Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  novembre 30 Venerdì calendario

«LOTTERÒ CONTRO CHI VUOLE UN CORPACCIONE CENTRISTA»


Deve aver pensato pure lei: «Se non ora, quando?». E così Giorgia Meloni, 35 anni, venti dei quali trascorsi militando energicamente a destra, ha deciso di dare l’assalto al fortino Pdl di Alfano. Ex leader dei giovani di An, ex vicepresidente della Camera, ex ministro, non ama essere definita rottamatrice. Ma al rottamatore Renzi piacerebbe di sicuro lo slogan che Meloni usò nel 1998 per farsi eleggere alla Provincia: «Contro il Massimo dell’arroganza». Lì dove “il Massimo” era il premier D’Alema. Meloni la genuina, Meloni col tricolore dipinto in faccia durante le partite della Nazionale. Meloni che organizza scherzi per i grandi leader durante la festa di Atreju. Meloni che sbuffa quando le domando se chiederà i voti ai neo-fascisti di Casa Pound: «No eh, non ci si metta pure lei. Voler ridurre la mia candidatura a una testimonianza nostalgica è ridicolo». Meloni rivendica la nobiltà della politica e dei partiti. «Vorrei le primarie anche per decidere i candidati deputati», dice. Da anni, appena c’è un incarico vacante in zona capitolina spunta il suo nome. Gad Lerner, quando ha scoperto che si candidava alle primarie del Pdl, ha commentato su Twitter: «Ohibò, Meloni, una candidata vera. Di conseguenza faranno di tutto per annullarle». Al momento dell’intervista le primarie sono confermate, ma i big del partito si sono schierati contro l’ex ministro della Gioventù.
La Russa ha detto che sta facendo un grande errore. Contro di lei ci sono anche altri big ex di An, Alemanno e Gasparri.
«Ho deciso di candidarmi quando mi sono accorta che i vertici me lo sconsigliavano, mentre la base mi chiedeva di partecipare».
Alessandra Mussolini, dopo aver ritirato la candidatura ha detto: «Le primarie sono una farsa. Berlusconi resterà il leader».
«Le primarie selezionano un candidato premier. E Berlusconi non intende fare il premier. Devo aggiungere altro?».
Ci sono più candidati alle primarie del Pdl che elettori.
«Devono essere espresse davvero le anime del centrodestra».
Montiani, anti-montiani, fedelissimi di Berlusconi, outsider, registi...
«Registi?».
Luciano Silighini Garagnani, scopritore di Nicole Minetti, fa il regista e pare che abbia già raccolto le firme.
«Ah».
Poi c’è Giampiero Samorì.
«Di altri banchieri non abbiamo proprio bisogno».
Vittorio Sgarbi.
«Un guastatore».
Daniela Santanchè.
«Ha posto problemi veri da un’angolazione poco credibile. Vuole rottamare il Pdl per fare un nuovo movimento di plastica. Io penso che si debba rottamare la plastica per fare un partito vero di centrodestra».
Si parla di ticket tra lei e Guido Crosetto, un altro dei candidati.
«Il MuC».
Meloni und Crosetto?
«Scherzando pensavamo più a Moderati un ca...volo!. In Italia c’è gente arrabbiata, altro che moderati».
Berlusconi ha proposto di sostituire le primarie con un bel sondaggio del call center della sua fedelissima onorevole Maria Rosaria Rossi.
«Non è un’opzione applicabile».
Perché un elettore del Pdl dovrebbe votare lei e non Alfano?
«Perché io escludo la possibilità di un Monti bis. Per me questo governo è fallimentare».
Meloni, così sembra più berlusconiana di Alfano.
«Critico Monti dall’inizio. Berlusconi fino a poco tempo fa lo considerava un grande leader moderato. Questo io non l’ho mai fatto. Forse Berlusconi è diventato meloniano?».
Dove hanno fallito i tecnici?
«Nel governo Monti c’è tanto rigore, ma zero equità».
È l’obiezione che fa Vendola.
«È l’obiezione di milioni di persone».
Il suo Pdl ha sostenuto tutta l’agenda Monti.
«Io ho fatto le mie obiezioni nelle sedi appropriate. Ma sono in un partito e quindi mi adeguo alle decisioni della maggioranza».
Ha mai votato contro questo governo?
«Certo. Ma non in maniera sistematica».
Quale provvedimento considera sbagliato?
«La riforma del lavoro è stata un’occasione sprecata. L’Imu una scivolata. La riforma delle pensioni contiene molti errori: gli esodati. E l’assenza di coraggio nel colpire le pensioni d’oro che, pagate da chi la pensione non l’avrà mai, sono un sopruso. Sa che cosa mi ha risposto Fornero quando gliel’ho fatto notare?».
Che cosa?
«Che le pensioni sono un diritto acquisito. Dovrebbe dirlo a chi ha perso la detrazione del mutuo per la casa. Quello non era un diritto acquisito?».
Lei metterebbe un tetto alle pensioni d’oro?
«Venti volte la pensione minima. Il resto, se non è frutto di contributi versati, va tagliato. Ovviamente, abolirei i doppi vitalizi».
Un’altra differenza tra lei e Alfano?
«Il rapporto con la classe dirigente del partito».
