Matteo Mion, Libero 30/11/2012, 30 novembre 2012
VIA LIBERA DALLA CASSAZIONE CAMBIARE REGIONE SI PUÒ
[Il Comune di Feltre ottiene l’autorizzazione al referendum per passare dal Veneto al Trentino: a marzo il voto. Tantissimi paesi pronti a seguirne l’esempio] –
Lo Stato italiano non permette al Veneto di abbandonare l’Italia, ma ad contrariis consente ai comuni veneti di trasferirsi nelle regioni confinanti. Il raffinato pensiero costituzionale sotteso alle ragioni con cui la Corte di Cassazione ha autorizzato il referendum di Feltre e altri paesi montani per traslocare in Trentino e in Friuli Venezia-Giulia ancora non è dato conoscere. È, però, difficile comprendere perché i comuni siano ritenuti dalle corti romane liberi di autodeterminarsi, mentre le regioni non possano godere di altrettanta autonomia. Mezzo bellunese, Cortina d’Ampezzo inclusa, da anni ormai vuole abbandonare la regione veneta, perché, trasferendosi oltreconfine, i privilegi aumentano. Infatti, Trentino e Friuli sono regioni a statuto speciale e le comunità montane godono di contributi a fondo perduto che in Veneto non vedranno mai.
Ecco, allora, che Falcade, Agordo, Cortina, Feltre e molti altri hanno raccolto le firme e inviato al vaglio della Suprema Corte il seguente quesito referendario da sottoporre ai cittadini: «Vuoi abbandonare il Veneto cornuto e mazziato dal Palazzo roman-napolitano e trasferirti nella regione confinante per essere profumatamente finanziato e agevolato, trattandosi di ente a statuto speciale?». La Cassazione ha avallato questa schifezza per i cittadini di Feltre che a marzo andranno a votare.
Proprio l’altro ieri, intanto, il Consiglio regionale del Veneto ha dato mandato a Zaia di tessere relazioni istituzionali con Ue e Onu per ottenere lo svolgimento di un referendum concernente la libera autodeterminazione della Serenissima repubblica rispetto allo Stato italiano. Peccato di lesa maestà. Roma ha risposto subito da par suo, minando l’unità del popolo veneto: mezza Belluno voti quello che gli altri veneti non possono. La repubblica italiana, infatti, è fondata sul lavoro e sulla costrizione giuridica. L’autonomia di questo o quell’ente è a discrezione del solito funzionario romano, abbia esso l’ermellino o funzioni quirinalizie. Chi non è d’accordo stia attento, perché, oltre a beccarsi lo sfottò del festeggiamento del cento-cinquantenario dell’unità nazionale, rischia pure l’ammissione dei referendum autonomisti dei comuni che lo compongono. Capito Veneto?! Il Piave oggi lo passano tutti: stranieri, referendari e chiunque lo desideri, ma non i Veneti. Varchino il Rubicone in direzione sud a piacimento, ma non s’azzardino ad ammiccare a settentrione. Al massimo qualche accordo commerciale di contentino con Carinzia e Slovenia, ma indipendenza zero.
I cittadini di Feltre hanno compreso che l’Italia non concederà mai alcuna forma di autonomia al Veneto, quindi meglio abbandonare la causa della Serenissima per rincorrere l’Aquila rossa del Sud Tirolo. Il sindaco feltrino annuncia voto contrario al referendum, ma è difficile biasimare chi non lo seguirà. Se proprio nell’Italietta di don Monti in Napolitano bisogna stare, allora meglio rimanerci godendo dei privilegi di un siculo. Crocetta, appena eletto governatore della Trinacria, ha dichiarato che non licenzierà migliaia di forestali inutili, perché devono comprare il latte ai loro figli. Non si può certo contraddire una simile prodezza solidaristica, ma sorge un dubbio. Chi, come un abitante di Feltre, non è siculo e non gode del latte e dei fondi a pioggia delle regioni a statuto speciale, deve giocoforza scappare dal Veneto o è possibile che avanzi qualche briciola della pappatoia romana anche per costui? Così non fosse, da leguleio polentone alimentato a risi e bisi, chiedo agli eminentissimi giuristi porporati della massima giurisdizione laziale: se Feltre può andarsene dal Veneto, perché il Veneto non può andarsene dall’Italia?
Grato della risposta e ancor più dell’indipendenza…