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 2012  novembre 30 Venerdì calendario

IN CINA C’È UNA CANTANTE COMUNISTA CHE STUDIA DA MICHELLE (OBAMA)


Se ritrovarsi first lady accanto al leader della seconda potenza del mondo richiede di condividerne un po’ anche la mitologia delle origini, allora Peng Liyuan può stare tranquilla. È il suo caso. Non che la sua biografia sia sovrapponibile a quella di Xi Jinping, il cinquantanovenne fresco segretario del Partito comunista cinese, e dunque numero uno della Repubblica Popolare. Ma ci sono tracce che indicano affanni condivisi, nonostante la differenza d’età: lembi di vita che le devono aver fatto sembrare familiari i patimenti di Xi, durante la Rivoluzione Culturale. Anni atroci, durante i quali il neoleader vide il padre scontare l’umiliante trattamento riservato ai membri di quel “quartier generale” imborghesito che l’impazzimento ideologico maoista imponeva di “bombardare” senza pietà. Un periodo durante il quale lui stesso dovette esiliarsi tra le falesie dello Shaanxi a fare la vita dei contadini, tra la diffidenza riservata a chi arrivava da privilegiato. Peng invece non era figlia di un eroe rivoluzionario, al contrario di Xi. Suo padre era direttore dell’ufficio culturale del distretto di Yuncheng, nella provincia orientale dello Shandong. La madre, una cantante del locale teatro. Tuttavia la furia purificatrice delle Guardie Rosse arrivò anche lì: padre espulso dal Partito, alla madre divieto assoluto di esibirsi. Per tutti, il destino standard di sofferenza alla quale praticamente nessuna famiglia della Cina sfuggì tra il 1966 e il 1976, anno della morte di Mao Zedong.

Vite parallele. Peng ha compiuto cinquant’anni lo scorso 20 novembre, dunque i destini paralleli suo e di Xi così paralleli poi non sono. Mentre il futuro segretario generale (e presidente della Commissione militare, e dal marzo 2013 capo dello Stato) cercava di sottoporre la sua richiesta di ammissione al Partito, Peng era ancora una bambina. Quando Xi divenne membro del Pcc, nel gennaio 1974, di lei si capiva solo che le piaceva cantare, mettendo a frutto il talento ereditato dalla madre. Nella Cina appena aperta alle riforme di Deng Xiaoping, una Peng diciottenne scelse l’Esercito Popolare di Liberazione, arruolandosi e avviando una carriera da artista in armi che l’avrebbe portata fino al grado di colonnello. Nel luglio 1985 l’iscrizione al Partito.
Fino a due-tre anni fa, quando l’ascesa di Xi Jinping ha assunto decisamente i caratteri di un’imperiosa ineluttabilità, la celebrità era lei. Anni di performance in patria ma anche all’estero, le telecamere avide della Cctv, le maratone patriottico-canore come lo show in diretta per il Capodanno cinese. Peng era diventata famosa già negli anni Ottanta interpretando “Sul campo della speranza”, seguirono altri successi (“Ti amo, neve di Saibei”, “Noi siamo il Fiume Giallo e il Monte Tai”). Un’icona nazionalpopolare e ubiqua. Luci della ribalta tutte per lei, quando invece l’uomo che dal 1987 è suo marito manovrava cauto dietro le cortine rosse del potere, con un percorso che lo avrebbe portato dal Fujian a Shanghai e poi su, su, fino alle segretissime stanze di Pechino.
A un certo punto le traiettorie si sono incrociate. All’affermarsi di lui ha cominciato a rispondere un rarefarsi della presenza di lei, una più accorta gestione delle sue uscite. È stato evidente nell’ottobre del 2010, quando i più attenti osservatori del web cinese hanno cominciato a captare un’opera di sterilizzazione della Rete, una discreta ripulitura di tutto quello che non si confaceva alla consorte di un uomo che in quel periodo veniva promosso alla vicepresidenza della Commissione militare. Niente show commerciali, immagini più istituzionali. Accento, invece, sulle sue responsabilità pubbliche. Peng fa parte della Conferenza consultiva nazionale, una sorta di camera bassa che raccoglie esponenti delle arti e della società civile. Rettore dell’Accademia d’arte dell’esercito. Vicepresidentessa dell’associazione dei musicisti. Inoltre, l’anno scorso l’Organizzazione mondiale della Sanità, l’unica agenzia dell’Onu che sia guidata da un cinese, la hongkonghese Margaret Chan, l’ha nominata ambasciatrice per la lotta all’Aids e alla tubercolosi. Quest’anno la Fondazione Gates l’ha coinvolta nella prevenzione del fumo e i fervorini agli adolescenti hanno cominciato a comparire nella sua agenda. Le voci su di lei, peraltro poche e tenute a bada da un naturale autocontrollo, sono sostanzialmente innocue.

