Giuseppe Marino e Gian Micalessin, il Giornale 1/12/2012, 1 dicembre 2012
Così la fragile Europa ha venduto all’emiro il voto per la Palestina - Prima si son comprati l’Europa, poi il suo voto
Così la fragile Europa ha venduto all’emiro il voto per la Palestina - Prima si son comprati l’Europa, poi il suo voto. Dietro il terremoto diplomatico che ha portato Italia ed Europa ad appoggiare il riconoscimento della Palestina come Stato osservatore all’Onu c’è l’ombra degli investimenti miliardari del Qatar. Investimenti capaci, complice la perdurante crisi, di far perdere la testa al Vecchio Continentee spingerlo ad accettare le incognite del fondamentalismo. Il prologo dell’imminente rivolgimento erano state la crisi libica e quella siriana. In entrambi i casi molti Paesi europei hanno appoggiato gruppi ribelli legati a doppio filo all’integralismo islamico, fidandosi esclusivamente delle «garanzie » di Doha. Il voto di giovedì al Palazzo di Vetro è la dimostrazione più eclatante di come i 326 trilioni di metri cubi di gas (terza riserva del pianeta) su cui galleggia il Qatar siano ormai la vera leva capace di manovrare un’Europa piegata da una crisi economica, politica e ideale. L’Italia è un esempio eloquente. Non paga di essersi fatta scippare i propri investimenti energetici in Libia e di aver rinunciato a importanti commesse in Siria, non esita a gettare alle ortiche la linea politica che da oltre un decennio la lega a Israele. La sbalorditiva piroetta diplomatica è la logica conseguenza della recente visita di Mario Monti nell’emirato. Durante la visita è arrivato il via libera alla Qatar Holding LLC per pilotare i propri investimenti d’intesa con il Fondo Strategico Italiano, la holding controllata dalla Cassa depositi e prestiti. Dietro i 300 milioni di euro iniziali si prefigurano spericolate operazioni per svariati miliardi. Operazioni che potrebbero garantire a Doha il controllo di un 3 per cento dell’Eni e l’entrata nella cabina di regia di molte acciaccate banche della Penisola. L’Italia non è però né la prima, né la sola a essersi fatta ammaliare dall’oro del Qatar. La mappa del voto europeo all’Onu, incrociata con quella degli investimenti degli emiri, è da questo punto di vista assai eloquente. L’unico «no» al riconoscimento della Palestina arriva dalla Repubblica Ceca, uno dei pochi Paesi a non aver beneficiato dei miliardi dell’emirato. Londra non esita, invece, ad astenersi rompendo la tradizionale alleanza politica con Washington. Dietro la scelta ci sono i quasi due miliardi di euro sborsati dal Qatar per acquistare i grandi magazzini Harrods, il finanziamento al 95 per cento della monumentale Shard Tower di Londra, l’edificio più alto d’Europa, e l’entrata nel capitale azionario della Shell, la compagnia petrolifera simbolo del Regno Unito. Il panorama dagli investimenti di Doha in Spagna, Portogallo e Francia è però ancor più eloquente. Dopo aver piazzato al Qatar immobili sugli Champs Elysees per 500 milioni, il controllo del Paris Saint Germain, i diritti televisivi del proprio calcio e i cacciabombardieri Mirage usati per bombardare la Libia, Parigi si è trasformata nella più strenua sostenitrice di una politica europea filopalestinese. Spagna e Portogallo non sono certo più disinteressati. Il sì di Madrid alla Palestina è stato preceduto dall’acquisto della squadra del Malaga e dagli investimenti per 2 miliardi di euro che hanno portato all’acq uisizione del 6 per cento di Iberdrola, la società elettrica spagnola sull’orlo del collasso finanziario. Una manovra replicata in fotocopia in Portogallo dove la Qatar Investment Authority controlla il 2,018% di «Energias de Portugal». Dietro questa smodata voglia d’investimenti si celano ovviamente le mire politiche di Hamad bin Khalifa al-Thani. Lo scorso ottobre l’emiro del Qatar è stato il primo capo di stato a legittimare Hamas recandosi in visita a Gaza e offrendo all’organizzazione fondamentalista investimenti per oltre 300 milioni di euro. Lo stesso emiro non si è mai fatto problemi a garantire ospitalità ai più discussi leader dell’organizzazione integralista. Khaled Meshaal, il capo di Hamas ispiratore della strategia degli attentati kamikaze, utilizza da anni una comoda e lussuosa residenza messagli a disposizione in quel di Doha. Nulla di strano per un emiro pronto a favorire l’ascesa di Hamas anche in Cisgiordania, usando le proprie ricchezze. Un po’ più inusuale la disponibilità europea ad un simile mercimonio politico-strategico.