Dino Messina, Corriere della Sera 2/12/2012, 2 dicembre 2012
La prima tavola disegnata da Achille Beltrame sulla Grande Guerra comparve come copertina della «Domenica del Corriere» sul numero del primo novembre 1914
La prima tavola disegnata da Achille Beltrame sulla Grande Guerra comparve come copertina della «Domenica del Corriere» sul numero del primo novembre 1914. In un imprecisato luogo di battaglia due malmessi soldati francesi cercavano la salvezza: uno ferito a una gamba si faceva trasportare a cavalcioni dal commilitone cieco e gli indicava la strada. Alle spalle un paesaggio devastato da incendi, sulla strada cadaveri e carriaggi distrutti. Una tavola angosciante così come lo furono le due successive, dedicate ai dolori del sanguinoso conflitto. Finché non venne decisa l’entrata in guerra anche dell’Italia e Luigi Albertini, il geniale direttore del «Corriere della Sera», uno dei principali fautori dell’interventismo, non decise che bisognava cambiare registro. Comunicare la guerra era importante quanto combatterla. E per farla accettare ai ceti popolari coinvolti loro malgrado nel conflitto, lo strumento migliore non era il quotidiano, seguito dagli imprenditori, dai professionisti e dalla classe intellettuale, ma il settimanale attraverso le illustrazioni del più bravo disegnatore. Achille Beltrame, da Arzignano, Vicenza (1871-1945), si era formato all’accademia di Brera e a 28 anni era stato chiamato dal suo coetaneo Albertini, ancora direttore amministrativo, a contribuire alla nascita del settimanale che doveva scandire i momenti importanti nella vita degli italiani. La cifra dei disegni di Beltrame, dal «radioso maggio» 1915, cambiò radicalmente: le copertine illustrate della «Domenica» non dovevano angosciare e allarmare il lettore ma avvicinarlo alla guerra, considerata come un fatto ineluttabile. Il racconto di Beltrame della Prima guerra mondiale è stato raccolto adesso dallo storico Gianni Oliva nello splendido volume La Domenica del Corriere va alla Guerra (Gaspari editore, pp. 131, 18). Il valore di questo volume non sta solo nei disegni dell’illustratore vicentino, presentati assieme per la prima volta, ma anche nei testi di Oliva, storico militare e del Novecento con la dote della scrittura, che spiega la filosofia alla base delle tavole di Beltrame. «Il primo elemento che colpisce — scrive Oliva — è l’atemporalità della guerra: il ’15-18 di Beltrame è una storia senza storia, dove non compaiono gli elementi di rottura che scandiscono la ricostruzione politico-militare del conflitto... Il secondo elemento collegato al primo è l’esaltazione della coralità. I simboli della patria cari alle allegorie risorgimentali scompaiono per lasciare il posto alla massa dei combattenti: la "patria" sono i fanti lanciati all’assalto delle trincee, gli alpini che presidiano le montagne, i bersaglieri a passo di corsa». Rari i primi piani, le scene cruente sono edulcorate, il nemico austriaco sempre demonizzato. I paesaggi più spesso rappresentati sono le pietraie del Carso e le cime maestose delle Alpi. Achille Beltrame con i suoi disegni, forse più degli articoli di Luigi Barzini — osserva Oliva — svolse la funzione di raccontare e di fare accettare la guerra agli italiani impegnati sul fronte interno. Fu un racconto edulcorato e consolatorio, ma quella retorica fa anch’essa parte della nostra storia.