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 2012  dicembre 06 Giovedì calendario

LA FINE DEI NASTRI DALLA CASSAFORTE ALL’INCENERITORE [I

dvd con le intercettazioni di Napolitano sono in mano ai titolari dell’inchiesta, ancora più isolati. un pm: “sono mortificato come cittadino”] –

da Palermo
La voce di Giorgio Napolitano non è mai stata trascritta. Le quattro telefonate che hanno “pizzicato” il capo dello Stato a colloquio con Nicola Mancino, tra dicembre 2011 e febbraio 2012, mentre l’indagine sulla trattativa mafia-Stato si avviava alla conclusione, non sono mai state riversate su carta. I colloqui segreti che la Consulta ha ordinato di eliminare – con un’interpretazione estensiva della privacy del presidente della Repubblica – sono racchiusi in un paio di dvd, custoditi in una cassaforte, e affidati ai titolari dell’inchiesta Nino Di Matteo, Lia Sava, Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia. Che adesso vivono in un clima di maggiore isolamento. In procura i magistrati si rifiutano di commentare la sentenza. Uno di loro, sfogandosi, dice: “Sono mortificato come cittadino più che come pm”.
Ma chi ha visto materialmente quei dvd? E soprattutto chi li ha ascoltati? Il primo a sentire in diretta la voce di Napolitano è un sottufficiale dell’ufficio ascolti della Dia: è lui l’uomo che ha ascoltato e registrato i poco più di 9 mila colloqui telefonici di Mancino nei primi mesi di quest’anno, quando – esasperato dal timore di finire sul registro degli indagati della Procura di Palermo – l’ex ministro dell’Interno tempestava il Quirinale con richieste continue di protezione e copertura istituzionale. Perché quelle intercettazioni? La procura le aveva richieste non solo nei confronti di Mancino, ma anche di altri protagonisti dell’indagine sulla trattativa, come l’ex ministro della Giustizia, Giovanni Conso, per evitare che i testi potessero concordare tra loro versioni di comodo, depistando le indagini. “È verosimile – scriveva infatti il gip Riccardo Ricciardi nell’ordinanza che il 4 novembre dell’anno scorso autorizzava la Dia ad accendere il registratore – che (gli esponenti politici) possano entrare in contatto fra loro, in vista degli interrogatori fissati”, e che “possano anche entrare in contatto con altri soggetti che rivestivano cariche di rilevante importanza all’interno del Dap, per riferire elementi utili alle indagini sulla trattativa, di cui non si è ancora a conoscenza, se non addirittura per concordare tra loro versioni di comodo”.
Sui nastri audio, da quel momento, si riversavano centinaia di ore di conversazioni, migliaia di chiamate, miliardi di parole. Nessuno, però, poteva immaginare che in mezzo a quella Babele di comunicazioni frenetiche di una classe politica in fibrillazione, finisse impigliata la voce del capo dello Stato, aprendo un conflitto senza precedenti tra i poteri dello Stato. Ma quella voce, casualmente, arriva. E arriva per quattro volte, dal dicembre 2011 al febbraio 2012, in quattro telefonate intercettate sulle utenze di Mancino per una durata complessiva di 18 minuti di conversazione. Il sottufficiale in ascolto drizza le orecchie: capisce che la voce al telefono è quella di Napolitano, ma non può far altro che il suo dovere. E il suo dovere è quello di ascoltare e registrare, e riversare tutto nei dvd, che qualche giorno dopo arrivano sui tavoli della Procura.
Ed ecco che altre quattro persone si ritrovano ad ascoltare i file audio con la voce del presidente: sono i primi titolari dell’indagine sulla trattativa. Oltre a Di Matteo e Sava, Antonio Ingroia e Paolo Guido. Cosa dice Napolitano a Mancino? Si sa solo che i pm ritengono quei file penalmente irrilevanti, e si concentrano sulle intercettazioni di Mancino e D’Ambrosio che invece offrono all’ascoltatore una miniera di preziose informazioni. In quei colloqui, a ruota libera, l’ex ministro dell’Interno e il consigliere di Napolitano parlano della competenza dell’indagine sulla trattativa, della necessità di coordinare le visioni giuridiche delle procure interessate (Palermo, Firenze e Caltanissetta), persino della possibilità di arrivare a un’avocazione, ovvero strappare l’inchiesta a Ingroia e ai suoi colleghi. D’Ambrosio si mostra più che disponibile alle richieste di Mancino, riferisce le sue ambasciate al capo dello Stato, al punto da coinvolgere il procuratore nazionale Pietro Grasso (che rifiuta ogni soccorso), così come il pg della Cassazione Vitaliano Esposito, e il suo successore Gianfranco Ciani (che collaborano), nel tentativo di coordinare la Procura di Palermo con le altre procure.
La speranza di Mancino, evidentemente, è quella di tarare l’indagine sul principio di non perseguibilità dei politici coinvolti. Sono dello stesso tenore le sue telefonate con Napolitano? Mistero. Dalla cassaforte dove sono attualmente custoditi, quei dvd con le conversazioni più segrete della storia repubblicana usciranno, a questo punto, solo per essere consegnate al gip che dovrà distruggerli, rifacendosi alla norma richiamata nella sentenza della Consulta: l’articolo 271 del cpp (che però si riferisce alle conversazioni che riguardano il segreto professionale e non interessa la figura del capo dello Stato, e inoltre prevede il ricorso al contraddittorio tra le parti). Ovvero a una legge che non c’è.