Paolo Conti, Corriere della Sera 04/12/2012, 4 dicembre 2012
MINOLI: VERIFICO IN TV LE PROMESSE DEI POLITICI —
Il «numero zero», cioè la trasmissione di prova, è stata esaminata giorni fa dal direttore generale della Rai, Luigi Gubitosi, dal suo staff e da alcuni direttori di rete. Giovanni Minoli ha messo a punto, con gli autori e la redazione de «La Storia siamo noi», un nuovo format di approfondimento politico: «Il candidato - La politica alla prova dei fatti». Quanto di più lontano dalle arene televisive «urlate» degli ultimi anni. Spiega Minoli: «Sono partito da un’idea ben precisa. Cioè che le parole usate negli ultimi anni nei talk show hanno progressivamente perso il rapporto con il loro stesso significato e sono diventate solo proiettili per colpire l’avversario. Quindi inservibili per ragionare e per capire. Noi abbiamo rovesciato il ragionamento e siamo partiti invece dal significato, dal "senso" delle parole proprio per ragionare e per capire».
«Il candidato» usa come strumento volutamente neutro di valutazione di un politico non la sua capacità di gridare o di sovrapporsi all’altro, né il suo appeal mediatico, ma la sua lealtà nei confronti dei cittadini-elettori. Dichiarazioni e promesse vengono analizzate minuziosamente dalla redazione con il metodo del «fact-checking», cioè il riscontro dettagliato di quanto è stato detto con la verifica delle fonti e l’accertamento dei fatti. Così emergono approssimazioni e imprecisioni o, al contrario, si evidenzia la coincidenza con la verità. Alla fine dell’esame, un vero e proprio «timbro» (vero, falso) segnala al telespettatore ogni verdetto, quesito dopo quesito, con un ritmo televisivo volutamente incalzante per approdare al giudizio finale e a una graduatoria. Sarà infatti in azione un «Veritometro» per distinguere la lealtà dalla mistificazione e stabilire la classifica dei personaggi esaminati.
Spiega ancora Minoli: «Quando Gianfranco Fini e Pier Luigi Bersani furono ospiti di Fazio e Saviano a "Vieni via con me" la politica certificò la sua sudditanza alla televisione che l’aveva sconfitta. Da troppo tempo, nelle trasmissioni che si occupano del dibattito italiano, emerge il conduttore e arretra ciò che riguarda i partiti e le idee. Questo è, invece, un programma a favore della politica. Tutto giocato sulla credibilità e la trasparenza, parole-chiave indispensabili per il passaggio dalla seconda alla terza Repubblica»
Il numero zero della trasmissione è stato mostrato alla direzione generale della Rai in vista delle imminenti elezioni politiche. Il format prevede anche la creazione di un sito, sotto campagna elettorale, per monitorare e analizzare in tempo reale l’attività e l’impatto dei candidati alla presidenza del Consiglio: la sua agenda, la comunicazione, tutte le dichiarazioni e le promesse (ma anche le opinioni), quindi il grado di credibilità, affidabilità e coerenza. I politici non compaiono mai in studio se non con le loro apparizioni pubbliche. I verdetti sono poi studiati da alcuni ospiti della puntata: commentatori, spin doctor, sondaggisti. Inevitabilmente la rete avrà un notevole ruolo, in tutto questo: assieme al «fact checking» si ricorre anche al «Data journalism», ovvero alla valorizzazione della crescente quantità di dati e di informazioni (a proposito dei candidati, ma non solo) presenti online.
Sottolinea Minoli: «I recenti faccia a faccia Bersani-Renzi hanno ottenuto sia su Sky, ma soprattutto su Raiuno, ascolti clamorosi. Ciò significa che gli italiani hanno gran sete di un confronto sottratto al rumore, alla confusione. Cioè di essere ricondotti alla verità. Il format de "Il candidato" tiene conto di tutto questo dimostrando come, ancora una volta, la Rai sia in grado di ricorrere alle sue migliori forze interne per mettere a punto una proposta in linea con lo spirito di un servizio pubblico capace di innovare restando strettamente aderente ai fatti».
Ma la politica italiana, abituata ai talk show e allo scontro, si adatterebbe a un format come questo? «Trattandosi di un approccio volutamente da tv pubblica, non avrà che da guadagnarci. Proprio in termini di rapporto autentico, e ritrovato, con un telespettatore che è contemporaneamente anche cittadino e quindi elettore».
Paolo Conti