Stefano Lorenzetto, il Giornale 02/12/2012, 2 dicembre 2012
LORENZETTO INTERVISTA FILIPPO SANTORO
Il Giornale, domenica 2 dicembre 2012
Nel 1781, grazie a un telescopio, fu scoperto Urano, di cui l’umanità ignorava l’esistenza, e da quel momento nessuno ebbe più certezze sull’esatto numero di pianeti del nostro sistema solare. Nello stesso anno fu anche coniata la parola burocrazia e da allora gli abitanti dello Stivale fanno la coda nell’iperuranio, vagano senza pace nel cosmo dell’indeterminatezza, orbitano da uno all’altro di quei satelliti noti come sportelli, si sentono ostaggi d’un esercito di alieni - le mezzemaniche - che ha preso possesso delle loro vite.
Dal primo vagito all’ultimo rantolo sono non meno di 150 (stima prudenziale) i documenti richiesti a un cittadino; pezzi di carta che siamo tenuti a esibire con periodica monotonia per convincere lo Stato che noi siamo davvero noi e non altri. Ma questo sarebbe il meno. Certificato di nascita o estratto di nascita? Certificato di morte o estratto di morte? Provate a rispondere a seconda della casistica che vi riguarda. E in carta libera o in carta bollata? E in originale o in fotocopia? Moltiplicate per le diverse situazioni: matrimonio, figli, separazione, divorzio, istruzione, salute, patente, espatrio, lavoro, giustizia, assicurazioni, infortuni, possesso di veicoli, compravendite di immobili, ristrutturazioni edilizie, avvio di attività commerciali.
Solo per fermarsi alle pratiche anagrafiche, che rappresentano un misero 14% sul totale delle formalità inventate dai burocrati, prima o poi a un povero disgraziato servono: stato di famiglia, certificato di matrimonio, estratto di matrimonio, certificato di stato libero, certificato di residenza, certificato contestuale, certificato storico, certificato di cittadinanza, certificato di godimento dei diritti politici, oltre ai predetti certificati/estratti di nascita e di morte. La Chiesa, per non essere da meno, ci ha aggiunto del suo: certificato di battesimo, certificato di cresima, certificato di stato libero ecclesiastico, richiesta di pubblicazioni alla casa comunale, nulla osta ecclesiastico del vicariato per i matrimoni celebrati fuori parrocchia, certificato di consenso religioso alle nozze. Confidando nell’assoluzione in articulo mortis, ci sarebbe da spararsi.
Ma oggi posso certificare che Santoro Filippo, di anni 30, nato in Como il 9 marzo 1982, di Santoro Domenico, direttore dell’unità operativa di malattie infettive dell’ospedale Sant’Anna, e di Ghione Ludovica, imprenditrice nel ramo tessuti stampati per l’alta moda, è un genio. In tempi di disoccupazione dilagante, s’è inventato un lavoro che prima non c’era: lo sburocrate. Dategli appena 5 minuti di tempo, 2 ore al massimo, in pochissimi casi disperati una quindicina di giorni, e lui per pochi euro vi risolve qualsiasi problema di burocrazia. Il bello è che gli basta un clic col mouse.
Amministratore delegato del sito Homeonline.it, Santoro costituisce la prova vivente di quanto sia erronea la teoria di alcuni inguaribili misoneisti per i quali Internet fa solo perdere tempo: è vero l’esatto contrario. A dispetto della crisi economica, chiuderà questo 2012 con un aumento di fatturato del 65 per cento. Oltre 2 milioni di euro messi insieme con appena 12 dipendenti che utilizzano solo il computer, il telefono e la Rete e che lavorano 365 giorni l’anno, 7 giorni su 7, dalle 8 alle 20. «Lei dovrebbe sentire lo stupore che si coglie nella voce di un cliente quando ci chiama alle 17.45 della domenica per chiederci un certificato e pochi istanti dopo lo riceve per e-mail a casa sua».
Santoro s’è laureato in economia aziendale alla Bocconi e perfezionato all’Università di Rotterdam. A 24 anni, già prima di completare gli studi, aveva cominciato a lavorare per il motore di ricerca Yahoo! come business development manager. Passato a Dpixel, una compagnia di venture capital, ha conosciuto Franco e Davide Scarantino, padre e figlio, imprenditori edili milanesi, gestori di una banca di dati catastali creata a supporto delle attività nei loro cantieri. «Nel 2010 ho mollato Dpixel per dedicarmi a quest’ impresa. Ero sicuro che il modello si potesse estendere a un sacco di altri servizi».
