Massimo Calandri, il Venerdì 30/11/2012, 30 novembre 2012
SULLA MONTAGNA INCANTATA PER SALVARSI DALLA FINE DEL MONDO
BUGARACH. Se credete alla profezia dei Maya e alla prossima fine del mondo, la notte del 21 dicembre, allora sappiate che c’è un solo luogo dove – giurano – sarà possibile sopravvivere. Bugarach è un villaggio di duecento abitanti ai piedi di una strana montagna dei Pirenei francesi che da secoli custodisce misteri e strampalate leggende. Favole di segreti templari, di fantasmi catari, di tesori merovingi. Gallerie e passaggi segreti che porterebbero fino ad Atlantide. Reliquie perdute, il Santo Graal, l’Arca dell’Alleanza, criminali nazisti, astronavi extraterrestri, universi paralleli. Perché la roccia sarebbe attraversata da onde magnetiche, crocevia di forze sovrannaturali ed energie positive. Un paradiso esoterico, dove da sempre si celebra ogni genere di rito pagano. Ma ora che il tempo sembra stia per scadere, il paesino e soprattutto la montagna sono prese d’assalto da decine di migliaia di persone alla ricerca disperata della salvezza. Solo suggestione? A pochi giorni dall’Apocalisse, ci ho messo cinque ore per arrampicarmi sino in cima. E poter raccontare questa storia.
Dipartimento dell’Aude, Linguadoca, profondo sudovest francese. Carcassonne è il centro più vicino, per Tolosa ci vuole un’ora di macchina. Il confine spagnolo è proprio al di là delle montagne, Barcellona a trecento chilometri. A volte da quassù si vede il mare. È la terra dell’eresia catara, delle crociate cattoliche e dei massacri di Béziers e Montségur, la «Sinagoga di Satana». Ad ogni valle, paese, valico, corrisponde un mito. Come quello dell’abate Saunière, nella vicinissima Rennes-le Château, del fantomatico tesoro e delle antiche pergamene scoperte sotto l’altare della piccola chiesa, della maledizione che ha colpito chi, dalla fine dell’Ottocento, ha voluto interpretare il mistero. Dicono che a Bugarach abbia soggiornato a lungo Jules Verne, che dalla montagna magica avrebbe preso spunto per alcune opere (Clovis Dardentor, Viaggio al centro della terra) così come Steven Spielberg con il suo Incontri ravvicinati del terzo tipo.
Perché quella è sempre stata una roccia strana. Ipnotica. Però la svolta è arrivata dieci anni fa, con internet. «Qualcuno ha scritto che questo era l’unico posto dove salvarsi dalla fine del mondo. Non ha spiegato perché, gli è bastato diffondere in rete la notizia. Col tempo altri hanno raccontato che nella montagna c’era una porta misteriosa per entrare in un altro mondo. O che sotto terra gli Ufo avevano nascosto delle astronavi che avrebbero portato via gli eletti. E intanto il fenomeno era fuori controllo». Jean-Pierre Delord, il sindaco del villaggio, scuote la testa. All’inizio degli anni Settanta aveva lasciato Parigi e un posto fisso da designer alla Renault per trovare quaggiù il silenzio, l’aria pulita, e mettersi ad allevare capre. Dal Duemila la sua Bugarach è stata presa d’assalto da una folla di turisti molto particolari, che aumenta con il passare del tempo e l’approssimarsi della data fatidica: gruppi vestiti di bianco che intonano canti, altri con la testa rasata che recitano salmi e invocano i marziani, viaggiatori solitari diretti alla montagna che si perdono nei boschi. «Uno l’abbiamo ritrovato cadavere quest’estate, poveretto. Ucciso mesi prima dal gelo invernale. Aveva 17 mila euro in tasca e un libretto di preghiere. Poi ho incrociato una mezza dozzina di Gesù, o simili. Molti apostoli. Bambini che vengono battezzati sulle rive del lago. Sciamani che fanno oscillare un pendolo. E tantissimi eremiti. L’ultimo, uno spagnolo, l’ho fatto sfrattare da una grotta della montagna l’altra settimana. E se mi muore anche lui di freddo?».
Bugarach sta ai pagani come Lourdes – che non è poi tanto distante – ai cristiani, dice. Lo scorso anno Delord ha fatto installare un conta persone sul sentiero che porta alla vetta: ventimila passaggi. Europei soprattutto, ma anche americani, giapponesi, cinesi, australiani. Quest’anno siamo a trentamila, a dicembre sarà il caos. «Ho messo dei divieti di transito agli stranieri nelle stradine interne del paese. Non se ne poteva più, di tutti quei curiosi che ci guardavano come fossimo i figli degli extraterrestri».
