Livio Caputo, il Giornale 4/12/2012, 4 dicembre 2012
I precedenti che «consolano» Mitt - Chi è rinato e chi è sparito La sorte dei grandi perdenti Nixon, battuto da Kennedy, alla fine ebbe successo Goldwater continuò in politica, Dukakis èscomparso Perdere le elezioni presidenziali americane, dopo una campagna estenuante che, cominciando con le primarie, dura più di un anno e costa centinaia di milioni di dollari, è un colpo durissimo che può mandare temporaneamente in depressione anche un uomo d’acciaio
I precedenti che «consolano» Mitt - Chi è rinato e chi è sparito La sorte dei grandi perdenti Nixon, battuto da Kennedy, alla fine ebbe successo Goldwater continuò in politica, Dukakis èscomparso Perdere le elezioni presidenziali americane, dopo una campagna estenuante che, cominciando con le primarie, dura più di un anno e costa centinaia di milioni di dollari, è un colpo durissimo che può mandare temporaneamente in depressione anche un uomo d’acciaio. Se poi, come nel caso di Romney, si tratta del secondo fallimento consecutivo (quattro anni fa era stato battuto nelle primarie da John Mc-Cain) e si ha investito nell’impresa una buona fetta del proprio patrimonio, una fase di crisi è quasi inevitabile. Tuttavia, se guarda ai precedenti, l’ex candidato repubblicano può trovare qualche motivo di consolazione. Nel dopoguerra c’è stato negli Stati Uniti un solo uomo politico che, dopo essere stato sconfitto una prima volta, ci ha riprovato ed è riuscito infine a conquistare la Casa Bianca: Richard Nixon, battuto nel 1960 da Kennedy e ridotto a fare l’avvocato, ma talmente abile da tornare sulla scena otto anni dopo in piena crisi del Vietnam e prevalere per un soffio sul democratico Hubert Humphrey. Non per nulla,vari giornali dell’epoca titolarono: «La più grande resurrezione dai tempi di Lazzaro». Nixon rivinse anche nel 1972, contro George McGovern (il candidato più di sinistra mai presentato dai democratici, presto scomparso dalla scena) ma fu poi obbligato a dimettersi in seguito allo scandalo del Watergate. Ma, a parte Nixon, in quell’epoca anche gli altri candidati sconfitti sono caduti in piedi. Adlai Stevenson, che perse due volte contro Eisenhower, finì la carriera come ambasciatore alle Nazioni unite. Barry Goldwater, il repubblicano superconservatore «stracciato» da Lyndon Johnson nel 1964, tornò a fare il senatore della sua Arizona e concluse la carriera politica come uno dei più influenti e membri della Camera alta. Poi seguì un periodo più buio. Ford, il vicepresidente che aveva preso il posto di Nixon, scomparve virtualmente dalla scena dopo essere stato battuto dal democratico Carter nel 1976. Carter stesso, sconfitto da Reagan nel 1980 dopo un solo e poco glorioso mandato, si ritirò nella sua Georgia, costituì una fondazione e ancora adesso se ne va spesso in giro per il mondo, senza per la verità essere preso molto sul serio, a promuovere la causa della pace. Piuttosto male andò anche ai democratici che tentarono la scalata alla presidenza durante il decennio repubblicano che seguì: Walter Mondale, avversario di Reagan nell’84, riuscì nell’impresa di perdere 49 dei 50 Stati dell’Unione e fu emarginato finché Clinton non lo mandò a fare l’ambasciatore in Giappone. Mike Dukakis, già governatore del Massachusetts, che sfidò invano George Bush senior nell’88,è tornato a essere un signor nessuno. Anche Bush, che pure è stato il presidente del crollo dell’impero sovietico e della prima guerra contro Saddam, conobbe l’amarezza della sconfitta quattro anni dopo contro Clinton, ma forte anche della sua ricchezza personale e di due figli già lanciati a imitarne le gesta, si ritirò senza drammi nel suo Texas. Dole, battuto malamente da Clinton nel 1996, tornò al suo vecchio studio legale. Gli ultimi due candidati sconfitti (prima di Romney) sono invece rimasti, sia pure con ruoli diversi, sulla breccia. Al Gore, vice di Clinton per otto anni e poi battuto da Bush junior nel 2000 per poche centinaia di voti e settimane di ricorsi, è diventato una specie di portabandiera dei Verdi ed è arrivato a vincere un (molto discusso) premio Nobel per la sua battaglia contro i gas serra. A John Kerry, il perdente del 2004, è andata ancora meglio: ha mantenuto il suo seggio di senatore del Massachusetts, è diventato presidente della influentissima Commissione esteri ed ora è in corsa sia per il Dipartimento di Stato, sia per il Pentagono. Forse il dramma di Romney è di non avere, in questo momento, alcuna altra carica politica su cui ripiegare, e di essere in pratica uscito dal mondo degli affari: a 61 anni, un disoccupato di lusso. Ma anche un uomo molto determinato, che, visti anche i precedenti, non dovrebbe avere difficoltà a rimettersi in carreggiata.