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 2012  novembre 30 Venerdì calendario

QUANDO IL GIOVANE WARHOL COPIAVA GUIDO RENI


Quando si dice la fortuna di visitare una mostra come Frieze Masters a Londra, mettendo alla prova la propria curiosità anziché il portafogli. Tra i tanti stand che offrivano opere milionarie (Acquavella con Bacon, la Galleria d’arte Maggiore con Morandi, Thomas Gibson con Giacometti, Nahmad con Calder), quello del gallerista e collezionista tedesco Daniel Blau saltava agli occhi per il suo approccio più di ricerca. Una cinquantina di disegni autografi di Andy Warhol di costo contenuto, dai 20mila euro in su, “niente” rispetto ai dipinti jackpot del mercato, come quelli di Mao o di Marilyn. Le opere che osservo sono quelle di un Warhol alla Cocteau, molto europeo, ante-pop e Anni 50. Due chiacchiere con Blau, e dal suo cassetto segreto emerge questo foglio Sleeping Cupid (pubblicato in esclusiva), che rimanda a una grafica del bolognese Coriolano (?1599/1676), eseguita su commissione del pittore Guido Reni, che aveva approntato un disegno da riprodursi più volte, con la tecnica dell’incisione a chiaroscuro. La più vicina al facsimile di un disegno. Ecco il sottile legame tra Warhol e Reni, entrambi interessati a moltiplicare le proprie opere, il primo con la serigrafia, l’altro con l’incisione. Reni, giocatore d’azzardo, a corto di soldi, li rimediava anche guadagnando sulle grafiche di Coriolano, con il quale aveva stretto una collaborazione. Ma per il confronto diretto tra Warhol e Reni, l’anello mancante era il disegno originale. Lo abbiamo rintracciato a Londra, nella collezione della Regina Elisabetta. Ma già apparteneva a Giorgio III. «Quando ho avuto in mano quel disegno dell’angelo, realizzato da Warhol, ho subito riconosciuto che si riferiva all’incisione di Coriolano. Per incredibile coincidenza, quella stessa grafica fa parte della mia raccolta privata». Ma come si arriva, improvvisamente, a scoprire 300 inediti di Warhol, di cui questo Sleeping Cupid fa parte? «La Fondazione Warhol, secondo le volontà testamentarie dell’artista, può vendere per autofinanziarsi. Dopo la morte di Warhol, le persone che lavoravano alla fondazione conoscevano molto bene le opere dell’ultimo periodo, ma non quelle degli Anni 50, finite nel “dimenticatoio”».

Coup de théâtre. Naturalmente, poi, sono andati a ritroso nella schedatura. «La Fondazione Warhol non è un negozio, ma un luogo “misterioso”. Oggi, fare un’esposizione su Warhol-Elvis è impensabile, con tutti i lavori venduti. Quando sono stato da loro mesi fa, il materiale che avevano a disposizione era molto poco. Volevo trovare qualcosa di eccitante, magari della serie delle proteste comuniste. L’archivista è sparito ed è ritornato con alcune cartelle sotto il braccio. Contenevano un corpus di disegni risultati inediti. Anche per loro una scoperta, essendo stati catalogati nel ’90, come carte d’archivio. Quindi materiale non commerciabile. Non immaginavano fossero disegni originali. La scoperta che ho fatto di quei 300 disegni inediti è il risultato di un rapporto di fiducia tra me e Vincent Fremont, il contatto giusto alla Fondazione». Il primo specialista a interessarsi ai disegni di Warhol è stato Rainer Crone nel 1976, con un libro, uno dei pochi punti di riferimento. Per la maggiore andavano i dipinti dei fiori, i car crash, o le Jackie, gli Elvis, i soggetti che lo hanno reso famoso. «Gli americani guardano sempre al futuro, e poco al passato. Quindi anche Warhol è stato visto sempre e solo nella prospettiva pop. E quello che ha realizzato negli Anni 50 era come “trasparente”. In effetti anche lui ha sempre guardato avanti», continua Blau.

Il lato oscuro. Oggi invece la considerazione del lavoro “oscuro”, germinale dell’artista, è cambiata. «Quando un’opera viene venduta a cifre elevatissime, questo alimenta il mito. Ma nella sua carriera, Warhol ha realizzato disegni e grafiche per tutte le tasche: anche i dipinti li ha fatti dal formato più piccolo al più grande. Negli Anni 60/70/80 la sua produzione di disegni è andata diminuendo. Aveva scoperto il potenziale della serigrafia. Di alcuni disegni faceva tre-quattro copie, riproducendo serialmente gli stessi soggetti, anche in modo molto economico. Ma ogni ripetizione era un’opera unica. Procedeva tecnicamente con un foglio trasparente sul quale disegnava, e che poi veniva proiettato e trasferito su fogli di carta, con motivi sempre identici, ma che lui restituiva in modo diverso. E nei disegni degli Anni 50 si ritrovano quegli stessi soggetti che poi avrebbe sviluppato nei suoi dipinti degli Anni 60 (i fiori, i car crash, i ritratti, gangster, pistole, race riots). Come gallerista mi piace lavorare anche su mostre di ricerca, come questa su Warhol al museo Louisiana di Humlebaek, dall’8 gennaio. Mi diverte. Sono un gallerista, ma anche un collezionista, quindi ho una visione un po’ diversa delle cose».