Carlo Nicolato, Libero 2/12/2012, 2 dicembre 2012
APERTA ANCHE ALLE DONNE SENZA VELO A PARIGI LA PRIMA MOSCHEA «GAY FRIENDLY» PER EVITARE RITORSIONI L’INDIRIZZO È SEGRETO
«Se Maometto fosse in vita sarebbe il primo a celebrare il matrimonio delle coppie omosessuali». La frase, già da sola, sarebbe in grado di scatenare rivolte come quelle scoppiate a settembre in tutto il Medio Oriente contro il film anti- Maometto di Mark Basseley Youssef. a Ludovic-Mohamed Zahed, 35 anni, dottorato in antropologia e psicologia, fondatore dell’Associazione degli Omosessuali musulmani di Francia, non si è accontentato di prendere una posizione che nel mondo islamico fa già gridare allo scandalo: Ludovic con l’aiuto di un monaco buddista anch’egli omosessuale, ha aperto alle porte di Parigi la prima moschea«gay friendly» d’Europa. Ce n’è abbastanza perché sulla testa di questo ragazzo venga spiccata una fatwa. È per questo che Ludovic ha preferito che l’indirizzo della moschea rimanga segreto, anche se si sa che è nel parco di Vincennes, in Val-de-Marne: ed è già fin troppo.
La moschea è aperta a tutti, dice l’antropologo, anche alle donne «che vogliono pregare insieme agli altri» , e perfino «senza velo». Non c’è scritto da nessuna parte, assicura, né nel Corano, né nella Sunna (il complesso degli atti e dei detti del Profeta) che un musulmano non possa essere gay. «Allah ci ha creati così» ripete Zahed, e nessun musulmano deve vergognarsi di essere gay. Vergognarsi no, ma avere paura di fare una brutta fine sì. Al mondo sono più gli Stati islamici che perseguono l’omosessualità che quelli che semplicemente la «tollerano». Alcuni applicano tuttora la pena di morte, come l’Iran, che dalla rivoluzione in poi ha mandato sul patibolo 4.000 omosessuali, o come lo Yemen, la Nigeria e la Mauritania. Ma anche nazioni «amiche» dell’Occidente, come l’Arabia e gli Emirati. E anche dove non c’è il patibolo, per i gay c’è l’ergastolo, il carcere, ci sono le multe, come in Tunisia o in Marocco. Sarebbe facile dire che nemmeno nel mondo Occidentale esistono chiese cristiane «gay friendly», così come luoghi di culto buddisti per omosessuali. Ma la differenza sta proprio qui: nessuno si sognerebbe in una chiesa cattolica di sindacare se chi vi entra è etero o omosessuale. Certo, la Chiesa, intesa come istituzione, non è «gay friendly», ma lo sono i dettami di tolleranza della nostra cultura: una chiesa per omosessuali sarebbe una contraddizione in termini.
Lo stesso, per la verità, dovrebbe valere per i musulmani: criticando l’apertura del luogo di culto, Dalil Boubakeur, rettore della grande moschea di Parigi, ha detto che «è impensabile associare la religione all’omosessualità. Le moschee sono già aperte tutti». La realtà dei fatti però è diversa. Ludovic dice di essere stato costretto a farlo perché anche nella civile Parigi i gay che credono in Allah rischiano, nelle moschee, di essere aggrediti fisicamente o verbalmente. Come d’altronde è accaduto per l’annuncio dell’apertura dato su Facebook, che Ludovic è stato costretto a cancellare perché bersagliato da minacce. E come confermano le ulteriori considerazioni di Boubakeur, che non si è lasciato sfuggire l’occasione per sottolineare che «queste pratiche sono formalmente respinte dall’islam».