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 2012  dicembre 02 Domenica calendario

UNICREDIT SI CONSOLIDA NEL PATRIMONIO E ACCELERA IN EFFICIENZA E REDDITIVITÀ - C’è

una singolare scansione nel 2012 dell’azione UniCredit: la performance dall’inizio dell’anno (di fatto dal lancio dell’ultimo aumento di capitale da 7,5 miliardi) coincide con il trend positivo iniziato nell’ultima settimana di luglio, quando la Bce ha alzato veri firewall contro l’effetto-spread nell’eurozona. Al di là del dato statistico (che dopo undici mesi è a quota +50%, più del doppia rispetto all’indice bancario europeo) è significativa la reazione successiva dei mercati a due fatti: la capacità del gruppo pilotato dal Ceo Federico Ghizzoni di attrarre ingenti capitali freschi in real time rispetto allo stress test dell’Eba; e la buona valutazione di base che investitori ed analisti continuano ad attribuire a Piazza Cordusio, allorquando decresce la pressione dei fattori esterni (in Europa e particolarmente in Italia) e torna l’attenzione sui fondamentali.

È anche questa la ragione per la quale fasi di relativa convenienza del titolo al listino durante il 2012 hanno favorito sia importanti investimenti istituzionali (l’incremento dal 5 al 6,5% del fondo sovrano Aabar e l’ingresso del fondo Pamplona), sia interventi rilevanti di privati italiani (rafforzamento del gruppo Del Vecchio, entrate dei gruppi Della Valle e Caltagirone). Un mix che allarga ancora lo storico perimetro delle Fondazioni (CariVerona, Crt, CariMonte Holding) e consolida gli assetti strategici stand alone del gruppo: al di là dei rumor (smentiti) su aggregazioni domestiche o di congetture di mercato su ipotesi di spin-off, che restano comunque fuori dall’agenda di azionisti e management.

La lunga transizione

Il mood attento del mercato non è cambiato mano a mano che UniCredit ha comunicato i consuntivi di quello che passerà probabilmente agli annali come l’esercizio più duro per le grandi banche europee e di recessione più grave per l’Azienda-Italia. La solidità patrimoniale, gli equilibri di liquidità e i progressi visibili nel controllo dei costi sono le "buone notizie" confermate anche nei conti dei primi nove mesi, grazie alle azioni implementate con successo dopo l’annuncio del piano strategico 2010-15. L’evoluzione dei ricavi e delle rettifiche nette su crediti in Italia rappresentano invece le principali incognite chiave di outlook, con un 2013 in tendenziale miglioramento macroeconomico nella seconda metà.

Il terzo trimestre ha significativamente comunicato al mercato con un utile netto di periodo di 335 milioni, superiore alle attese: in parte (39 milioni) legato a buyback di bond subordinati. È stata così consolidata la fisionomia del progressivo annuale: 1,418 miliardi in nove mesi - di cui 517 milioni da buyback - con un incremento annuo del 6,4 per cento (al netto degli elementi straordinari 2011). Il margine d’interesse (-4,6%) ha resistito allo compressione dell’euribor, grazie anche al contributo dell’area "Cee & Polonia" (+2,6%, che resta a +0,8% a livello di margine di intermediazione), relativamente più dinamica rispetto all’area "Western Europe" (Italia, Germania, Austria) interna all’eurozona. Tengono - nei nove mesi - anche le commissioni (-3,8%), mentre i profitti da trading registrano un balzo (1,332 miliardi, +54%, al lordo del buyback). Al totale dei ricavi a 9 mesi (18,75 miliardi, al netto del trading non ricorrente), l’Italia contribuisce per il 41% circa,, gli altri paesi dell’Europa occidentale per il 32%, l’area Est Europea per il 27 per cento). Una fotografia equilibrata, congruente con il mix degli Rwa: 35% Italia, 39% Germania, Austria e diversi; 26% Polonia e altri mercati Cee.

La sfida dell’efficienza

A valle dei ricavi (+2% in un anno), due spinte continuano a misurarsi nel conto economico del gruppo: la riduzione dei costi e la crescita degli accantonamenti per i rischi creditizi (trasparente il conto economico Italia, nel quale un +24,4% di margine operativo lordo ottenuto con un deciso -7,2% dei costi viene fortemente eroso da un +10,9% di loan loss provisions). Le azioni sui costi, intraprese con decisione dal management (vedi a lato focus su spese per il personale), sono rese possibili dal ridisegno della struttura organizzativa del gruppo e delle attività italiane. Niente tagli traumatici in agenda: le 3.790 filiali interessate al progetto a inizio 2011 caleranno fino a 3.500 nel 2015, con una forte metamorfosi: a regime il 60% delle filiali saranno infatti "cash-light", cioè alleggerite di molti servizi di base trasferiti a canali tecnologici. nello stesso periodo (2008-2012) le operazioni effettuate attraverso canali diretti sono divenute maggioritarie nel gruppo, crescendo dal 41% al 75% del totale.

Incognita-sofferenze, liquidità ok

Sul versante delle rettifiche, i rischi creditizi sono maggiormente presidiati (+13,2% sui nove mesi, fino a 5,1 miliardi). Il costo del rischio di gruppo è aumentato da 108 a 123 punti base da un anno all’altro: rimane alto in Italia (188) anche se è diminuito dai 209 del secondo trimestre, mentre permane a bassi livelli in Germania e Austria (a 48). Fisiologico il livello di 118 nell’area Cee, dove i tassi di crescita del business rimangono più alti che nell’Europa occidentale. Il totale dei crediti dubbi è in crescita (8,1% il peso sui crediti netti totali), così come le sofferenze, la cui copertura è oggi a quota 55,7%, superiore alla media delle banche italiane.

Il deleveraging - naturale combinazione di situazione di mercato e azione manageriale - ha visto ridursi la leva da 23,4 a 18,9 dal settembre 2011 in poi. Il riflesso evidente è il deciso miglioramento del Core Tier 1 oltre la soglia del 10%: un punto in più della soglia richiesta dall’Eba per metà 2012. Ma il coefficiente è pienamente capiente (9,3%) anche con un’applicazione piena di Basilea 3.

Durante la presentazione dei dati al 30 settembre, UniCredit ha insistito sul miglioramento progressivo della posizione di liquidità, in particolare del funding gap, sostenuto da un’ulteriore crescita trimestrale del finanziamento diretto (+1,1%). Il piano di finanziamento 2012 del gruppo è completato (al 120% in Italia) e il buffer di liquidità a un anno è di 162 miliardi, di cui 132 miliardi immediatamente disponibili presso le banche centrali al netto degli sconti praticati a titolo prudenziale. UniCredit (che ha acceduto alle aste Bce per 26 miliardi triennali) ha incrementato i suoi investimenti finanziari fino a 102,3 miliardi. Di circa 92 miliardi di esposizione in titoli sovrani, l’impegno in bond italiani è a quota 46 per cento.