Paolo Baroni, La Stampa 1/12/2012, 1 dicembre 2012
GLI INATTIVI TORNANO SUL MERCATO E LA CRISI DEL LAVORO ACCELERA
Il boom dei disoccupati, già drammatico di per sè, nasconde una realtà ancora più allarmante. A ottobre, infatti, metà dei senza lavoro che si sono registrati in più in Europa sono italiani: 95mila su un totale di 173mila unità. Tutti gli indicatori hanno toccato nuovi massimi: nuovo record della disoccupazione giovanile, nuovi picchi per il lavoro precario e per i contratti part-time. A ottobre siamo arrivati all’11,1%,ma solo nel terzo trimestre di quest’anno la disoccupazione è crescita di 2,1 punti rispetto a 12 mesi prima. Siamo al 9,8%: 8,8% per gli uomini, 11% per le donne. Un aumento molto forte, diffuso in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale, che colpisce allo stesso modo maschi e femmine, e nel 50% dei casi riguarda gli over 35. In un caso su due l’aumento della disoccupazione è frutto della perdita del posto di lavoro. Segno che la crisi morde sempre più duro e che, in molti casi, gli ammortizzatori sociali si stanno esaurendo.
Ottobre nero
Lo scorso mese i disoccupati sono cresciuti di quasi 100mila unità contro i 644 mila degli ultimi 12 mesi, questo significa che rispetto alla media mensile di circa 50 mila disoccupati in più nell’ultimo mese la crisi del lavoro ha fatto segnare una preoccupante accelerazione. Sempre più disperata la situazione del Mezzogiorno dove la disoccupazione giovanile arriva al 43,6%.
Part time involontario
Gli occupati a tempo parziale aumentano in maniera molto significativa: sono 401mila in più e sfiorano quota 3,9 milioni. E’ il valore più alto dal 1993. E come spiega l’Istat si tratta in gran parte (58%) di part-time involontario, ossia di lavori accettati in mancanza di occasioni di impiego a tempo pieno. In parallelo gli occupati a tempo pieno continuano a diminuire (-2%, pari a -398mila unità) e questo soprattutto al Sud.
Sempre più precari
Il 10,7% degli italiani ha un contratto a termine. Circa la metà dei nuovi assunti (83mila a ottobre, +3,5%) ha un’età inferiore ai 35 anni ed ha trovato occupazione nel settore dei servizi, commercio, alberghi e ristorazione. Aumentano anche i collaboratori (+45mila unità), soprattutto nei servizi alle imprese e nell’assistenza sociale. Da quando l’Istat ha inaugurato le serie storiche il numero dei precari tocca così il picco massimo: 3 milioni. In dettaglio: 2.447.000 dipendenti a termine (1.760.000 a tempo pieno e 687mila part time) e 430mila collaboratori. È l’effetto crisi: buona parte delle nuove assunzioni avviene con queste modalità, il contratto a tempo indeterminato è sempre più un sogno.
Giù gli inattivi
Al volgere del quarto anno di crisi la sfiducia fa scendere del 4% (-601mila unità) il totale degli inattivi. Probabilmente - rileva l’Istat - a causa della discesa di quanti non cercano più e non sono disponibili a lavorare. Ma mentre aumenta la partecipazione al lavoro di donne e giovani si riduce la quota degli inattivi di età compresa tra i 55 ed i 64 anni. Si tratta di lavoratori che si presume siamo rimasti al lavoro in seguito delle nuove norme che hanno innalzato l’età per andare in pensione.
Occupati stabili
Nella sventagliata di dati dell’Istat un dato positivo però c’è: a ottobre il numero degli occupati si è infatti stabilizzato a quota 22 milioni 930 mila. Calano ancora gli uomini (-149mila) e salgonole donne, aumenta l’occupazione più adulta, con almeno 50 anni, e cala quella dei più giovani e dei lavoratori compresi nella fascia 35-49enni. Segno che le imprese quando decidono di assumere un lavoratore puntano sull’esperienza.
Chi cresce e chi cala
Non tutti settori si comportano allo stesso modo: più di tutte perdono quota le costruzioni (1.726.000 occupati, -5,8%), l’agricoltura (-4,3% a 852mila) e l’industria (-2,9% a 6.307.000). Tutti cali compensati dai servizi che salgono di un altro 1,5%, ovvero 230 mila unità in più, a quota 15.793.00. Mentre le regioni del centro sono stabili (4.819.000 occupati), il sud scende ancora (-0.4% a 6.208.000). Solo le regioni del Nord mettono a segno un incremento dei posti (+0.2% a quota 11.924.00, equamente divisi tra lavoratori dipendenti e autonomi). Ma ovviamente è presto per chiamarla ripresa.