Juan Carlos De Martin, La Stampa 6/12/2012, 6 dicembre 2012
IN SUBBUGLIO IL MONDO DELLE TELECOMUNICAZIONI
[La rivoluzione del Web continua e fa crollare gli equilibri della telefonia] –
Aleggere molte dichiarazioni e articoli di queste ultime settimane c’è da rimanere stupiti. Da una parte Vint Cert, uno dei «padri» di Internet, in genere persona molto diplomatica, ha definito i suoi opponenti «dinosauri con cervelli delle dimensioni di un pisello». I vibranti appelli per salvare Internet dagli attacchi di pericolosi burocrati internazionali hanno riempito pagine di giornali prestigiosi e numerosi siti web. Dall’altra parte attacchi ugualmente veementi sono stati rivolti a Google e Facebook, descritti come parassiti che sfruttano le reti di telecomunicazioni del resto del mondo senza contribuire al loro sviluppo. Internet, inoltre, è stata ancora una volta descritta come il Far West del 21° secolo, uno spazio bisognoso di «legge e ordine», se non addirittura di essere reinventato da zero.
Questo confronto al calor bianco è stato provocato da qualcosa di apparentemente burocratico e noioso. Lunedì è iniziata a Dubai la Conferenza Mondiale sulle Comunicazioni Internazionali (Wcit). Un incontro organizzato dall’Unione delle Telecomunicazioni Internazionali, una branca delle Nazioni Unite con sede a Ginevra. I partecipanti sono principalmente delegazioni governative che discuteranno della eventuale revisione delle «Regole per le telecomunicazioni internazionali», un trattato altamente tecnico firmato nel 1988 e avente oggetto la telefonia. Difficile pensare a qualcosa di più noioso per il grande pubblico.
Dal 1988 ad oggi molte cose sono cambiate nel mondo delle telecomunicazioni. In particolare i monopoli telefonici sono stati quasi ovunque privatizzati e aperti alla concorrenza, sostituendo le logiche di mercato alla supervisione pubblica; inoltre Internet ha provocato una progressiva perdita di rilevanza della telefonia tradizionale causando, per la sua struttura decentralizzata e globale, molti fastidi a governi abituati ad avere un ferreo controllo sulle comunicazioni dei propri cittadini. Sono questi cambiamenti che hanno provocato la retorica nervosa e aggressiva di questi giorni, trasformando Wcit in qualcosa di tutt’altro che noioso.
A Dubai verranno rappresentati e discussi interessi molto diversi tra loro, ma che presi nel loro insieme formano un mix potente. Da una parte Russia e Cina vorrebbero che la Itu inserisse nelle sue norme qualcosa che rendesse più facile regolare Internet nei rispettivi Paesi in nome della sicurezza nazionale, della decenza pubblica e altri concetti in pericolosa relazione con la libertà di espressione. Ci sono poi molti Paesi, soprattutto in via di sviluppo, che negli anni hanno visto decrescere gli introiti derivanti dalle telefonate internazionali provenienti dai Paesi ricchi e che vorrebbero trovare nuovi introiti, magari legati a Internet. E infine ci sono alcuni grandi operatori telefonici (la cosiddetta proposta Etno) che vorrebbero, grazie a Itu, cambiare a loro vantaggio le regole attuali di tariffazione del traffico ponendo nel contempo ostacoli a quei Paesi che volessero seguire l’esempio di Olanda e Cile approvando leggi a tutela della neutralità della rete.
A queste tre forze si contrappone il vasto schieramento, che include gli Stati Uniti, di coloro che difendono Internet per come si è strutturata in questi decenni: una rete tecnicamente agile, molto decentrata, aperta agli usi più disparati e che mette più potere nelle mani degli individui (sia pure creando i presupposti per pericolose forme di sorveglianza). I difensori di Internet sono a loro agio con l’attuale struttura di governo della Rete, ovvero, organizzazioni, come Icann, Ietf, Iana e Internet Society. Chi vorrebbe cambiare lo status quo, invece, non si sente adeguatamente rappresentato in tali organismi, di forte matrice americana, e guarda con fiducia al Wcit dove ogni Paese avrà diritto di voto.
A Dubai la forza degli interessi contrapposti quasi certamente impediranno modifiche sostanziali del trattato del 1988; la retorica di questi giorni è forse infondata, sia da una parte sia dall’altra. La conferenza però favorirà il confronto tra le molte visioni nazionali di Internet, dalla più autoritaria alla più aperta, dalla più sensibile a specifici interessi economici a quella più attenta all’interesse collettivo. In questo ambito la delegazione italiana a Dubai dovrebbe avere la lungimiranza di affiancare a un netto sostegno per una Internet aperta e libera una riflessione su come migliorare la struttura attuale di governance della Rete, per renderla più rappresentativa, più responsabile e meno legata agli Stati Uniti. Se ciò capitasse, sarebbe un passo importante per il futuro, che ci permetterebbe di guardare al rumore e agli attacchi di queste settimane come una semplice parentesi del processo di evoluzione della Rete.