L’amore romantico. Qualcos’altro si sussurra, certo, ma il grado di attendibilità rischia di essere bassissimo e le possibilità di verifica sotto lo zero. Così, come esiste una prima signora Xi, la figlia di un ex ambasciatore cinese a Londra, anche Peng avrebbe avuto una vita sentimentale prima di lui. Si narra di un amore con un collega cantante sotto le armi. Vicenda struggente: lui era sposato ma quando si accingeva a dichiarare alla moglie che il matrimonio doveva finire, la legittima sposa si scoprì gravemente malata. L’uomo decise di restare con lei, rinunciando al divorzio. Peng subì un colpo durissimo, cadde in una prostrazione profonda e, sempre secondo il chiacchiericcio rosa di Pechino, quasi per inerzia venne sospinta verso Xi Jinping, allora abile e rassicurante funzionario nella regione costiera del Fujian. I due si conobbero nel 1986. Il matrimonio dell’anno successivo fu un evento quasi intimo, per gli standard cinesi e per il rango degli sposi.

Riti del potere. Quando il prossimo marzo l’Assemblea nazionale del Popolo (il parlamento) formalizzerà anche il terzo passaggio di consegne da Hu Jintao a Xi Jinping, ovvero il titolo di presidente della Repubblica, il protocollo si incaricherà di dare un po’ di visibilità a Peng in quanto consorte. È come capo dello Stato (in Cina carica di per sé di scarsa rilevanza), e non come capo del Partito, che Xi parteciperà ai consessi internazionali e compirà visite ufficiali, e lì Peng sarà al suo fianco. Tuttavia nulla lascia presumere, ora, che Peng Liyuan possa essere la Michelle Obama della Cina. Un’immagine suggestiva ma impregnata di wishful thinking: un’aspirazione mal riposta, una proiezione per un ruolo che nel sistema cinese finora non ha avuto diritto di cittadinanza. Nella cupola del potere di Pechino le donne sono sottorappresentate, soprattutto se la loro presenza si confronta con il peso che hanno nel mondo dell’imprenditoria e, banalmente, nella vita delle famiglie: due sole nel Politburo di 25 membri nominate durante il 18° Congresso, il doppio rispetto al 17°.
E anche l’indagine del New York Times sugli affari della famiglia del premier uscente Wen Jiabao, e in particolare sulle fortune della consorte, zarina delle pietre preziose, rischia di aver ridato slancio alla diffidenza per le “mogli di”, che dall’epoca imperiale a Jiang Qing (l’attrice che divenne moglie di Mao e tiranna della Rivoluzione Culturale) hanno costellato la storia cinese. La cerimonia di presentazione di Xi come nuovo segretario del Partito e degli altri sei membri del comitato permanente del Politburo si è confermata un rito tutto maschile. Solo compagni, nessuna compagna.

Il rumor sul Dalai Lama. È anche per questo che altri dettagli su Peng girano solo sui siti web cinesi all’estero, bacino non sempre attendibile di indiscrezioni sulla leadership di Pechino. E qui, più che mai, diventa arduo discernere tra pettegolezzo e desiderio di destabilizzare. Uno dei rumor cita una confidenza del Dalai Lama, nemico pubblico numero uno per la Cina comunista, a un politico taiwanese: Peng Liyuan sarebbe buddhista o almeno molto vicina al buddhismo, e un qualche interesse analogo avrebbe manifestato persino Xi.
Oltre questi confini la curiosità non rie-sce a spingersi. La coppia ha una figlia nata nel 1992 o nel 1993, Xi Mingze. La quale condivide la sorte di molti figli di leader e di ricchi cinesi: studi all’estero, nel suo caso ad Harvard. La protegge un nome falso, la conforta la prospettiva di una vita da privilegiata. Intanto Peng la first lady apre la strada. La first daughter può aspettare.

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@marcodelcorona