Marco Bertoncini, ItaliaOggi 6/12/2012, 6 dicembre 2012
DA SOLA LA LEGA PRENDE DI PIÙ
[Ma senza l’appoggio del Pdl, la Lombardia se la sogna] –
Il merito maggiore di Roberto Maroni agli occhi dei leghisti, da quando ha sostituito Umberto Bossi, è l’aver fermato l’emorragia di simpatie provocata dalle sgradevoli vicende in cui erano invischiati il tesoriere Francesco Belsito e la stessa famiglia Bossi. Nessuno, oggi, assegna al Carroccio Lega una percentuale più elevata di quella ottenuta nel 2008: anzi, quell’otto e passa per cento appare a molti sondaggi troppo alta per le condizioni presenti.
Ciò significa che i guadagni percentuali realizzati nel 2009 e nel 2010 (alle europee e alle regionali i leghisti superarono il 10%) si sono ovviamente dissolti; ma il calo si è fermato, il crollo non è avvenuto e un recupero appare possibile. Se dunque la Lega nel 2013 ripetesse il risultato delle ultime politiche, Maroni avrebbe di che essere pago.
L’intesa siglata con Giulio Tremonti rappresenta un tassello nella strategia perseguita dal nuovo capo leghista. L’obiettivo principe consiste nella conquista della presidenza lombarda. Le altre regionali ovviamente non toccano i seguaci di Alberto da Giussano, trattandosi di Lazio e Molise. Adesso Maroni attende che il Pdl o, per meglio dire, le macerie del movimento berlusconiano, si rassegnino e gli forniscano il necessario appoggio per tentare la conquista del Pirellone.
Ovviamente, di là delle parole d’ordine ripetute nella consueta tradizione leghista sulla corsa solitaria, Maroni è cosciente che, senza l’appoggio del Pdl (pur disunito, scollato, in caduta libera) non potrebbe mai vincere. Maroni sa altrettanto bene che, perfino con l’aiuto dei berlusconiani, una candidatura forte e concorrente nel centro-destra (quale sarebbe quella di Gabriele Albertini) potrebbe causare la vittoria del centro-sinistra. Però deve ripetere di essere pronto ad andare da solo, con l’appoggio di qualche spezzone civico e di Tremonti, il cui seguito nessuno stima massiccio (d’imponente, per ora, c’è soltanto il manifesto programmatico, sottoscritto pure da Maroni: ottanta pagine): l’obiettivo è ricattare il Pdl.
Lo stesso discorso, ovviamente, vale per le politiche, se sarà il porcellum a regolarle. Tuttavia Maroni è conscio che i maggiori suffragi il suo movimento li ottiene quando è senza alleati (come nel ’96: oltre il 10% sia alla Camera sia al Senato, miglior risultato mai ottenuto alle politiche). Sa bene che la coalizione Pdl (o quel che sarà)-Lega-minori non otterrà la maggioranza. Sa altrettanto bene che Silvio Berlusconi, invece, punta sull’intesa con la Lega nella speranza di strappare il premio regionale di maggioranza al Senato in Lombardia e Veneto, così da sottrarre la vittoria a palazzo Madama a Pd e alleati. Dunque, la Lega può presentarsi come disponibile a un’intesa, purché veloce, fingendo di essere disinteressata da una risposta che, se negativa, scompaginerebbe i tenui piani del Cav.