Per farsi un’idea del caso, basta tornare su internet: sul motore di ricerca Google, la parola Bugarach è stata cliccata cinque milioni di volte. C’è chi online ha messo in vendita le pietre della montagna magica: dieci euro per un grammo e mezzo di calcare. Chi commercia preghiere personali recitate sul posto (sessanta euro), chi offre la possibilità di sottoscrivere un testamento per l’aldilà e depositarlo nel punto più alto. La salvezza potrebbe essere il business, ma il sindaco da questo orecchio non ci sente proprio. «Quello del testamento per l’aldilà voleva darci il dieci per cento per ogni cliente. Niente male, vero? Gli ho detto di togliersi dai piedi.
E niente souvenir, magliette, bancarelle: ci vuole un po’ di rispetto». Però sembra che i prezzi dei terreni e delle case siano saliti alle stelle. «Balle». Due piccoli alberghi, due trattorie, un camping. «Abbiamo sempre lavorato bene con il turismo, perché qui l’aria è buona e i paesaggi sono straordinari. Dell’altro mondo». Appunto. Delord mi mostra un video su YouTube della montagna magica. Tutto normale. Poi lo fa andare al rallentatore. E dalla cima sembrano come fuoriuscire dei raggi che vanno verso il cielo. «Un trucco, un effetto speciale. Almeno, credo». Ma in tutti questi anni il sindaco le ha sentite le vibrazioni magnetiche, li ha visti gli Ufo? «Mai. Però ho dormito lassù, d’estate». C’era qualcuno che pregava, nell’oscurità. «Io ricordo solo lo spettacolo delle stelle. E un senso di pace interiore».
Per il 21 dicembre è tutto esaurito da mesi, a Bugarach e dintorni. Rommie e Sander, una giovane coppia olandese che gestisce il piccolo albergo Presbytère, mi spiegano che due delle quattro camere sono affittate da italiani. «Giornalisti», scommettono. Rommie a volte trova nelle camere dei piccoli teschi di cristallo dimenticati dai clienti: qualcuno sostiene che sarebbe la moneta necessaria per entrare in contatto con gli Ufo della montagna. «Sciocchezze», sdrammatizza lei. Il Ministero dell’Interno francese tiene gli occhi bene aperti. Il Milivud, la sezione speciale che si occupa di sette, da alcuni anni monitora la zona con i suoi uomini: «Alla vigilia della presunta Apocalisse c’e il pericolo concreto di qualche suicidio di massa», ammette George Fenech, il presidente dell’organizzazione governativa.
E così sono salito sulla montagna, all’alba. Mi sono fatto accompagnare da un fisico olandese, Jacob Sheer, che lavora al Cern di Ginevra. Ci siamo incontrati per caso. Anche lui voleva sapere la verità: scientificamente, senza pregiudizi. Che fortuna, ho pensato. Poi ho scoperto che Jacob, oltre ad essere molto più giovane, è un campione di maratona. «Il 21 dicembre potrebbe cadere un gigantesco meteorite. Quasi all’improvviso, provenendo dalla parte nascosta di Nettuno. Anche se qui sotto ci fosse nascosta un’astronave, dubito che farebbe in tempo ad andarsene».
E la porta intersiderale d’accesso al mondo parallelo? Interessante. Mai dimostrato l’esistenza di niente del genere», mi ha risposto. Ha scelto la via più difficile, ci siamo perduti un paio di volte, ma grazie a una mappa abbiamo raggiunto la vetta. Alla fine ci sono volute cinque ore, una fatica immane. Faceva freddo, tirava un terribile vento da sud, nell’ultima parte sembrava un paesaggio lunare. Abbiamo incrociato una mezza dozzina di normalissimi escursionisti ma anche due mamme, ognuna con un bambino molto piccolo sulle spalle: hanno tirato dritto, senza rispondere al nostro saluto. «Se guardi bene, quelle rocce hanno la forma di una navicella spaziale. E le pietre sotto non sembrano degli uomini blu?», scherzava Jacob, mentre io ansimavo. Sulla cima, quel che restava di un basamento in pietra e ottone. «C’era una specie di Madonna nera, una scultura pagana. L’ho fatta portare via», mi aveva già raccontato il sindaco.
Sull’altro versante, pochi minuti a piedi, un sorprendente e ampio prato verde circondato da siepi. È qui che la notte si celebrano i riti, si canta, ci si mette in contatto con i marziani. O più semplicemente, si guardano le stelle. A terra, pietre bianche disposte a formare diversi cerchi e incomprensibili traiettorie. I resti di alcuni falò. Ho chiuso gli occhi per un po’, poi li ho riaperti per osservare un panorama mozzafiato, dal mare catalano ai Pirenei, alle valli più a nord. Con il mio amico ci siamo guardati negli occhi e stavamo per scoppiare a ridere, quando abbiamo sentito uno strano rumore. Come il cigolio di una porta. Forse era solo il vento.