Quanti?
«Fino a questo momento siamo già arrivati a 75, ma ogni mese ne aggiungiamo di nuovi. Oltre che all’Agenzia del territorio, meglio nota come catasto, evitiamo al cittadino di mettersi in coda in 9 uffici: anagrafe, conservatoria, tribunale, università, Agenzia delle entrate, Camera di commercio, Pubblico registro automobilistico, Motorizzazione civile, parrocchia. Più che comprare un certificato, il nostro cliente compra il tempo».
Come fate?
«Per un certificato anagrafico o una visura camerale basta il computer. Ma per accedere al casellario giudiziale servono una delega firmata e un documento d’identità dell’interessato. Per cui abbiamo un network di 400 professionisti sparsi in Italia, architetti, ingegneri, geometri, commercialisti, avvocati e notai, che si recano nei vari uffici».
Che documenti vi rilasciano questi uffici?
«I più disparati. Solo per citare i principali: visure, mappe, planimetrie e volture catastali dall’Agenzia del territorio; visure di ipoteche, compravendite e pregiudizievoli dalle conservatorie; casellario giudiziale e certificati per carichi pendenti dai tribunali; certificati di laurea dalle università; visure camerali, protesti, bilanci aziendali, certificati antimafia, report d’impresa ed elenchi soci dalle Camere di commercio; visure di targhe, perdite di possesso dei veicoli, cancellazioni dei fermi amministrativi, copie dei certificati di proprietà, duplicati delle carte di circolazione dal Pra. Ma ci occupiamo anche di certificazioni energetiche, valutazioni e ristrutturazioni di immobili, cambi di destinazione d’uso, accatastamento di nuove costruzioni, volture, calcolo dell’Imu».
Basta così, ho già mal di testa.
«Anche dell’affidabilità di aziende e persone in Italia e all’estero».
Cioè?
«Dati anagrafici, informazioni su protesti e pregiudizievoli, eventuali procedure in corso, attività lavorativa, proprietà di veicoli e immobili, negozi giuridici, depositi di risparmio».
Siete partner dei servizi segreti?
«No, ma abbiamo 6 agenzie d’investigazioni private che lavorano per noi».
I ragguagli sui depositi di risparmio dove vanno a pescarli, mi scusi?
«Dovrebbe chiederlo a loro. So soltanto che ce li forniscono».
I vostri clienti chi sono?
«Per il 50% privati e per il 50% aziende e professionisti. Sono aumentati di 120.000 unità solo nell’ultimo anno. Siamo arrivati a 420.000. Il portale raggiunge quotidianamente i 20.000 visitatori unici. Significa che se lei vi accede quattro volte, viene contato per uno. Quindi stiamo parlando di 20.000 persone che ogni giorno ci contattano».
Che interesse hanno ad aiutarvi gli uffici pubblici, dove una pletora di passacarte è assunta per costringere i cittadini a rivolgersi a loro?
«Nessuno. E infatti non ci aiutano».
Avranno paura di perdere il lavoro.
«Ci detestano. Si limitano a rilasciarci solo i certificati che per legge non possono negarci. Alcuni Comuni contingentano il numero delle nostre richieste: non più di un tot al giorno. È una forma mentis. Si ritengono depositari di un patrimonio inviolabile».
Ma quanto tempo perde uno dei vostri 400 partner sul territorio ad andare per uffici?
«Anche giornate intere. Gli accatastamenti di nuove costruzioni, per esempio, sono complicatissimi».
Immagino che il tariffario sarà in proporzione all’impegno.
«Va dai 7 euro per la visura dei protesti ai 475 euro per un report di affidabilità completo sulla persona o l’azienda. Ci sono pratiche in cui scendiamo sotto il margine di guadagno pur di fidelizzare il cliente. Se richiedesse le stesse pratiche a un professionista, spenderebbe il doppio o il triplo e non avrebbe nessuna certezza di riceverle in tempo utile».
Mentre lei si ritiene un fulmine di guerra.
«Qualche scottatura sulla tempistica la prendiamo anche noi.
Molti piccoli Comuni a luglio e agosto chiudono. E poi lei non ha idea di quanti archivi allagati vi siano in giro per l’Italia, e non a causa di inondazioni: sott’acqua tutto l’anno, intendo. Non parliamo dei documenti originali che sono stati strappati e portati via da qualche geometra negli anni Cinquanta, quando non si usavano le fotocopiatrici. Ci sono cittadini che, all’atto di pagare l’Imu, hanno scoperto d’essere proprietari di immobili intestati ad altri. È uno spavento grandissimo. Capita perché un notaio s’è dimenticato di fare l’aggiornamento al catasto. In quei casi forniamo supporto per le necessarie modifiche, altrimenti diventano impossibili le compravendite».
