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 2012  novembre 30 Venerdì calendario

LA BATTAGLIA DELLE SUORE PER (E CONTRO) LA CHIESA


Le suore lavorano in silenzio anche nelle realtà più difficili, assistono i poveri rinunciando alla loro pensione, curano gli ammalati negli ospedali, danno un futuro ai bambini che vivono dove regna la malavita, sottraggono le prostitute alla strada. Sono il cuore della Chiesa, in un certo senso sono loro a salvarla. Però tra le suore c’è malessere, il loro numero è in drastico calo, (dalle 121.183 nel 1988 alle attuali 70.000), molte lasciano il velo e le vocazioni sono crollate.
All’interno della Chiesa sta esplodendo la questione femminile. In Italia non c’è ancora la rivolta che ha portato in America a commissariare la conferenza delle suore americane, ma il disagio è profondo. E il dibattito cresce: in modo sotterraneo ma deciso. La base femminile della Chiesa si sta corrodendo e c’è il rischio che l’edificio crolli improvvisamente. Poiché sono sempre meno, le suore stanno scomparendo dalle corsie degli ospedali, dalle scuole materne, dalle case di riposo. E visto che sono sempre più anziane (il 76% ha oltre 60 anni), i conventi si trasformano in ospizi.
Le donne portano il grande carico della Chiesa, fanno il “lavoro sporco” di ogni giorno. Ma abbandonano la Chiesa. Non è la religione cattolica (1 miliard0 e 196 milioni di fedeli, in crescita di circa 15 milioni l’anno) a calare, né tanto meno i sacerdoti maschi, che anzi sono in crescita: secondo l’Annuario Pontificio 2012, nel mondo sono saliti dai 410.593 del 2009 ai 412.236 del 2010 (ultimo dato disponibile). Anche in Italia i presbiteri sono aumentati di 1.643 unità, mentre a livello mondiale gli incrementi maggiori si sono registrati in Asia (+1.695 sacerdoti), in Africa (+761), in Oceania (+52) e in America (+40 unità).
È invece il mondo delle suore quello che sta perdendo pezzi. A livello globale, nel 2009 erano 729.371; nel 2010 sono scese a 721.935. Il calo ha investito tre continenti con variazioni negative anche rilevanti: -2,9% in Europa, -2,6% in Oceania e -1,6% in America. Africa e Asia hanno invece segnato un aumento del 2%. Come accennato, nel 1988 le religiose italiane erano 121.183, oggi sono 70.000. Anche le nuove vocazioni italiane sono in profonda crisi: nei conventi femminili del nostro Paese vivono 967 novizie, di cui ben 679 straniere (asiatiche, africane, sudamericane) e solo 288 sono italiane. Se questo trend continua, la Chiesa rischia l’estinzione della componente femminile. E con essa l’insostituibile ruolo delle suore nella società.

Incatenate per protesta. A Napoli, a metà ottobre, le suore sono scese in piazza perché, da quattro anni, il Comune non rimborsa più i fondi erogati dagli istituti religiosi che si occupano del disagio sociale. Suor Mimma Rizzo, una delle stimmatine che si sono incatenate, denuncia a Sette: «Noi operiamo nel cosiddetto triangolo della morte, una zona di Napoli tra i rioni Barra, Ponticelli e San Giovanni a Teduccio. Accanto al nostro convento abbiamo un campo nomadi e montagne di spazzatura. Togliamo i bambini dalla strada, ragazzi orfani o figli di carcerati, di famiglie con 5-6 figli che vivono in una stanza. Li portiamo a scuola, li facciamo mangiare e poi, nel pomeriggio, li seguiamo, mentre studiano e giocano. Siamo arrivati ad assistere fino a 65 bambini al giorno. Ci vengono affidati dai Servizi sociali del Comune, ma sono anche le famiglie che ci implorano di prenderli».
Il convento delle stimmatine di Santa Maria del Pozzo è in grosse difficoltà economiche: «Dal Vaticano non riceviamo un euro e il Comune, da quattro anni, non rimborsa i soldi da noi anticipati. La convenzione con il Comune per l’assistenza ai bambini scade a dicembre: il sindaco De Magistris ci dica se li vuole lasciare tutti per strada». Il presidente dell’Uneba (Unione Nazionale Enti Beneficenza e Assistenza) di Napoli, Lucio Pirillo, denuncia: «Il Comune deve all’insieme delle nostre realtà 40 milioni di euro. Per questo le suore si sono incatenate. Usano anche le loro pensioni pur di aiutare i bambini».

Tratta degli esseri umani. A Roma, all’Ufficio tratta donne e minori dell’Usmi (Unione Superiore Maggiori d’Italia), lavora suor Eugenia Bonetti, missionaria della Consolata, 24 anni in Africa: «Ci occupiamo di donne e bambini vittime di tratta e costretti a prostituirsi, gli schiavi di oggi». Suor Eugenia affronta realtà durissime: «Noi lavoriamo, noi ci siamo. Il nostro servizio come suore è di recuperare il senso e il valore della persona, che oggi si sono persi».
Per suor Eugenia Bonetti solo con un cambio, di mentalità e dei valori, sarà possibile un maggiore coinvolgimento delle donne nella Chiesa. Non teme, da suora, la “concorrenza” delle laiche di movimenti ecclesiali – cielline, numerarie dell’Opus Dei, consacrate del Regnum Christi, focolarine, neocatecumenali – anzi: «Le suore sono diverse, hanno altri statuti, un’altra organizzazione. C’è lavoro per tutti. Noi suore abbiamo un motto: “Non lavoriamo in competizione, ma in comunione. La comunione costruisce, la competizione distrugge”».
Fondamentale il ruolo delle suore anche nella sanità: a Brescia le Ancelle della Carità posseggono e gestiscono un efficientissimo ospedale, la Poliambulanza; nel Veronese sono l’anima dell’Ospedale del Sacro Cuore di Negrar; idem nell’Ospedale di Padre Pio a San Giovanni Rotondo. E non solo: nel 69,7% degli ospedali italiani lavorano le suore.

