Fabrizio Massaro, CorrierEconomia 03/12/2012, 3 dicembre 2012
MPS. PERCHE’ SIENA HA IL SENSO (FORZATO) DELLO STATO
Un anno di tempo per recuperare redditività e utili sufficienti ad evitare che il Tesoro entri pesantemente nel capitale della banca. È questa la missione che in Mps si sono dati il presidente Alessandro Profumo e l’amministratore delegato Fabrizio Viola; a questo serviranno i 500 milioni in più di Monti bond (i vecchi Tremonti bond aggiornati) richiesti dalla banca senese per rispettare i parametri fissati dall’Autorità bancaria europea (Eba) a settembre del 2011. Alla fine la scelta di Mps è stata di richiedere 3,9 miliardi di euro, il massimo consentito dal decreto. E c’è una ragione precisa: quel mezzo miliardo in più — dai 3,4 miliardi indicati a giugno per coprire l’ammanco patrimoniale da 3 miliardi — sarà usato per sistemare una complessa catena di finanziamenti che regge il castello di Btp e derivati che tanti guai (e perdite) ha procurato all’istituto. Ad agevolare il tutto è arrivato l’emendamento presentato giovedì 29 novembre in commissione Industria del Senato dai relatori Simona Vicari (Pdl) e Filippo Bubbico (Pd), che ha concesso alla banca i tempi supplementari.
Niente Tesoro in banca
Di fatto la nuova versione dei Tremonti bond consentirà al Montepaschi di pagare le cedole sulle obbligazioni — in caso di assenza di utili, come è probabile per il 2012 — non in azioni ma con ulteriori nuovi Monti bond. In realtà il decreto offre un doppio binario a Mps, consentendo di optare anche per il pagamento in azioni, sia pure valutate a prezzi di mercato (come imposto dalla Commissione Ue) e non più a valore di patrimonio come previsto dal decreto originario. Ma è proprio questo che si voleva evitare. E dunque è ipotizzabile che Mps scelga la via delle nuove obbligazioni. In sostanza si è evitato, almeno per quest’anno, l’ingresso del Tesoro in Mps all’8-9%.
Sarebbe stata questa la conseguenza del pagamento in azioni a valore di mercato (oggi 0,20 euro circa) dei 170 milioni di cedola sugli attuali 1,9 miliardi di Tremonti bond in essere. Ora invece i bond saranno ripagati con altri bond: in questo modo, se Mps chiederà effettivamente 3,9 miliardi, l’ammontare complessivo dell’esposizione del Tesoro verso la banca arriverebbe a circa 4,16 miliardi.
Inoltre si sposta avanti di un anno e mezzo il problema di remunerare il Tesoro: venendo emessi nel 2013, gli altri due miliardi di nuovi Monti Bond — la cui cedola dovrebbe essere del 9-10% — si pagherà sulla base del bilancio annuale, dunque ad aprile 2014. E in un anno e mezzo tante cose possono succedere.
Aiuto alla Fondazione
Il vantaggio per la banca e i soci è immediato: la Fondazione Mps, che ha il 34,9% quasi tutto in pegno alle banche a garanzia di un credito residuo di 350 milioni circa, non vedrà diluito il patrimonio (almeno quest’anno); e visto che il termine per l’emissione dei bond è stato spostato al 31 gennaio, la banca avrà più tempo per rinegoziare le strutture di finanziamento dei titoli di Stato.
La decisione di chiedere i 500 milioni in più è stata anche conseguenza della maggiore conoscenza di quei vecchi finanziamenti da parte del nuovo management, a cominciare dal direttore finanziario Bernardo Mingrone. Tra questi ce ne sono diversi che nel corso del tempo, per come sono stati strutturati, si sono rivelati molto onerosi, intaccando così in maniera pesante il margine di interesse, che infatti è negativo. Per questo motivo Mps potrebbe trovare conveniente pagare circa 45 milioni in più di interessi pur di riuscire ad estinguere quei contratti e riscriverli in maniera più favorevole. Se questa strada invece non dovesse essere precorribile, i 500 milioni potrebbero anche non essere necessari. Vediamo il meccanismo.
Il costo dei Btp
Attualmente i 21 miliardi di Btp in pancia a Mps rendono appena 65 milioni: da un lato perché la banca ha sottoscritto dei derivati (swap) con i quali ha rinunciato al coupon previsto per proteggersi da un eventuale rialzo dell’euribor; solo che il mercato è andato al contrario (oggi quello a 1 mese è a 0,11) e dunque la banca ha visto drasticamente ridursi il rendimento dei suoi Btp. In più quei bond — almeno per 5 dei 21 miliardi — sono finanziati attraverso strutture complesse che prosciugano quel residuo rendimento (le cifre non sono rese pubbliche perché informazioni sensibili, specie in una fase di rinegoziazione). Insomma, è come se adesso Mps rinegoziasse un mutuo oneroso: lo estingue, pagando una penale, per farne un altro più conveniente e che porti benefici diretti al margine di interesse. Non dovrebbero invece essere toccati gli swap: essendo l’euribor ai minimi, il danno è stato già tutto subìto dalla banca e il rendimento può solo migliorare (se l’euribor sale). Poi c’è lo spread: a settembre 2001, quando venne chiuso l’esercizio Eba, il differenziale Btp/Bund era attorno a 400 punti, mentre adesso è sui 320. Ancora di più, dunque, i destini di Siena sono legati a quelli dell’Italia.
Fabrizio Massaro