Eugenio Scalfari, la Repubblica 2/12/2012, 2 dicembre 2012
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La cultura politica dei cosiddetti liberali di sinistra, che cominciò con il lascito storico dei fratelli Rosselli, di Piero Gobetti, del Partito d’Azione di Ferruccio Parri, di Ugo La Malfa e di Leo Valiani, del liberalsocialismo di Guido Calogero e di Omodeo ed ebbe la sua risonanza mediatica negli articoli di Salvatorelli, Bobbio, Galante Garrone, nei convegni degli amici del “Mondo”, nell’“Espresso” e in “Repubblica”, è presente nel Pd fin dalla sua fondazione nel programma che Veltroni espose al Lingotto di Torino e ancor prima quando Achille Occhetto fondò il Partito dei democratici di sinistra dopo aver smantellato l’icona del Partito comunista nato nel 1921.
Occhetto scartò l’idea d’inserire la parola socialista nel nome del nuovo partito; ritenne che la
sua immagine nel nuovo contesto seguito alla caduta del muro di Berlino dovesse andare molto più oltre, determinando con quella sua scelta una scissione alla sinistra del Pds. Poi ci fu l’esperienza dell’Ulivo che approdò infine al Pd con l’ingresso dei cattolici popolari accanto ai laici democratici. I liberali di sinistra furono presenti fin dall’inizio in questo processo ed ho qualche titolo per parlarne [...]»