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 2012  dicembre 03 Lunedì calendario

ROMA —

Il primo effetto è quello che fa un sasso in uno stagno. Alfio Marchini, 47 anni, erede della nota famiglia di costruttori «comunisti» romani, ribattezzati «calce e martello», si candida a sindaco di Roma, e i partiti — di centrodestra e centrosinistra — si scatenano contro di lui. Comunicati stampa, tweet, tra battute al vetriolo («er Montezemolo de noantri», scrive Gad Lerner), attacchi sul possibile conflitto di interessi, risposte piccate. Per annunciare la sua discesa in campo, dopo settimane di indiscrezioni, Marchini sceglie In 1/2 ora, la trasmissione di Lucia Annunziata. Giacca con le toppe, camicia scura, capello fluente, sorriso sulle labbra, quella somiglianza col Ridge di Beautiful che fa battere il cuore alle donne. Marchini, la «prima» televisiva, se l’è preparata con cura. Aiutato, si dice, anche dagli esperti di comunicazione di Obama. Un perfezionista che impara, studia. La nuova sfida fa tremare i polsi: la corsa al Campidoglio, partendo senza rete. «Mi candido — spiega — con una lista civica, primo passo verso un Movimento metropolitano». Distante dal Pd, di cui apprezza «le primarie, segnale di coraggio: non ho votato, il mio candidato ideale sarebbe stato una sintesi dei cinque i contendenti», pur riservando al partito qualche affondo: «È ancora incompiuto. Serve una fase nuova, di apertura alla società civile. Le regole messe a Roma, invece, sono di esclusione e non di inclusione». Ma lontanissimo dal Pdl: «Non mi sento vicino al centrodestra. Speravo che Alemanno potesse essere il Petroselli di destra, ma il suo fallimento è acclarato». È arrivato il momento di qualcosa di nuovo «perché nell’offerta politica non c’è nulla che soddisfi le aspettative del 30, 40 o 50% delle persone». Grillo, per molti, è una soluzione. E Marchini, che sembrerebbe all’opposto rispetto allo showman genovese, evita di attaccarlo: «Io un Grillo moderato? È stato capace di creare un Movimento che non è antipolitica. Manca però concretezza nelle soluzioni».
I contorni della candidatura sono da chiarire. Ma Marchini conta su una solida rete di amicizie. A cominciare da quella con Francesco Gaetano Caltagirone, ereditata dal nonno Alfio che glielo presentò quando il giovane rampollo aveva 20 anni: «Caltagirone è l’unica persona di livello. Quando hai bisogno, chiedi a lui». Da lì è nata un’amicizia solida, un affetto personale. Marchini siede anche nel Cda della Cementir del gruppo Caltagirone, e con la sua Astrim è socio di Acea (dove l’editore del Messaggero ha il 15%) in una società che si occupa di cogenerazione di energia. L’ombra del conflitto di interessi? «Venderò tutte le attività in contrasto col mio nuovo ruolo. Non sono così virtuoso da fare tutto».
L’imprenditore viene dalla sinistra, ma guarda al centro e in parte anche al centrodestra. È un indipendente, svincolato dai partiti, che conosce benissimo il mondo politico ed imprenditoriale. È amico di Massimo D’Alema, ex consigliere della sua fondazione Italianieuropei (la sede è in un palazzo della famiglia Marchini), e quando l’ex premier era segretario del Pds, Alfio investì per breve tempo anche nell’Unità. Ma ha ottimi rapporti anche con Giuliano Amato, Mediobanca (era uno dei preferiti di Enrico Cuccia), il Vaticano, e un’amicizia antica con l’ex premier israeliano Shimon Peres, che gli ha aperto le porte del mondo ebraico.
Con la sinistra c’è quasi un cordone ombelicale. Prima dal bisnonno Alessandro, socialista. Poi da nonno Alfio da cui dice «di aver ereditato la passione politica», ex partigiano dei Gap, capo della Resistenza romana, che partecipò alla liberazione di Sandro Pertini da Regina Coeli. E dal fratello di Alfio senior, Alvaro, padre dell’attrice Simona, gallerista di fama, presidente della Roma nel ’68 che cacciò il «mago» Helenio Herrera. I costruttori «rossi» hanno realizzato mezza Roma, nel dopoguerra: la Magliana, la zona intorno al San Camillo, quella di ponte Marconi (ribattezzato «ponte Marchini»), le Tre Fontane. Un patrimonio immenso, tra verità e leggende metropolitane. La sede di Botteghe Oscure, finita di costruire nel ’44 e regalata al partito: «Fu solo una ristrutturazione», chiarisce in tivù. O altre proprietà, come una villetta in periferia. Da Alvaro, Marchini junior ha preso la fede giallorossa: quando si cercava una nuova proprietà, dopo i Sensi, più volte è venuto fuori il suo nome.
Ma c’è anche un’altra fede, quella cattolica, che occupa un pezzo importante della vita di Marchini. In omaggio al suo credo, prima di investire nell’Unità, Alfio prese il Sabato, settimanale di Comunione e Liberazione, mettendoci alla guida Rocco Buttiglione: esperienza breve, finita male. Anche alla Rai il giovane Alfio rimase poco: nominato nel Cda nel ’94, si dimise perché in disaccordo con le nomine del governo Berlusconi. Con «Roma duemila» ha coordinato, fino al ’98, gli interventi per il Giubileo, ma negli ultimi anni è stato molto all’estero, tra Francia e Argentina. Sposato nel ’93 con Allegra Giuliani, figlia di Franca Ferruzzi, separato, ha cinque figli. Studi dai Gesuiti e poi all’esclusivo De Merode, laurea alla Sapienza, appassionato di polo (è capitano della nazionale), Marchini è pronto a correre: «Si impara solo in battaglia». Dice. Se perde? «Questa è una scelta di vita, di passione. E senza esperienza di governo si rischiano meno infiltrati». Però, in privato, confida: «Abito vicino al Campidoglio, andrei al lavoro a piedi. Farei il sindaco amministratore delegato...».
Ernesto Menicucci