La “rivolta”. Eppure, questo gigantesco lavoro non è riconosciuto ufficialmente dai vertici della Chiesa. Anzi. La Leadership Confererence of Women Religious è stata commissariata fino al 2017 dal Vaticano per aver sollevato le istanze della componente femminile nella Chiesa. Anche in Italia il dibattito è in forte crescita. Madre Eugenia Bonetti, per esempio, ha partecipato alla manifestazione romana “Se non ora quando” del 13 febbraio 2011 per la dignità della donna, parlando dal palco. Ci dice con decisione: «Ha segnato un passo nuovo. Le donne devono essere rivalorizzate per quello che sono. Noi suore vogliamo essere donne al fianco di altre donne». Ancora più netta la badessa della Comunità Benedettina di Viboldone (Milano), Maria Ignazia Angelini, autrice di Donne in cerca di Dio e di Mentre vi guardo, in uscita per Einaudi, che dice a Sette: «La scelta religiosa, per molte donne, apparentemente è scaduta di senso. Sembra che negli ambienti ecclesiali – a livello istituzionale – non ci sia spazio per una reale, e non solo verbalmente affermata, promozione del femminile». Il problema si ripercuote soprattutto sulle giovani: «Sono stata, prima di ricevere l’incarico di abbadessa, per 17 anni maestra delle novizie e ho visto molte ragazze, pur dotate, che non resistono alle esigenze della vita comunitaria». Il nodo è duplice, spiega: «La cultura dominante e la mentalità prevalentemente maschilista che pervade anche certi centri decisionali ecclesiali». Anche dentro le comunità monastiche femminili «non c’è dibattito, né maturazione dalla base delle nuove problematiche emergenti; i vertici ecclesiastici pontificano, ma nell’istruire le questioni non si lasciano sollecitare dal dialogo. Ci si sottomette, ma non si va avanti. Servono nuovi modelli, esiste una questione femminile all’interno della Chiesa ma ancora non si vede che sia posta in modo convincente e costruttivo».
Sulla questione del sacerdozio femminile la Badessa è netta: «Certo che vedo in prospettiva la via di per sé aperta al sacerdozio femminile. Uomini e donne maturano la medesima fede, il medesimo discepolato del Signore, compiono gli stessi studi teologici, seguono lo stesso percorso di impegno ecclesiale: non vedo che senso abbia negare l’accesso al sacerdozio».
L’ex arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, e il suo successore Justin Welby si sono detti entrambi a favore dell’ordinazione di donne vescovo, pur ricevendo un secco no dai vertici ecclesiali inglesi. «Ci sono molte contiguità tra noi e la Chiesa anglicana, le esigenze che vengono dalla base sono le stesse. Queste evidenze non possono, nel tempo, non sollecitare una maturazione», replica la badessa. Suor Maria Ignazia non ha difficoltà a dire che sarebbe molto proficua «meno mentalità maschilista nella Chiesa: Gesù ha promosso la donna, ha liberato la donna perché assumesse responsabilità nevralgiche nella storia degli inizi cristiani; poi nella storia la Chiesa ha – in funzione difensiva – represso molte esperienze di creatività della fede di donne che servivano il Vangelo».
La teologa Cristina Simonelli, docente di patrologia presso la Facoltà Teologioca dell’Italia Settentrionale, conferma: «Penso che una riflessione sulle implicazioni di genere sia semplicemente urgente. Un’inchiesta svolta dall’Osservatorio socioreligioso triveneto mette in evidenza una disaffezione delle donne colte: perché? Che spazio di riconoscimento hanno?». Quanto all’ordinazione sacerdotale, per la teologa è importante «chiedersi perché è così difficile parlarne». In merito al commissariamento delle suore americane, «mi sembra di rivedere, in un accanimento del genere, lo spettro di tante passate ossessioni», conclude la teologa.

Riorganizzare le congregazioni. Se è vero che i vertici del Vaticano devono affrontare in fretta la questione femminile, è anche vero che gli ordini religiosi hanno vissuto una proliferazione talora incontrollata. Fabrizio Mastrofini di Radio Vaticana, autore di Per sempre? Come sono cambiati frati e suore in Italia, commenta: «Le congregazioni femminili sono 1.900: troppe e spesso esigue. Inoltre, molte novizie, soprattutto dalle zone più povere del mondo, entrano ma poi se ne vanno. Anche perché si trovano male con le consorelle più anziane, abituate a una vecchia mentalità». Per il padre francescano GianMaria Rocco Polidoro, presidente di Assisi Pax International, non tutte le realtà, tuttavia, sono in calo: «Le suore di madre Teresa di Calcutta lavorano con una fatica enorme, ma sono in crescita». Tolte le rare eccezioni, il problema però resta: le donne abbandonano la Chiesa. E immaginare una Chiesa di soli uomini è uno scenario che fa davvero paura.
Ferruccio Pinotti
Carlotta Zavattiero