Camillo Langone, Libero 2/12/2012, 2 dicembre 2012
LA NOSTRA STORIA NON ABITA IN PIAZZA KENNEDY
[Restituire agli italiani le loro tradizioni? Cominciamo a ridare a strade e vie i loro nomi originali. Cancellando la toponomastica ideologica che cambia piazza Erbe in piazza Battisti] –
Ne è valsa la pena, fare otto ore di treno per arrivare a Lecce. Perché mi è bastato intervenire per pochi minuti a un convegno (a cui fra l’altro non volevo partecipare perché non sarebbe servito a niente, pensavo) per scatenare in città la controrivoluzione toponomastica. Un interventino vario ed eventuale sul concetto di bellezza urbana in cui la questione dei nomi delle vie occupava solo una piccola parte, pochi secondi. Ma evidentemente un fuoco covava sotto la cenere e per ravvivarlo bastava una scintilla: la mia frase sulla necessità del restauro dell’onomastica stradale per ridare identità e valore ai centri storici.
Qualcuno fra il pubblico si è acceso e il Quotidiano di Puglia ci ha aggiunto la sua benzina organizzando un sondaggio per chiedere ai leccesi: piazza Mazzini o piazza Trecentomila? Io, nella mia ignoranza riguardo Lecce, non avevo mai sentito parlare di questa diatriba. Spigolando su internet avevo trovato, fra i nomi da ripristinare, un poeticissimo largo delle Scalze, e poi una via dei Barbieri, una via dei Piattari, però nessuna piazza Trecentomila. Sapevo, avendolo letto sulla guida del Gambero Rosso, che il leccese 300.000 Lounge è uno dei più premiati bar d’Italia ma ero all’oscuro della motivazione del curioso nome.
Eccola: il locale si trova dove nel 1956 accorsero 300.000 fedeli per partecipare al Convegno Eucaristico Nazionale, un numero enorme che suscitò scalpore e che rimase nella memoria dei leccesi fino a oggi e sulle targhe stradali fino agli anni Settanta, quando una giunta comunale evidentemente antieucaristica (ma a quel tempo non comandavano i democristiani?) pensò di rottamare un toponimo fantastico, unico al mondo, per sostituirlo con un toponimo seriale, il solito Giuseppe Mazzini.
Capisco che questo caso possa far pensare a una sorta di reazione cattolica, ma non è così. Il 61% dei leccesi (questo il risultato del sondaggio) che rivuole piazza Trecentomila non è composto da papalini ma semplicemente da cittadini che vogliono sia ridata a Lecce la memoria di Lecce.
Se al posto di Mazzini ci avessero piazzato un personaggio vicino alla Chiesa, che so, un De Gasperi, non sarebbe cambiato niente, sarebbe stata comunque un’usurpazione. Il concetto è il seguente: se una piazza possiede un nome naturale va liberata dal nome artificiale, come si fa nel campo dei restauri architettonici quando si eliminano le cosiddette superfetazioni, i balconi posticci, le aggiunte bislacche. In tutta Italia, mica solo a Lecce.
Qualche esempio lungo la Penisola: a Novara piazza delle Erbe si chiamava così per via del mercato ortofrutticolo, non ha senso chiamarla Cesare Battisti che in quel posto non ci ha mai comprato neppure un sedano; a Bologna piazza Prefettura si chiamava così perché c’è la prefettura, tirare in ballo Roosevelt ha solo confuso le acque; a Roma piazza Esedra si chiamava anche ufficialmente così per via della forma particolarissima, appunto a esedra, e intitolarla alla Repubblica è stato talmente irrispettoso della peculiarità del luogo che i romani giustamente continuano a dire piazza Esedra. Potrei andare avanti a lungo, esistono casi analoghi in ogni città italiana, anzi in ogni centro abitato, anche piccolissimo.
La peste della toponomastica ideologica, retorica e paracadutata, ha parzialmente risparmiato solo alcuni comuni toscani e veneti, in special modo Venezia dove a parte un’incongrua via Garibaldi lo stradario è rimasto quello della Serenissima. Ci pensate a cosa sarebbe successo se un sindaco impazzito, magari sull’onda emotiva della strage di via Fani, avesse cercato di trasformare piazza San Marco in piazza Aldo Moro? Sarebbe insorto il mondo intero Purtroppo il mondo non presta la medesima attenzione a Ravenna, che pure non è l’ultima arrivata, e così, senza colpo ferire, piazza del Mercato un brutto giorno è divenuta piazza John Fitzgerald Kennedy, un nome novecentesco che stona, stona moltissimo, con i circostanti palazzi secenteschi. Mi sa che bisogna augurare a Obama vita lunghissima e morte naturale, per allontanare il rischio di una nuova strage di toponimi locali.
Se sono bastate due parole pronunciate a un convegno per riaccendere nei leccesi la passione per le proprie piazze, ovvero per sé stessi, allora forse devo proseguire in questa direzione. Tanto per cominciare dovrei andare a Padova a spiegare quanto sia meglio via Spirito Santo rispetto a via Marsala e poi a Firenze per far capire che una via del Cocomero è mille volte più memorabile e simpatica di una via Bettino Ricasoli. Al posto di un cadavere, lo dirò ovunque, rimettete il nome originale, che è sempre, immancabilmente, molto più vivo.