Antonio Spampinato, Libero 1/12/2012, 1 dicembre 2012
MOODY’S DECLASSA IL SALVA-STATI E DRAGHI ATTACCA L’AUSTERITY
[Esm ed Efsf perdono la tripla A per colpa della Francia. Il presidente Bce: i governi non rincorrano facili soluzioni scaricando sui cittadini politiche «non sostenibili»] –
Cari governi, fate bene i vostri conti. Perché se è accettabile «una contrazione a breve dell’attività» economica derivante da un «consolidamento fiscale» per far quadrare il bilancio pubblico, non lo è tartassare i cittadini mettendo in campo «politiche non sostenibili ». Insomma, ieri Mario Draghi ha messo dei paletti precisi agli stati che vogliono far pagare alla classe media il conto della crisi scatenata dall’ingordigia delle banche e dall’incapacità - o dalla mancanza di volontà - dei governanti di regolamentare a dovere il settore.
E l’ex numero uno Bankitalia ed ex top manager Goldman Sachs, di regole e di banche qualcosa ne sa. Ma ora, nei panni di presidente della Bce, ha il dovere di tirare le orecchie a quegli «stati in surplus» che non aiutano quelli debitori. Draghi richiama dunque l’Europa (ma al centro dei suoi pensieri sembra esserci principalmente la Germania) a una maggiore solidarietà finanziaria ma anche a proseguire la strada verso le «quattro unioni»: finanziaria, con al centro il supervisore bancario unico, di bilancio, economica e politica, fondata sulla «condivisione della sovranità» tra gli Stati.
E questo perché non si può contare all’infinito sull’azione stabilizzatrice della Banca centrale, comunque sempre pronta a intervenire «se necessario».
Ma il punto chiave dell’intervento di Draghi resta quello di ricordare ai parlamenti nazionali l’importanza di «mitigare l’impatto» degli interventi di bilancio attraverso «riforme strutturali».
«Dobbiamo migliorare la nostra produttività, eliminando le rigidità a livello di consumi o di mercato del lavoro», ha aggiunto perché, «la competitività è la parola chiave per la crescita e il lavoro». In questo senso le riforme strutturali per il presidente della Bce sono «fondamentali» per paesi come Italia e Francia.
Anche la presidente del Fondo monetario internazionale, Christine Lagarde, ha sentito ieri la necessità di intervenire a favore dei tartassati europei: i governi «devono considerare l’impatto sulla crescita delle loro politiche di bilancio», ha detto, sottolineando poi come il risanamento deve essere condotto «con decisione e credibilità» ma allo stesso tempo il suo ritmo deve essere «ragionevole », per non deprimere eccessivamente le attività e sostenere la domanda a breve termine.
Unità di vedute delle due istituzioni che ha subito trovato una sponda forte proprio all’interno dei Paesi protagonisti della reprimenda: il ministro dell’Economia francese, Pierre Moscovici. Il titolare della finanza d’Oltralpe ha rilevato come la crisi «ha messo in evidenzia l’urgenza di completare la zona euro, che è una costruzione formidabile ma che è incompiuta». Visto che - ha spiegato il ministro transalpino - se alcuni paesi vengono attaccati dai mercati è perché «c’è uno scarto di competitività, di crescita e di indebitamento che persiste. Non basta avere la stessa moneta per rappresentare lo stesso rischio» per gli investitori.
Di attacchi ne sa qualcosa la stessa Francia, che due settimane fa ha perso la tripla A targata Moody’s. Una mossa che è costata la perdita del rating massimo anche ai fondi salva-Stati europei, Esm ed Efsf, di cui Parigi è socia con circa il 20%. Proprio quei fondi che dovrebbero garantire la «solidarietà » continentale negli interventi di salvataggio. Per l’agenzia di rating ora sono «AA1». Niente di preoccupante, ma ora nemmeno la Germania potrà stare tranquilla. In fin dei conti nel 2013 sarà recessione anche per Berlino.