Francesca Paci, La Stampa 4/12/2012, 4 dicembre 2012
La prima tappa del candidato premier Bersani è Tripoli, dove il responsabile relazioni internazionali del Pd Lapo Pistelli lo attende per l’offensiva estera, quella che «affronta l’impegno globale che attende l’Italia»
La prima tappa del candidato premier Bersani è Tripoli, dove il responsabile relazioni internazionali del Pd Lapo Pistelli lo attende per l’offensiva estera, quella che «affronta l’impegno globale che attende l’Italia». Pistelli, perché partire da Tripoli? «Negli ultimi due mesi abbiamo lavorato sull’Europa, ora ci concentriamo sul Mediterraneo che, con i Balcani, è uno dei tre assi della politica estera. La Libia è il primo partner dell’Italia e noi vi abbiamo giocato un ruolo importante prima e durante la rivoluzione, quando chiedemmo di partecipare alla missione che Berlusconi osteggiava». Monti ha riportato l’Italia sul palco delle diplomazie mondiali. Bersani, in questo caso, si muoverà in continuità? «Monti ha riguadagnato la credibilità offuscata da un decennio marcato dalle relazioni personali di Berlusconi, come se la politica estera fosse un’estensione dell’agenda degli amici. Se saremo eletti svilupperemo quanto intuito da Monti, ossia che l’Italia è una media potenza ma, a differenza di altre, ha una rete di interessi globale, come dimostrano il tipo di penetrazione delle nostre aziende e la diaspora italiana. L’obiettivo è coltivare l’Europa, cioè il campo in cui giochiamo, i vicini, ossia Balcani e Mediterraneo, ma essere consapevoli di un’agenda globale rivolta a America Latina, Golfo e Asia montana». Israele non ha apprezzato il voto italiano all’Onu. Ribadite l’impegno per la soluzione «due popoli, due Stati»? «L’approdo all’Onu è stato molto voluto da noi e ha restituito all’Italia l’equivicinanza precedentemente alteratasi. A Israele ribadiamo l’impegno per “due popoli, due Stati” e diciamo che con il voto all’Onu volevamo consegnargli un interlocutore moderato giacché la sola controparte con cui combatteva e faceva accordi sembrava fosse Hamas». Se Bersani dovesse sfidare Monti... «Non lo credo». ...saprebbe mantenere la sua relazione speciale con l’amico americano? «I rapporti di Monti con Obama non sono competitivi, dialoga con l’amministrazione democratica che è il partito con cui noi lavoriamo da 15 anni. Inoltre non penso che possa e sia disponibile a guidare una campagna elettorale con un altro schieramento, ha sempre detto il contrario e il Capo dello Stato gli ha autorevolmente ricordato il suo ruolo di senatore a vita». Renzi è una risorsa? «Sì, nell’ottica della regola d’oro delle primarie Usa, quel principio di lealtà per cui chi perde sostiene chi vince e chi vince rispetta chi perde. Bersani ha detto di aver capito la richiesta di rinnovamento e s’è impegnato a cambiare rassicurando». Si è preso una rivincita su Renzi che tre anni fa lo sconfisse a Firenze? «L’Italia ama la competizione ma poi chi perde resta a vita “il trombato”. Sono sereno perché ha vinto l’idea che preferivo». Bersani lavorerà per la difesa comune europa, F35 compresi? «In Europa la politica diventa comune solo quando si fa il salto di decidere a maggioranza e sulla difesa c’è un cammino da fare. Il tema degli F35 mostra, al di là della difesa, il limite delle politiche industriali comuni che ci hanno visti divisi tra cordate industriali diverse. Gli F35 non sono in discussione ma in tempo di crisi c’è dibattito sulle quantità e sui tempi».