondevano un volto umano. Prendete i treni. I treni tede­schi, insieme con quelli svizze­ri, erano puntuali come un oro­logio, giusto? E chi era più effi­ciente e impeccabile di un capo­stazione di Tubinga o di Lucer­na? Per noi italiani, da sempre maltrattati da quella sganghe­rata diligenza delle Ferrovie del­lo Stato era un assioma. Be’, non è più così. Come sia potuto accadere, loro stessi non sanno dire. Tutto è cominciato con qualche coincidenza saltata, con qualche ritardo di poco conto. Ed è finita con la Deut­sche Bahn, l’equivalente delle nostre FS, che nei giorni scorsi ha dovuto chiedere scusa alla clientela spiegando a capo chi­no che quest’inverno, soprat­tutto durante le feste di Natale, quando il traffico aumenta sen­sibilmente, ritardi e cancella­zioni saranno all’ordine del giorno. Colpa della Siemens, si dice, visto che un capro espiato­rio bisogna pur trovarlo. Colpa del colosso dell’ engineering teu­tonico, dicono alla Deutsche Bahn, e della sua clamorosa in­capacità di rispettare i termini di una commessa che risale al 2008. Sedici treni veloci che do­vevano essere consegnati a di­cembre del 2011, per dare sollie­vo­a una rete sempre più conge­stionata, ma la cui data di conse­gna era slittata al dicembre prossimo venturo. Ma non se ne farà niente. Ci sono proble­mi col software operativo e tut­to è rimandato alle calende gre­che. E pazienza fossero solo i treni. La Siemens, ha rivelato la Bild Zeitung , ha avuto re­centemente una perdita di 500 milioni di euro per ave­re sottostima­to certi proble­mi legati alla costruzione di sottostazio­ni elettriche sulle piattafor­me petrolife­re nel Mare del Nord. In­somma, un di­sastro. E non è che vada meglio nel settore aereo. Prendete l’aeroporto di Berlino Brandeburgo, quello che dove­va essere il più grande, il più fi­co, il più tecnologico aeroporto d’Europa. Anche lì, una mala fi­gura dopo l’altra dopo vent’an­ni di gestazione. Prevista per il 2007, l’inaugurazione del miti­co hub è stata rimandata a giu­gno 2012, poi al marzo del 2013, anzi al 27 ottobre, ma forse sarà il 2014, chissà. Doveva essere il fiore all’occhiello dei politici lo­cali, che sognavano di schianta­re la concorrenza di Francofor­te e di Monaco di Baviera. È di­ventato il loro incubo. I costi del mancato decollo sono stratosfe­rici. Air Berlin, la seconda com­pagnia del Paese, ha dovuto cancellare circa un milione di prenotazioni; la Lufthansa fra 500 mila e un milione. Per non dire dei biglietti già venduti su tratte esotiche aperte per cele­brare l’evento. L’impatto più de­vastante però è per le decine di piccole e medie imprese dei ser­vizi e della distribuzione che hanno investito per operare dal nuovo aeroporto: per loro, le perdite sono stimate in milioni di euro di mancate entrate per ogni mese in cui Berlino Bran­deburgo resterà chiuso. Insom­ma, un manicomio. Il motivo uf­ficiale dell’ennesimo rinvio è dato dalla mancata approvazio­ne da­parte degli ispettori antin­cendio dei sistemi di sicurezza. Ma non c’è niente che vada per il verso giusto, al Brandeburgo. Non funzionano le porte elet­troniche, i banconi del check in, il sistema integrato dei com­puter, il nastro trasportatore dei bagagli viene messo in mo­to 2 volte la settimana per evita­re che arrugginisca. Insomma, un grande, meraviglioso casi­no capace di far rivoltare nella tomba il grande cancelliere Wil­ly Brandt, alla cui memoria l’ae­roporto della capitale (costo preventivato 2 miliardi e mez­zo di euro) è intitolato. Peccato però. Se anche i tede­schi cominciano a somigliarci, che gusto c’è?