Lettere a Sergio Romano, Corriere della Sera 02/12/2012, 2 dicembre 2012
IL CASO DEGLI «SBORNIA BOND» FAVOLA PER I TEMPI MODERNI
Questa è una storiella svizzera. Sembra che il suo autore lavori per una grande banca della Confederazione. «Helga è la proprietaria di un bar, di quelli dove si beve forte. Rendendosi conto che quasi tutti i clienti sono disoccupati e che dovranno ridurre le consumazioni, escogita un geniale piano di marketing, consentendo loro di bere subito e pagare in seguito. Segna quindi le bevute su un libro che diventa il libro dei crediti (cioè dei debiti dei clienti). La formula "bevi ora, paga dopo" è un successone: la voce si sparge, gli affari aumentano e il bar di Helga diventa il più importante della città. Lei ogni tanto alza i prezzi e naturalmente nessuno protesta, visto che nessuno paga. La banca di Helga, rassicurata dal giro d’affari, le aumenta il fido. In fondo, dicono i risk manager, il fido è garantito dai crediti che il bar vanta verso i clienti: il collaterale a garanzia. Intanto l’Ufficio Investimenti & Alchimie finanziarie della banca ha una pensata geniale. Prendono i crediti del bar di Helga e li usano come garanzia per emettere un’obbligazione nuova fiammante e collocarla sui mercati internazionali: gli "Sbornia Bond". I bond ottengono subito un rating di AA+ come quello della banca che li emette, e gli investitori non si accorgono che i titoli sono di fatto garantiti da debiti di ubriaconi disoccupati. Dato che rendono bene, tutti li comprano. Conseguentemente il prezzo sale, quindi arrivano anche i gestori dei Fondi pensione a comprare, attirati dall’irresistibile combinazione di un bond con alto rating che rende tanto e il cui prezzo sale sempre. E i portafogli, in giro per il mondo, si riempiono di "Sbornia Bond". Un giorno però alla banca di Helga arriva un nuovo direttore che sente odore di crisi e, per non rischiare, le riduce il fido e le chiede di rientrare per la parte in eccesso al nuovo limite. Helga, per trovare i soldi, comincia a chiedere ai clienti di pagare i loro debiti. Il che è ovviamente impossibile essendo loro dei disoccupati che si sono anche bevuti tutti i risparmi. Helga non è quindi in grado di ripagare il fido e la banca le taglia i fondi. Il bar fallisce e tutti gli impiegati si trovano per strada. Il prezzo degli «Sbornia Bond» crolla del 90%. La banca entra in crisi di liquidità e congela l’attività: niente più prestiti alle aziende, l’attività economica locale si paralizza. I fornitori di Helga, che in virtù del suo successo le avevano fornito gli alcolici con grandi dilazioni di pagamento, si ritrovano ora pieni di crediti inesigibili visto che lei non può più pagare. Purtroppo avevano anche investito negli "Sbornia Bond" sui quali ora perdono il 90%. Il fornitore di birra inizia prima a licenziare e poi fallisce. Il fornitore di vino viene invece acquisito da un’azienda concorrente che chiude subito lo stabilimento locale, manda a casa gli impiegati e delocalizza a 6.000 chilometri di distanza. Per fortuna la banca viene salvata da un mega prestito governativo senza richiesta di garanzie e a tasso zero. Per reperire i fondi necessari il governo ha semplicemente tassato tutti quelli che non erano mai stati al bar di Helga perché astemi o troppo impegnati a lavorare. Bene, ora potete dilettarvi ad applicare la dinamica degli "Sbornia Bond" alle cronache di questi giorni, giusto per aver chiaro chi è ubriaco e chi sobrio».
Giovanni Decio
giovanni.decio@alice.it
Agli inizi del Settecento un medico olandese, Bernard de Mandeville, descrisse la nascita del capitalismo in un poemetto satirico, La favola delle api, che dimostrava come la somma dei vizi privati potesse produrre, nel grande alveare della società, una utilissima combinazione di dinamismo, intraprendenza, concorrenza e quindi, in ultima analisi, di maggiore ricchezza per tutti. Ma non aveva previsto che la somma della stupidità e dell’ingordigia potesse distruggere così rapidamente la ricchezza accumulata dalle sue instancabili api. Spero che la favola degli «Sbornia Bond» abbia lo stesso successo di cui ha goduto La favola delle api.
Sergio Romano