Fulvio Bufi, Corriere della Sera 3/12/2012, 3 dicembre 2012
NAPOLI —
La recente inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Napoli dalla quale sono emersi i rapporti tra alcuni cantanti neomelodici e un clan vicino alle cosche della camorra casalese, ha riportato d’attualità l’ormai antica commistione tra criminalità organizzata ed esponenti di quel variegato mondo canoro che si esprime tra feste di piazza e private (matrimoni, comunioni, battesimi) e che spesso produce brani dedicati alla vita dei carcerati, dei latitanti, dei killer.
È la faccia peggiore di un fenomeno napoletano che però ha prodotto anche artisti di assoluto valore come Maria Nazionale e tanti altri. Artisti che conosce bene Fabiana Deger, manager di cantanti neomelodici (Natale Galletta e Alberto Selli i più conosciuti), conduttrice su emittenti locali di trasmissioni dedicate a questo genere musicale e a sua volta vocalist.
Fabiana non è rimasta sorpresa dalle notizie pubblicate ieri dai giornali, e prova a dare della questione «neomelodici e camorra» una lettura dall’interno. «A volte mi chiedo se siano peggio i camorristi o quelli che li agevolano in tutto e per tutto. Mi spiego: io con i miei cantanti devo andare a lavorare nelle altre province della Campania, perché a Napoli e dintorni non mi posso proprio avvicinare. Sono tagliata fuori anche se faccio il prezzo più basso. Purtroppo funziona così: io chiedo, che so, mille? E loro prendono uno che chiede 1500 o duemila. E non sono i camorristi a fermarmi, ma i sindaci o gli assessori dei paesi dove si organizza una festa di piazza. Oppure anche i parroci, e pure spesso».
Il controllo di alcuni cantanti da parte di clan criminali, Fabiana Deger lo dà quasi per scontato. «Non è che lo accetto, però. E infatti io mi occupo soltanto di artisti che sono persone specchiate, oltre ovviamente a essere bravi musicalmente, almeno secondo me. Ma capisco anche quelli che pur di lavorare non si fanno tante domande: in certi casi l’alternativa sarebbe non lavorare proprio. Poi se uno si lega a un camorrista perché magari si fa prestare dei soldi e quindi finisce per restare coinvolto in faccende losche, è un altro discorso. Ma questi sono fatti che non c’entrano con la musica».
Sui cantanti che lavorano con i camorristi lei sostiene che «però spesso sono comunque bravi altrimenti la gente li fischierebbe e i camorristi li abbandonerebbero». E dice che comunque molti si fanno sponsorizzare da gente vicina ai clan perché nel loro giro quelli sono i manager, quindi o ti rivolgi a quel tipo di impresari o fatichi a trovarne altri».
Anche per le canzoni dedicate ai boss, ai carcerati, ai latitanti, Fabiana ha una spiegazione. «A volte è semplicemente una questione di marketing. C’è il cantante che la pensa così: "se io scrivo testi di un certo tipo, vendo in quel tipo di ambienti, e a me interessa solo vendere". È un ragionamento, anche se certamente non è mai stato e non sarà mai il mio».
Fulvio Bufi