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 2012  dicembre 07 Venerdì calendario

Notizie tratte da: Daniel Barenboim, La musica è un tutto. Etica ed estetica, Feltrinelli Milano 2012, pp

Notizie tratte da: Daniel Barenboim, La musica è un tutto. Etica ed estetica, Feltrinelli Milano 2012, pp. 124, 12 euro.

(e da: Daniel Barenboim, La musica sveglia il tempo, Feltrinelli Milano 2008, 15 euro [*])

«Cosa è richiesto? Cos’è lecito? Cos’è logico? Quanta libertà mi è data? Cosa intendeva il compositore? Queste sono le domande che si pone ogni giorno chi esegue musica». [pagina 13]

«La sincerità espressiva di un’esecuzione può essere ottenuta solo se si espelle meticolosamente tutto ciò che è superfluo, inappropriato, autogratificante o manipolatorio; è un processo che dura tutta una vita». [15]

«Il pubblico porta nell’esecuzione una dimensione decisiva: la dimensione temporale. Quando suono, quando provo un pezzo musicale, so di potermi fermare ogni qual volta lo ritengo opportuno per correggere, affinare, rifinire il suono; durante l’esecuzione, so che suonerò il pezzo dall’inizio alla fine senza pause e che quella è la mia unica e sola possibilità di realizzare tutto quello che mi sono sforzato di raggiungere in ore, settimane, anni di esercizio e studio». [18]

«C’è che alle 20 inizia il concerto e alle 20 devi farlo. Una dimensione di inevitabilità che adoro». [81]

Arthur Rubinstein all’inizio della carriera diceva che il settantacinque per cento del suo pubblico era in grado di suonare la maggior parte dei brani del suo repertorio; cinquant’anni più tardi dichiarava di ritenersi fortunato se il venticinque per cento del suo pubblico possedeva qualche suo disco. [25]

Le orecchie del pubblico della musica classica oggi «vengono regolarmente allenate – negli ascensori, nelle sale d’aspetto dei medici, negli aeroporti e nei ristoranti – a ignorare le informazioni che ricevono». [25]

L’orecchio comincia a formarsi nel feto già dal quarantacinquesimo giorno di gravidanza, in anticipo di sette mesi e mezzo sull’occhio. Ma dopo la nascita del bambino, l’udito è spesso trascurato e l’attenzione si concentra in maniera pressoché esclusiva sulla vista. [30*]

Di una sequenza musicale noi ricordiamo la prima esposizione e la memoria uditiva ci porta ad aspettarci di udirla di nuovo. La struttura della maggior parte della musica occidentale, quale che sia la sua forma, è legata a questo principio. [32*]

L’antisemitismo di Richard Wagner, che pubblicò per la prima volta l’articolo L’ebraismo nella musica con uno pseudonimo nel 1850 sulla rivista Neue Zeitschrift fur Musik, e una seconda volta a proprio nome nel 1869, in forma di opuscolo. «L’Ebreo nella vita di ogni giorno non passa inosservato innanzitutto a ragione del suo aspetto fisico che – qualsiasi sia la nazione d’Europa cui apparteniamo – ha qualcosa di sgradevolmente estraneo a tale nazionalità, tanto da farci spontaneamente desiderare di non aver nulla a che spartire con una persona di simili fattezze». [39]

Il direttore d’orchestra svizzero Ernest Ansermet scrisse in un suo articolo che Artur Schnabel era sì un grande pianista e un ottimo musicista, ma che il suo modo di suonare tradiva la sua appartenenza al popolo ebraico, dal momento che manipolava la musica nel modo in cui gli ebrei manipolano i soldi. [38]

Il tabù dell’esecuzione di Wagner in Israele infranto da Barenboim nell’estate del 2001. A Gerusalemme, sul podio della Staatskapelle Berlin, Barenboim diresse il Preludio e morte di Isotta come bis, dopo una discussione di quaranta minuti con il pubblico. «Fui io stesso a invitare ad andarsene quelli che volevano farlo. Solo venti o trenta persone, contrarie all’ascolto della musica di Wagner, abbandonarono la sala. (...) Il giorno dopo tuttavia fu creato il caso, quando i politici gridarono allo scandalo, benché nessuno di loro fosse presente al concerto». [42]

