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 2012  novembre 30 Venerdì calendario

A SANREMO NON VADO. È UNA COSA PER VECCHI


Ci siamo conosciuti lo scorso maggio: che cosa è cambiato in sei mesi? «È cresciuto tutto. Tanti che mi snobbavano adesso fanno la fila per bussare alla mia porta. Per me, invece, non è cambiato nulla, perché non me ne frega minimamente di essere snobbato. Sono nato e cresciuto in un ambiente dove uno si costruisce il pubblico da sé, con la sua musica, con i concerti». Riprende così una chiacchierata con il rapper Emis Killa cominciata in primavera.
Emis è Emiliano Giambelli, da Vimercate, hinterland nordorientale di Milano, 23 anni appena compiuti, ha lasciato presto la scuola e altrettanto presto ha cominciato a fare rap. A 18 anni ha vinto il TecnichePerfette, importante concorso-sfida di freestyle, l’improvvisazione rap, e due anni dopo ha cominciato a incidere per l’etichetta indipendente Blocco Recordz. Lo scorso gennaio è arrivato L’erba cattiva, primo album per una casa discografica storica, la Carosello Records, ed è stato il botto. Maggio, appunto, era il momento della sorpresa: ci si stupisce ancora quando un ragazzo che non passa per i circuiti più tradizionali della discografia, o al massimo per Amici o X Factor, comincia a macinare audience da primato sul Web.
Dopo un inverno gelidissimo per la musica italiana, improvvisamente sembrava che la rete non ascoltasse altro che Parole di ghiaccio, dura storia d’amore perduto (una vera torch song, direbbe il musicofilo esigente): neanche due mesi online e le visioni su YouTube erano già più di cinque milioni. Emiliano la prendeva con filosofia: «C’è gente che sopravvaluta un po’ questa cosa e mi dice “Ah, ma allora sei miliardario come Vasco Rossi!”: ecco, non è così».
Poi, come a valanga, sono venute altre cose, tutte buone: Emis ha fatto un lungo tour estivo di grande successo; è stato riconosciuto Best Italian Act agli Mtv Europe Music Awards (ora è candidato a sette premi nei primi Mtv HipHop Awards: verdetto a dicembre); ha unito le forze con Club Dogo, J-Ax e Marracash (gran parte del nostro rap migliore) per un brano (Se il mondo fosse) che ha fruttato 34mila euro per ricostruire una scuola terremotata di Mirandola; ha fatto la star a X Factor; le sue Parole di ghiaccio hanno superato i 16 milioni di visualizzazioni… E ora è appena uscita una nuova edizione dell’Erba cattiva, una Gold Version, con quattro pezzi inediti.
Come si passa da Emiliano a Emis Killa?
«È un nome nato quando facevo i graffiti. Emis è l’anagramma di “em-si”, la pronuncia di MC, che è un po’ un sinonimo di rapper. Killa è venuto perché vincevo molte sfide di freestyle, insomma ero un killer sul palcoscenico».
Difficile credere che per lei non sia cambiato nulla in questi mesi.
«È chiaro che tutta questa situazione mi fa contento, e non mi pesa fare la televisione e le interviste: è inutile adottare il solito cliché del rapper sempre incazzato».
Ricordo che mi aveva detto che a Sanremo non sarebbe mai andato. È andato a X Factor, però, che è un po’ il Festival degli anni 2000.
«Intanto la proposta da Sanremo è arrivata davvero, e io ho detto “no, grazie”. X Factor è tutta un’altra cosa, non è un programma per vecchi: è giovane, è cool… Poi è vero che c’è questa percezione assurda per cui, se vai alla Rai o a Mediaset ti “vendi”, mentre Sky è più underground, più amatoriale: ma sono idee che la gente si fa nella propria testa. X Factor resta una grande trasmissione musicale, che io seguo».
In Il King, la nuova canzone scritta per la colonna sonora del film I 2 soliti idioti, (uscita: 20 dicembre) sequel del fortunatissimo I soliti idioti, racconta di suo padre, maestro di impennate in motorino, complice della prima canna, «animo rivoluzionario e regole nada».
«Era super permissivo, ma mi ha sempre messo in guardia. Diceva: “Divertiti, come ho fatto io, ma lascia che ti dica dove sbagli”. Pensava fosse meglio che certe cose fosse lui a insegnarmele e di lui mi sono sempre potuto fidare. Mia madre era molto più apprensiva, si preoccupava di tutto. Non la biasimo, però. Sono cresciuto in una zona popolare, a scuola andavo male, di lavorare avevo voglia sì e no: è chiaro che non voleva perdessi tempo in cose inutili. Quando finalmente ha visto che la musica non era più soltanto una passione, ma iniziava a diventare un lavoro e arrivavano i primi soldi dalle serate, allora ha cambiato idea».
Qualche rimpianto per avere lasciato presto la scuola?
«Forse mi ha aiutato, perché ho avuto più tempo per fare quello che volevo: il rap».
Ci sono colleghi che le rinfacciano il successo e questo le pesa, a giudicare da Più rispetto, uno dei suoi pezzi nuovi: «Un grilletto non lo premo, ma uno schiaffo te lo do davvero». Nel rap le faide sono un classico…
«È un testo nato al volo, un pezzo contro tanti. Io non devo piacerti per forza, ma tu mi devi rispettare comunque. In questi mesi c’è gente che su di me ne ha inventate di tutti i colori. Mi danno dell’omofobo perché ho detto che sono contrario alle adozioni per le coppie gay, o perché ho usato la parola “frocio” in qualche testo: ma un conto è l’immaginario rap, e un conto è la vita di Emiliano, che non ci pensa nemmeno a essere omofobo».
Al progetto dell’Erba cattiva, però, hanno collaborato alcuni dei nomi migliori del rap italiano: Marracash, Fabri Fibra, Gue’ Pequeno dei Club Dogo, Bassi Maestro. Si è fatto anche degli amici, dunque.
«Vero, ma so che non è la situazione generale. Per un po’ ho creduto che nel rap in fondo fossimo tutti amici, ma ora mi sembra che molti facciano gli amici per portare acqua al loro mulino, come se l’unione facesse la forza… Ma magari è solo la forza del giro d’affari».