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 2012  dicembre 03 Lunedì calendario

MALTA. L’

applauso lunghissimo, con il pubblico tutto in piedi, l’ha commossa, e lei, che da sempre incarna un modello di intelligente spavalderia femminile fatto di energia da combattente e sensibilità mai lacrimosa, sembra improvvisamente fragile: «Per me questo è un momento incredibile e inatteso - dice Dame Helen Mirren, ricevendo il premio alla carriera durante la venticinquesima edizione degli European Films Awards -, cerchiamo di fare il nostro lavoro al meglio e, quando succede una cosa come questa, è veramente stupendo, rappresenta la conclusione felice di un viaggio».

Come è stato il suo primo incontro con il cinema?

«Facevo la cameriera e abitavo a Brighton, pioveva spesso per tutto il giorno, nel pomeriggio andavo sempre al cinema, locali piuttosto malconci, dove si sentiva un odore misto di birra, urina e tabacco... Ecco, in un posto così, un giorno mi è capitato di veder scorrere le immagini dell’ Avventura di Michelangelo Antonioni. Fu un’assoluta rivelazione, qualcosa che mi ha trasformato per sempre, mostrandomi per la prima volta un paesaggio di cinema inedito, con potenzialità che non conoscevo».

Quali sono stati i suoi modelli?

«Ho visto film con Jeanne Moreau, con Monica Vitti, con Claudia Cardinale, con Irene Papas, con Melina Mercouri e soprattutto con Anna Magnani che per me è la più grande... Ho capito che volevo essere un’attrice, ma anche una donna come loro».

Ha appena interpretato il ruolo di Alma,lamogliediHitchcock,nelfilm,con Anthony Hopkins, a lui dedicato. Che cosa la ha attratta di questo personaggio femminile costretto a vivere all’ombra di un uomo celebre e non facile?

«É una figura piena d’interesse ed è stato appassionante scoprire quanto sia stata importante la presenza di Alma accanto a un regista geniale come Hitchcock».

Lei lo ha mai conosciuto?

«Sì, sono andata a incontrarlo quando stava per girare Frenzy e cercava attrici per il ruolo, ma non andò un granché bene. Lo ricordo seduto dietro una grande scrivania, aveva un modo di fare molto hitchcockiano... ero troppo stupida per comprendere la sua grandezza, pensai che non fosse il tipo di regista che mi poteva colpire».

Ha scelto di tornare ad essere la regina Elisabetta II in teatro, nel testo, intitolato «Audience», scritto da Peter Morgan, lo sceneggiatore di «The Queen». Non ha avuto timori nell’affrontare nuovamente il personaggio che le ha fatto vincere l’Oscar?

«Sì, all’inizio sono stata un po’ perplessa, poi ho capito che si tratta di una cosa completamente diversa. Lo spettacolo è centrato sui rapporti che la Regina ha avuto con i suoi primi ministri, 12, a iniziare da Churchill. Insomma, in questo caso il tema è più politico, riguarda il significato dell’essere Regina in Inghilterra. E poi sarebbe stata un sciocchezza rifiutare un progetto e dei compagni di lavoro tanto interessanti».

In che cosa si sente cambiata rispetto agli inizi?

«Man mano che vai avanti con gli anni diventi una persona diversa, non sai bene come, ma è così. Non avrei mai immaginato di diventare Dame Helen Mirren, nè di ricevere un premio come questo e un’accoglienza del genere...».

Quest’anno, durante la cerimonia degli Efa, si è molto parlato dei problemi del cinema europeo e dello strapotere dell’industria cinematografica Usa. Lei che idea ha?

«In Gran Bretagna abbiamo una grande sfortuna, parliamo la stessa lingua degli americani e quindi cerchiamo di fare film che vadano bene per loro, visto che, come sapete, loro non guardano film con i sottotitoli... Credetemi, è un problema, il cinema europeo, invece, è ricco anche della varietà dei linguaggi dei vari Paesi».

C’è qualcosa che ancora non ha fatto e sognerebbe fare?

«Ci sono ancora un sacco di cose che non ho fatto e vorrei fare, ma sono stata così fortunata che, se non dovesse succedere nient’altro, sarei contenta lo stesso».