Luigi Mascheroni, il Giornale 4/12/2012, 4 dicembre 2012
Le cose più scandalose? Sono in salotto - Ci sono le coloratissime stampe erotiche del maestro giapponese Kuniyoshi Utagawa (1798-1861)
Le cose più scandalose? Sono in salotto - Ci sono le coloratissime stampe erotiche del maestro giapponese Kuniyoshi Utagawa (1798-1861). C’è il calco in gesso del pene di Jimi Hendrix, preso nel 1968 da Cyntya Plaster Caster, celebre groupie che negli anni Sessanta andò a letto con tutte le più grandi star del rock, di alcune delle quali eternò gli organi genitali. C’è il vaso Lingam di Guido Venturini per Alessi (2002). C’è il piatto di Piero Fornasetti in cui un fallo eretto prende il posto del naso in un viso femminile, infilando il glande tra gli occhi che ci guardano, suggerendoci che quella è una cosa che ci ri-guarda tutti (è l’immagine-icona della mostra, anche se non è sui manifesti, peccato...). C’è il cruento Sessodidio di Gaetano Pesce (1971-72), c’è l’«offensivo » Wedge of Chastity che Marcel Duchamp portò alla moglie Teeny come regalo di nozze, nel 1954, e che arriva dall’Israel Museum di Gerusalemme («Uno dei pezzi di cui sono più orgogliosa»,confessa la curatrice Silvana Annicchiarico). E poi c’è la sedia di Salvador Dalì ispirata alla leggenda di Leda e il Cigno (1935-37), c’è la lampada Lolita di Nika Zupanc (2008), c’è la seduta Him& Her di Fabio Novembre (2008) e lo sgabello Squeeze di Ching-ting Hsu (2006). E c’è, lungo un’intera parete, The Great Wall of Vagina , una serie di pannelli realizzati nel 2012 da Jamie McCartney e formati dai calchi dei genitali di 400 donne fa i 18 e i 76 anni, fra cui madri, figlie, coppie di gemelle e transessuali, con piercing, depilate, hairy , glabre, nell’intento di rendere pubblico ciò che di più privato esiste, rimarcando come - vista da lì ogni donna sia unica, aldilà della chirurgia plastica, dell’omologazione dei costumi e dei conformismi della moda. Alchimie sessuali e visioni non convenzionali. La forza travolgente, insensata e creativa dell’eros. S’intitola Kama , vuole esplorare i confini e i cortocircuiti fra «Sesso e design», apre domani alla Triennale di Milano, ha già 125 giornalisti accreditati per la conferenza stampa di questa mattina, e sarà la grande mostra della stagione. Vietata ai minori, e aperta alle fantasie più estreme. Il porn non è solo business. A volte, è arte. Nel sesso c’è tutto: dedizione, brutalità, tenerezza, aggressività, egoismo, bizzarrie, felicità, delusione. È un atto fisico e mentale nel quale è racchiusa la vita intera, e la morte. Quindi un oggetto di riflessione e di raffigurazione perfetta per l’arte: dalla letteratura al cinema, dalla pittura alla fotografia. E - anche - il design. Che ha pensato, raffigurato e progettato il sesso fin dall’alba della civiltà, dalle «Veneri» neolitiche agli amuleti fallici del mondo greco-romano, quando le «cose» della vita quotidiana - anfore con decorazioni sessuali o lucerne a forma di genitali maschili- parlavano il linguaggio del sesso. Il sesso che genera forme, il sesso che trasmette magia, che profonde energia e che «dà» senso. L’altra faccia del corpo e della libido , al di qua dell’osceno e della provocazione. Al di là di possibili scandali mediatici o scontate sfumature giornalistiche, la mostra Kama. Sesso e design vuole spezzare l’ultimo pregiudizio, la faccia meno esplorata del rapporto tra sessualità e arte: cioè i modi e le forme con cui l’erotismo entra nella nostra vita di tutti i giorni, e dalla quale inconsciamente cerchiamo di allontanarlo. Per moralismo, per vergogna, per paura. Prière de toucher , «Si prega di toccare», scrisse Marcel Duchamp, nel 1947, sulla copertina del catalogo di una mostra surrealista su cui aveva riprodotto in schiuma di gomma la forma di uno splendido seno. Le convenzioni vietano cioè che l’istinto scatena. Scacciato dalla porta della morale e della legge, il sesso rientra dalle finestre dell’arte, e dagli specchi, sui divani, nelle sedie, dentro i vasi, i servizi da the, gli appendiabito di Mollino oi Pulllover di Fornasetti. Nei libri, nelle immagini e nel cibo. Il sesso, origine della vita, e per cui si muore, è ovunque. Dividendoli in sette sezioni anatomiche corrispondenti a specifici organi o atti sessuali («Archetipi», «Priapi», «Origine du monde», «Glutei», «Seni », «Orifizi» e «Accoppiamenti »), la mostra apparecchia su grandi tavoli per autopsia oltre 200 pezzi di design, antichi e moderni, fra reperti archeologici, disegni, foto, oggetti d’uso o opere d’artisti e designer,dai vasi etruschi al divano Mae West Lips di Salvator Dalì, dalla lampada Tits dello Studio Jobs al libro Design Behind Desire che si apre e si slabbra in modo inconfondibile. Oltre il cinema da festival a luci rosse, oltre i bestseller sadomaso per casalinghe disperate, oltre il glamour di Sex and the City e oltre le fantafollie di Youporn. Tu giochi, io guardo. «Nella società post-contemporanea del porno espanso, in cui le immagini sessuali, attraverso tv, cinema, moda e web sono una caratteristica riconoscibile della cultura popolare, l’ultimo tabù inviolato, paradossalmente, è l’unico luogo in cui il sesso esiste da sempre, fin dall’antichità, anzi dalla preistoria con i suoi amuleti e tintinnabula a soggetto sessuale: il mondo degli oggetti quotidiani. D’artista. E lì vorremmo riportarcelo », è l’idea della curatrice, Silvana Annicchiarico, che al progetto sta lavorando da un anno e mezzo, ben prima dell’ondata di sesso per porn mom di ritorno. Con l’intenzione di provocare un vero scandalo. Quello di guardare il sesso non dal buco della serratura, ma dalla porta principale. In maniera diversa. Cioè normale.