Negli anni del nazismo la musica di Wagner era ancora suonata dagli ebrei a Tel Aviv, da quella che allora si chiamava Palestine Symphony Orchestra, l’odierna Israel Philharmonic. Solo nell’immediato dopoguerra, quando si diffuse la notizia che gli ebrei erano stati mandati nelle camere a gas con l’accompagnamento di certa musica di Wagner, l’esecuzione delle sue opere divenne un tabù, «non tanto a causa dell’antisemitismo di Wagner, bensì per l’abuso fatto della sua musica da parte dei nazisti». [42]

Nei campi di concentramento in cui i prigionieri avevano il permesso di suonare nelle orchestre allestite per gli ufficiali nazisti, era loro proibito suonare Wagner, perché la sua musica era giudicata troppo elevata per gli ebrei. [75*]

Il concerto di Barenboim a Gaza, il 3 maggio 2011. Orchestra composta da membri della Staatskapelle Berlin, delle Filarmoniche di Berlino e Vienna, dell’Orchestre de Paris e dell’Orchestra della Scala di Milano. In programma Mozart. L’Egitto consentì il passaggio dal valico di Rafah. La sicurezza personale dei musicisti era affidata ad Hamas. Il concerto rischiò di essere cancellato perché il giorno della vigilia gli americani avevano trovato e ucciso Bin Laden, e si temeva che qualche fazione radicale islamica potesse interpretare l’evento musicale come una sorta di festeggiamento tollerato. [48]

Daniel Barenboim aveva nove anni quando, nel 1952, lasciò per la prima volta Buens Aires dov’era nato. Era la prima volta che metteva piede in Europa, la prima volta che vide Salisburgo. Incuriosito da una locandina che annunciava una rappresentazione del Flauto magico di Mozart e visti i biglietti esauriti, si intrufolò da solo, incitato dalla madre, dentro il teatro. Si sistemò in un palco. Si addormentò ai primi accordi dell’orchestra. Si svegliò durante la rappresentazione e si mise a piangere, spaventato. Una maschera lo accompagnò fuori, dai genitori.

Salisburgo nei primi anni Cinquanta, dove «potevi imbatterti in gente che aveva conosciuto Brahms di persona».

Nel 1954 Barenboim conobbe Wilhelm Furtwängler e suonò per lui. Il direttore lo fece sedere nella fossa dell’orchestra accanto al clavicembalo, per poter seguire da lì le rappresentazioni del Don Giovanni.

Don Giovanni di Mozart, la prima opera diretta da Barenboim, la prima alla quale assistette da bambino. «Sono arrivato all’opera dopo ventitré anni di palcoscenico come pianista, camerista e direttore sinfonico». [102]

«A nove anni non avevo mai sentito parlare dell’Olocausto. All’epoca in cui conobbi Furtwängler e Fischer venni a sapere per la prima volta quanto era successo in Europa».

Nel 1954 il padre di Barenboim rifiutò un invito di Furtwängler, che voleva il giovane Daniel in un concerto con i Berliner Philharmoniker. Riteneva che a nove anni dalla fine della guerra, per un ragazzo ebreo fosse ancora troppo presto per mettere piede in Germania. [59]

A dodici anni Barenboim si trasferì a Parigi per studiare armonia e contrappunto con Nadia Boulanger. Prima lezione: sul leggio c’era Il clavicembalo ben temperato di Bach, la Boulanger «si mise a sfogliare le pagine avanti e indietro, alla fine scelse il Preludio in mi minore dal Libro I e disse: “Bene, ragazzo mio, adesso questo me lo suoni in la minore”. Prese un righello e quando suonavo una nota sbagliata mi dava un colpetto sulle dita». [130*]

