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 2012  dicembre 02 Domenica calendario

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE

PARIGI — Quando lei era ancora bambina, in cucina il papà François Mitterrand nascondeva un uovo dietro la schiena e poi lo tirava fuori esclamando «Sorpresa, sono una gallina!». Qualche anno dopo, Mazarine faceva la parte di Sue Ellen Ewing e Mitterrand impersonava il cattivo JR, in una recita casalinga di Dallas ripresa dallo zio (filmino mostrato in tv, lui pessimo attore va detto).
Mazarine Pingeot è stata per anni la figlia segreta del grande presidente della Repubblica francese, e dopo una lunga fase di riservatezza ha scelto adesso di raccontare la vita con il padre, offrendo aneddoti e storie personali in frequenti apparizioni televisive e nel libro Bon petit soldat. Il «bravo soldatino» è lei, ubbidiente quando a sei anni le spiegano che deve smetterla di gridare «il mio papà è presidente della Repubblica!» nel cortile della scuola, all’indomani della storica vittoria del maggio 1981.
La Francia scoprì l’esistenza della seconda famiglia di Mitterrand, formata dalla curatrice al Museo d’Orsay Anne Pingeot e dalla figlia Mazarine, quando Paris Match pubblicò in copertina la celebre foto all’uscita del ristorante Le Divellec, a Parigi, il 10 novembre 1994. L’altro scatto diventato parte della storia nazionale è quello dei funerali, l’11 gennaio 1996, quando le due famiglie si riunirono per dare l’addio al patriarca. La doppia vita di Mitterrand è tornata in primo piano di recente, quando François Hollande ha fatto dell’eredità del primo presidente socialista della V Repubblica una delle armi per sferrare la corsa all’Eliseo.
Il 15 maggio scorso, alla cerimonia per l’insediamento, Mazarine Pingeot era tra gli invitati e ha potuto entrare — «per la prima volta dall’ingresso principale, senza nascondermi» — nel palazzo che tanto frequentò da bambina, quando sgattaiolava attraverso una porta secondaria direttamente negli appartamenti privati del padre, per cenare con lui accanto al camino.
A 37 anni, docente di filosofia all’Università Paris 8, madre di Astor (7), Tara (5) e Marie (2) e compagna del regista di documentari Mohamed Ulad-Mohand, Mazarine Pingeot stila finalmente l’inventario della prima parte della sua vita, quella in cui le poteva capitare di ricevere in regalo una bicicletta, e veniva accompagnata a provarla dagli otto uomini della scorta, in bicicletta pure loro. Gli anni non hanno raddolcito Mazarine, sguardo benevolo e frase assassina, proprio come il padre. «La coppia formata dai miei genitori era quella reale, anche se non pubblica — scrive in Bon petit soldat —. Erano loro a ritrovarsi ogni sera, nel segreto dell’appartamento sul quai Branly. Quindi quando sento il sindaco Bertrand Delanoë annunciare che intitolerà la piazzetta di rue de Bièvre (residenza della coppia ufficiale, ndr) square Danielle et François Mitterrand, vengo presa da una punta di amarezza: la menzogna si perpetua, lo spirito piccolo borghese vince sulla verità delle coppie. Mi vergogno per loro. Le convenzioni sociali hanno sempre la meglio». E ancora: «Sono stata amata, sì, ma sapendo, ed è naturale, che la mia sorella rivale, la Francia, era più importante».
Solo che per la sorella rivale, la Francia, nel frattempo sono arrivati tempi difficili, di crisi economica e alta disoccupazione, tempi poco propizi al lamento di una celebrità, sia pure dalla storia personale complicata e benedetta da un Hollande che tiene molto a tendere un filo tra la presidenza Mitterrand e la sua. Così il libro, più che recensito, viene stroncato.
«Cresciuta all’ombra di una figura paterna soffocante, Mazarine Pingeot cerca di catturare un po’ di luce uccidendo il padre», si legge sul settimanale pur di sinistra Les Inrockptibles, che riassume l’insofferenza diffusa per il tono dolente della ragazza, che ha vissuto a lungo in dimore, e privilegi (dall’autista alla scorta), pagati dallo Stato. Fu François Mitterrand a usare le risorse pubbliche e gli uomini dei servizi per tenere segreta una delle sue due vite. Ma è alla figlia Mazarine, al «bravo soldatino», che adesso viene rinfacciato.
Stefano Montefiori