Lei ha dichiarato: «Chi ha ricoperto incarichi a livello nazionale faccia un passo indietro». Parliamo di Verdini, Cicchitto, Bondi, La Russa...
«Non mi piace il giochino per cui sono io a fare i nomi di chi sta dentro e chi sta fuori. Non sono Renzi. Chi ha avuto un ruolo dovrebbe rimettere il mandato. Avanti chi se lo merita, chi ha consenso e chi è preparato. Basta cooptazioni».
Basta Minetti calate dall’alto?
«Certo. Candidare Minetti in Lombardia è stato un errore».
È stato un errore anche candidare Franco Fiorito, l’uomo degli scandali della Regione Lazio?
«Al momento della candidatura non si sapeva cosa avrebbe combinato. C’è sempre qualcuno che tradisce la propria comunità».
Ora però si sa chi è Fiorito. E non è uscito dal Pdl. È sospeso.
«Ho chiesto subito di cacciarlo. Alfano mi ha garantito che per quanto lo riguarda Fiorito è fuori dal partito».
Fiorito ha tirato fuori la storia di sua sorella Arianna che sarebbe raccomandata alla Regione Lazio.
«Una cosa vergognosa. Arianna lavora in Regione da quindici anni, da prima che io cominciassi il mio percorso nelle istituzioni. E soprattutto è precaria. Non assunta. Non ha fatto il concorso proprio perché nessuno si permettesse di dire che è raccomandata».
E invece...
«E invece ormai la stampa e i cittadini preferiscono le insinuazioni. E poi nessuno verifica. Tutto questo ha un costo. Le prime ad andarsene sono le persone per bene. E noi, invece, abbiamo dovuto attendere questo governo per avere una legge che impedisse ai condannati per reati contro l’amministrazione di essere candidati».
Avrebbe introdotto prima il provvedimento?
«L’ho proposto tre anni fa. Mi hanno guardato come se fossi pazza».
Forse perché c’è quel problemino del rapporto tra Berlusconi e la giustizia?
«Quello ha permesso a molte persone discutibili di tirare avanti nel Pdl. Le posso dire fino a dove mi spingo?».
Fino a dove?
«Se i magistrati si assumessero davvero la responsabilità delle loro azioni e se venisse introdotto un giusto processo, davvero breve, sarei addirittura per non candidare gli indagati».
Meloni grillina.
«Macché».
Anche Grillo è anti-Monti. E non vuole indagati tra i suoi.
«Grillo ha un problema fondamentale: la sua furia demolitrice mette sullo stesso deprecabile piano i politici disonesti e quelli che non hanno mai rubato».
Grillo è l’antipolitica?
«No. Ha delle idee che sottopone agli elettori, quindi è politico. Ma è anche qualunquista».
Grillo spopola perché i politici sono inadeguati.
«Dicono che con la Rete si raggiunga il massimo della democrazia... ma poi decide tutto Grillo».
Lei sembra più vicina a Grillo che a Casini.
«Il qualunquismo mi rende indigesto Grillo, ma ammetto che non amo l’ubiquità di Casini».
Il montiano Montezemolo è un suo possibile alleato?
«Sembrare buono per il centro, per la sinistra e per la destra non è un biglietto da visita eccezionale».
Sta dipingendo un futuro Pdl meloniano, isolato.
«Intendo allearmi con chi condivide il mio programma. Io sono una bipolarista convinta. E lotterò contro chi vuole riportare l’Italia alla Prima Repubblica costruendo un grande corpaccione centrista».
A cena col nemico?
«Col deputato democratico Roberto Giachetti».
È in sciopero della fame per riformare la legge elettorale.
«È una persona libera».
Ha un clan di amici?
«Quelli di sempre. Un nome su tutti: Andrea De Priamo».
Qual è la scelta che le ha cambiato la vita?
«Entrare in quella sezione. Uscii di casa per iscrivermi dopo aver visto le immagini della strage di via d’Amelio».
Che cosa guarda in tv?
«Le serie americane: 24 con l’agente Jack Bauer e Grey’s Anatomy».
Le sue imitazioni in tv...
«Quella fatta da Paola Minaccioni, ultra romanesca e sboccata, è esilarante. Sono diventata sua amica».
Il film preferito?
«Braveheart. Il monologo sulla conquista della libertà è epico: Agonizzanti su un letto, tra molti anni da adesso...».
Il libro?
«È sempre Il signore degli anelli. Ma poi ce ne sono altri: qualche giorno fa pensavo che io mi sento Don Chisciotte della Mancia, ma vorrei essere Edmond Dantès».
Chi le paga la campagna elettorale?
«Punto sullo spontaneismo dei territori. Non farò cose vistose».
Sa quanto costa un pacco di pasta?
«Un euro e qualcosa».
Conosce l’articolo 12 della Costituzione?
«È quello sul Tricolore».
Conosce i confini della Striscia di Gaza?
«Sarebbe bello se i palestinesi avessero uno Stato vero con dei confini veri, invece di un fazzoletto di terra circondato da mura di cemento. Prima, ovviamente, dovrebbero rinunciare alle armi e riconoscere Israele. L’indipendenza ha sempre un prezzo».

Vittorio Zincone