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 2012  dicembre 01 Sabato calendario

MPS, NUOVE REGOLE PER I MONTI BOND

La nazionalizzazione di Banca Mps può attendere. Siena avrà la facoltà di pagare gli interessi allo Stato sui Monti bond (e sui vecchi Tremonti bond) emettendo altre obbligazioni analoghe, cioè altri Monti bond. In questo modo aumenterà il debito, ma non diluirà gli attuali azionisti (a cominciare dalla Fondazione Mps, che ha dato quasi tutte le azioni in pegno ai creditori), nè costringerà lo Stato a diventare un socio importante della terza banca del Paese, una prospettiva che non piaceva troppo a Bruxelles e neppure a Roma.

Un emendamento al disegno di legge che modifica il decreto Sviluppo, presentato ieri in commissione Industria della Camera, chiarisce come il Governo intenda riformulare secondo le indicazioni dell’Unione europea l’intervento a sostegno delle banche con deficit patrimoniale, in questo caso il Monte dei Paschi che ha già formalizzato una richiesta per 3,9 miliardi, comprensiva dell’1,9 miliardi di Tremonti bond già emessi. Il nuovo emendamento, come previsto (vedere il Sole 24 Ore di ieri), stabilisce che in caso di risultato negativo dell’esercizio, gli interessi sui vecchi Tremonti e sui nuovi Monti bond siano corrisposti «mediante assegnazione al ministero del corrispondente valore nominale di strumenti finanziari (Monti bond, n.d.r.) di nuova emissione o di azioni ordinarie, sempre di nuova emissione, al valore di mercato».

In buona sostanza, la banca potrà pagare gli interessi con denaro cash o con titoli propri, che agli attuali corsi di Borsa avrebbero un prezzo di circa 20 centesimi (mentre nella formulazione precedente sarebbe stato di 90 centesimi, perchè calcolato sul valore del patrimonio netto), oppure emettendo altri Monti bond, cioè incrementando il debito nei confronti dello Stato. Questo significa che in aprile, quando la banca approverà il bilancio 2012, sicuramente in perdita, dovendo versare alle casse pubbliche 170 milioni d’interessi sui Tremonti bond, ragionevolmente sceglierà di portare l’esposizione nei confronti dello Stato da 3,9 a 4,7 miliardi, rinviando il problema dell’ingresso di un nuovo ingombrante azionista che avrebbe diluito (e non di poco) la compagine azionaria esistente.

A valori di mercato, quei 170 milioni varrebbero infatti l’8% circa di Banca Mps. Sull’esercizio 2013, poi, gli interessi dei Monti bond peseranno per oltre 390 milioni (il tasso d’interesse sarà del 10%), una cifra che in termini percentuali porterebbe l’azionista pubblico sopra il 20% del gruppo di Rocca Salimbeni. Per la Fondazione Mps sarebbe insostenibile, non tanto perchè costretta a diluirsi in maniera consistente (cosa che comunque dovrà fare nell’arco dei prossimi tre anni, quando scatterà l’aumento di capitale da un miliardo), quanto perchè ha la quasi totalità dei propri titoli Montepaschi (il 33,5 sul 34,9%) in garanzia dei 350 milioni di debito residuo (dopo la ristrutturazione dei mesi scorsi) nei confronti del sistema bancario.

La strada imboccata da Roma mette Rocca Salimbeni nelle condizioni di svitare una nazionalizzazione di fatto e di giocarsi tutte le carte con l’attuazione del piano industriale messo a punto dall’amministratore delegato di Banca Mps, Fabrizio Viola, che prevede di raggiungere una redditività del 7% nel 2015. In soccorso del gruppo toscano potrebbe arrivare anche il calo dello spread, che ridurrebbe le necessità patrimoniali indicate dall’Eba. A Siena ci sperano.