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 2012  dicembre 02 Domenica calendario

I SINDACATI SVENDONO LA SCUOLA A MONTI

[Cortei infuocati contro l’aumento delle ore per i prof e contro la presunta «privatizzazione». Poi, ottenuta la retromarcia del governo, Cgil Cisl e Uil si accontentano di far entrare i bidelli negli organi di rappresentanza. E gli altri problemi? Dimenticati] –
Fate entrare anche i bidelli negli organismi di rappresentanza e noi siamo disposti a chiudere un occhio. Dopo il grande fuoco che ha incendiato la scuola italiana questo autunno (non è particolare novità), portando a manifestazioni anche violente e ad occupazioni di istituti di ogni ordine e grado, il grande dramma della scuola sembra destinato a finire a tarallucci e vino. Basta leggere il documento inviato dalla Flc Cgil alla commissione istruzione del Senato in vista del dibattito sulla cosiddetta legge Aprea, che secondo gli studenti e buona parte del personale docente avrebbe in mente di «privatizzare» la scuola pubblica. Per questo (e non solo) hanno scioperato in queste settimane, per questo gli studenti sono sfilati in corteo nelle principali città italiane. Tinte forti, slogan accesi, drammone. Che però per la Cgil si potrebbe sciogliere con 7 o 8 emendamenti migliorativi della legge approvata in deliberante dalla commissione cultura della Camera. Fra i 7 - 8 punti due riguardano i cosiddetti Ata (personale amministrativo, tecnico ed ausiliario), nelle cui file ci sono appunto tutti i bidelli. Che cosa chiede la Cgil? «La partecipazione del personale Ata al Consiglio nazionale delle autonomie». E ancora: la «garanzia di una presenza plurale (docenti, Ata, dirigenti, genitori) nella costituzione delle rappresentanze delle scuole autonomie a livello territoriale e regionale con delegati di secondo livello». Poi certo ci sono altre richieste generali: «Definizione nella legge di criteri nazionali per la stesura degli statuti che prevedano un controllo più stringente di legittimità al fine di riaffermare e garantire l’unitarietà del sistema», e ancora la «istituzione di una sezione specifica di tutela professionale nell’ambito del Consiglio nazionale delle autonomie», qualche gettone di partecipazione come la «garanzia nei rimborsi a beneficio dei rappresentanti del Consiglio nazionale delle autonomie, pena la non funzionalità degli organismi», e ancora uno zuccherino: «Specificazione ulteriore sulle rappresentanze genitoriali e studentesche di scuola con la garanzia di forme di partecipazione per assemblee di classe e di delegati di istituto».
Ecco le richieste, tutt’altro che incendiarie. Aspirina simile, e perfino modifiche meno rilevanti chiede la Cisl scuola che definisce il testo della legge Aprea approvato dalla Camera «una condizione importante per potere giungere a una conclusione rapida del confronto fra le forze politico-parlamentari, confronto che sulla riforma degli organi collegiali dura ormai da decenni». La Uil scuola propone due soli emendamenti e «sollecita una rapida conclusione dell’iter parlamentare». E allora non si capisce davvero più nulla.
L’incendio che è scoppiato a scuola e che ha come innesco proprio la legge Aprea sembra di fronte a queste rivendicazioni sindacali proprio finto. E irreale è. La prima protesta è partita dai docenti per la legge di stabilità. E si capisce: veniva chiesto loro di fare 6 ore di lezione in più alla settimana senza avere un solo centesimo di incremento in busta paga. Il governo voleva che aumentasse la produttività degli insegnanti, ma non era disposto a metterci un euro. In fondo si trattava di sole sei ore alla settimana. Qui le ragioni della protesta non mancavano: in nessuna azienda privata l’aumento della produttività è avvenuto gratuitamente, e non si capisce perché questo fosse richiesto a un’azienda pubblica come la scuola. Solo sei ore? Beh, io per fare sei ore di conferenza mi preparo almeno 18 ore prima. Magari qualcun altro non lo fa, e butta via. E così sarà anche nella scuola: ma perché bisognerebbe penalizzare i professori coscienziosi facendo pagare a loro il prezzo dei prof fannulloni? Una scelta come quella del governo Monti potrebbe essere giustificata da altro: i prof sono pagati troppo rispetto ai loro colleghi europei, quindi è giusto che si mettano a produrre di più. Le classifiche internazionali però dicono l’opposto. I prof sgobboni avevano dunque ragione, e non abbiamo da dubitare che siano la maggiore parte. Però governo e parlamento hanno innestato la retromarcia, e la protesta non ha più senso.
Siccome d’autunno cadono le foglie e si occupano le scuole, sfuggite le ragioni serie di quella protesta, si è protestato lo stesso per un’altra cosa: la legge Aprea. Bene, la chiamano così ma innanzitutto legge non è. Quindi si fa questo can can per qualcosa che non esiste e semplicemente potrebbe essere. Si dice che quelle norme sono pensate per distruggere la scuola pubblica, e metterla nelle mani dei privati. In effetti è previsto un meccanismo per la partecipazione di imprese o fondazioni finanziatrici agli organismi rappresentativi della scuola. Certo, se uno ci mette i soldi vorrebbe dire anche la sua. Bisogna preoccuparsi? Forse sì, assai più probabilmente no. Anche ci fosse la possibilità, non c’è la fila di finanziatori che vogliano mettere le mani sulla scuola. Secondo le statistiche internazionali, quella italiana non è certo una gallina dalle uova d’oro. Non ci sarà nessuno o quasi a volere puntare i suoi soldi lì. Ma anche ci fosse, la protesta è inutile: quella legge Aprea non vedrà mai i natali. I sindacati come raccontato sopra non la stanno vivendo affatto con il dramma che si vede nelle piazze. Però qualche corteo ha già convinto il Pd: siamo sotto elezioni, e quella legge così al Senato non passa. Dovessero modificarla, non ci sarà tempo di una terza lettura alla Camera. Non diventerà mai legge, e la protesta è del tutto inutile. I professori sono incazzati, è vero. Tutti inviperiti dopo essere stati sprezzantemente bistrattati da Mario Monti nel salotto tv di Fabio Fazio. Hanno ragione su questo. Ma anche i Monti stanno per passare. Nonostante i loro sindacati abbiano già venduto per quattro soldi le loro infocate ragioni, prof e studenti possono dormire sonni tranquilli: la scuola italiana resterà come è. E tutti possono tornare a insegnare e studiare in tranquillità.