L’intervistatore fa ascoltare a Barenboim alcuni momenti della Sonata Waldstein di Beethoven in tre sue diverse incisioni discografiche: della fine degli anni Sessanta, del principio degli Ottanta e del 2005. Intervistatore: «Vorrei parlare di interpretazione. (...) Quali sono i fattori che incidono maggiormente nel momento in cui lei esegue ancora una volta un pezzo già eseguito tante volte in passato: il pianoforte che usa, la conformazione della sala da concerto, lo stato d’animo del momento, il pubblico?». Barenboim: «È una domanda noiosa. Sono tutte cose del passato». Intervistatore: «Ma la Waldstein lei la suonerà di nuovo tra pochi giorni». Barenboim: «È solo questo che mi interessa, come la suonerò la settimana prossima». [78]

Il violinista Yehudi Menuhin, che a undici anni suonò un Concerto di Bach, il Concerto di Beethoven e il Concerto di Brahms nella stessa sera con la Filarmonica di Berlino. [79]

Il debutto di Barenboim sul palcoscenico, solista nel Concerto in la maggiore per pianoforte e orchestra K 488 di Mozart, a Buenos Aires. Il critico della Nación scrisse che era dai tempi di Mozart che non si sentiva un tale enfant prodige. Quello della Prensa che non si capiva perché il Teatro Colón avesse fatto debuttare un pianista così giovane e privo di talento. [82]

«Ho imparato tanto repertorio da piccolo. Tutto quello che ho imparato fino a venticinque anni è come stampato, commetto errori di memoria come tutti, però è come stampato per sempre. Tutto ciò che ho memorizzato dopo i venticinque anni è invece molto più fragile. Adesso ho ventiquattro anni...». [84]

I diversi mondi sonori dell’Anello del Nibelungo di Wagner: «Se posso fare un’allusione ad altri compositori, che non va presa troppo sul serio, direi che il Secondo atto della Valchiria e certi passaggi del Crepuscolo degli dei ricordano un po’ la musica che è venuta dopo Bruckner. Siegfried ricorda Berlioz; gli aspetti leggeri dell’Oro del Reno e del Terzo atto del Crepuscolo – Wagner si rivolterà nella tomba – ricordano Mendelssohn». [96]

La leggenda di Abu Nuwas, il poeta arabo dell’ottavo secolo che si presentò a Khalaf al-Ahmar per chiedergli consiglio sul modo di scrivere poesia, e si sentì dire di cominciare con l’imparare a memoria mille poesie. Abu Nuwas obbedì e poi tornò a recitarle davanti al maestro, che a quel punto gli ingiunse di dimenticarsele. Quando studia un lavoro che non gli è familiare, il musicista deve affrontare un processo analogo. Deve aver interiorizzato la struttura dell’opera al punto da non ricorrere mai durante l’esecuzione al pensiero intellettuale, ma può confidare sul fatto che i suoi moti spontanei emergano dalla conoscenza approfondita del lavoro e non siano un ghiribizzo personale. [58*]

Gli accompagnamenti in Mozart secondo il direttore austriaco Josef Krips: aristocratici o plebei, mai burocratici. [62*]

Goethe, che scoprì la religione islamica quando un soldato tedesco di ritorno da una delle campagne spagnole gli mostrò una pagina del Corano. Si entusiasmò, cominciò a studiare l’arabo a sessant’anni, scrisse una serie di poesie focalizzate sull’idea dell’altro, il Divano occidentale-orientale, pubblicato nel 1819. Nello stesso periodo Beethoven stava scrivendo la Nona Sinfonia, con il celebre inno alla fratellanza universale. [64*]

West-Eastern Divan è il nome dell’orchestra istituita da Daniel Barenboim e Edward Said e composta da musicisti provenienti da Israele, dalla Palestina e da altri paesi arabi.

La sagra della primavera di Stravinskij fu eseguita in prima assoluta a Parigi nel 1913. Il Concerto in re minore per pianoforte di Brahms venne suonato per la prima volta a Parigi da Artur Schnabel nel 1936. Pierre Boulez aveva ragione a criticare la vita musicale francese. [155*]