Siete in grado di fornire anche la fedina penale di una persona?
«Sì, ma serve una delega in originale, perché il tribunale concede i certificati del casellario giudiziale e dei carichi pendenti solo al diretto interessato. Di solito a chiederli sono i datori di lavoro. Sarebbe interessante, se si potesse, ottenere quelli dei nostri politici».
Qual è stata la pratica più complicata che vi è capitato di gestire?
«Quella che ci ha dato anche maggiori soddisfazioni. Riguardava un cliente brasiliano di origine italiana, per il quale abbiamo ricostruito l’intero albero genealogico partendo dalla fine del 1800, permettendogli così di ottenere la cittadinanza italiana. Erano più di quattro anni che ci provava per conto suo, senza riuscirci».
Che definizione darebbe di burocrazia?
(Ride). «Io la vedo in chiave positiva».
Lo credo bene: ci campa.
«È un insieme di attività volte a ottenere una documentazione certa. Se poi lei mi chiede qual è l’utilità della certificazione energetica, io le rispondo: boh, e chi lo sa?».
Ecco, mi spiega che cavolo è la classificazione energetica?
«Va da A a G. Più si scende nella scala alfabetica e meno costa l’immobile, in quanto si abbassano le garanzie su efficienza della caldaia, qualità di infissi, muri e pavimenti, esposizione al sole, e aumenta di conseguenza la dispersione termica. È un documento indispensabile per vendere una casa. Il costo dipende dalle dimensioni. In media siamo sui 200 euro. Se lo chiede a un certificatore abilitato, almeno il doppio».
Ma lei sa quando fu inventata la burocrazia?
«Con i Romani, credo. Ha mai visto il cartone animato di Asterix e Obelix costretti a recarsi nella “casa che rende folli” per chiedere il “lasciapassare A38”? Digiti “come richiedere un documento in Italia” su Google e potrà vedersi da Youtube questo istruttivo documento storico».
Perché, insieme con i notai, sopravvive solo in Italia?
«Ogni ufficio gestisce gelosamente i propri dati e non vuole incrociarli con quelli degli altri uffici. Ci aggiunga il protezionismo degli ordini professionali. La burocrazia, per come la intendo io, dovrebbe agevolare, non intralciare».
Avete calcolato quante famiglie mantiene in Italia, a parte la sua?
«L’ha calcolato l’ufficio studi della Confartigianato: solo nelle Regioni un dipendente su tre è superfluo».
I governi parlano continuamente di semplificazione burocratica, di agenda digitale e altre amenità consimili, ma poi tutto resta com’è. Lei si fregherà le mani, suppongo.
«Da cittadino mi farebbe piacere un’evoluzione in quel senso. Il principale ostacolo che si frappone tra la burocrazia e il cittadino è la totale mancanza di informazioni su quali documenti siano richiesti per una specifica pratica. Noi abbiamo un numero verde e anche una chat sul sito che assistono i clienti passo dopo passo nella loro scelta».
Se non fossero stati inventati il computer e la Rete, lei che farebbe in questo momento?
«La guardia forestale. Sono appassionato di animali, di montagna e di trekking estremo. L’estate scorsa ho scalato il Rinjani, 3.726 metri, un vulcano attivo dell’isola di Lombok. Da lassù si ammira tutto l’arcipelago indonesiano. Ma non lo rifarei: troppo faticoso. Una visura urbanistica, al confronto, è una passeggiata».
Stefano Lorenzetto
LORENZETTO Stefano. 56 anni, veronese. È stato vicedirettore vicario del Giornale, collaboratore del Corriere della sera e autore di Internet café per la Rai. Scrive per Il Giornale, Panorama e Monsieur. Ultimo libro: La versione di Tosi (Marsilio).
LORENZETTO Stefano. 56 anni, veronese. Prima assunzione a L’Arena nel ’75. È stato vicedirettore vicario di Vittorio Feltri al Giornale, collaboratore del Corriere della sera e autore di Internet café su Raitre. Scrive per Il Giornale, Panorama e Monsieur. Dieci libri: Cuor di veneto, Il Vittorioso, Visti da lontano e La versione di Tosi. Ha vinto i premi Estense e Saint-Vincent di giornalismo. Le sue sterminate interviste l’hanno fatto entrare nel Guinness world records.