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 2012  novembre 28 Mercoledì calendario

Poveri cosacchi ora fanno i «ghisa» - Di certo non puoi dire siano Choosy . O Pridir­civyj come dicono loro

Poveri cosacchi ora fanno i «ghisa» - Di certo non puoi dire siano Choosy . O Pridir­civyj come dicono loro. «Un cosacco vive di er­ba e acqua» era il loro orgoglioso urlo di batta­glia, adesso si sono adattati al più sommesso « che ce tocca fà pe campà ». Romanesco più che tartaro. Ma nel secolo precario e globalizzato il sistema lavoro ha bisogno di flessibilità, voca­zione al cambiamento, capacità di adattarsi. Così da oggi i cavalieri delle steppe, che respin­sero gli invasori ottomani, misero in fuga le ar­mate napoleoniche e sfidarono a cavallo i carri armati nazisti sparando sui comandanti che sporgevano dalle torrette, sono entrati in servi­zio nel centro di Mosca come vigilantes, viti ca­tozzi qualsiasi, ronde padane di pattuglia sulla via Tverskaya,nell’area della stazione Bielorus­sky e n­ei pressi della fermata della metropolita­na Pushkinskaya. E presto faranno razzia di bar­boni in tutti i quartieri di Mosca per il terrore de­gli invisibili. Al posto del caftano alla circassa, del pugnale ricurvo e della frusta con l’impu­gnatura di legno di ciliegio avranno un badge di riconoscimento di plastica volgare. Non po­tranno usare armi e non avranno la facoltà di fer­mo, praticamente un esercito di eunuchi. La guerra che era missione e identità di mercenari nomadi e liberi, la combatteranno, ma con l’uniforme tradizionale blu a strisce rosse,con­tro parcheggiatori abusivi, vuccumprà e auto­mobilisti furbetti che parcheggiano i Suv sulle rotaie del tram. Da cosacchi dello zar a ausiliari del traffico, il simbolo disperato di un’epoca che non c’è più. La fama di feroci combattenti però è rimasta. Secondo il blogger Rustem Ada­ga­mov il risultato della loro prima giornata di la­voro è stata la rimozione di «due mendicanti e una nonna» che vendeva «funghi e calzini» «ca­ricati su un bus» e portati via. Alla richiesta dei giornalisti di fare qualcosa per le auto in divieto di sosta,i cosacchi hanno risposto:«E che c’en­triamo noi? Rivolgetevi alla polizia...». Il comandante Pugacev avrebbe immedia­ta­mente decapitato l’inso­lente sulle piazzeforti del Volga. Certo nella loro vi­ta hanno fatto di tutto. Erano l’Equitalia dello Zar, e poi proprietari terrieri, avevano flotte fluviali e marittime, eroi, navigatori ma non santi, la loro caval­le­ria leggera era consi­derata la migliore al mondo, Tolstoi, Pu­skin e Gogol ne hanno fatto personaggi da fu­mettone e in quanto a Melting pop erano già nel duemila, visto le origini sciti, kazare, alane, tatare, turche, carcasse e persino kirghize. Perseguono abusivi pur es­sendo essi stessi abusivi: pare che il raid infatti sia un’idea personale dell’Ataman,il ca­po dei cosacchi, senza l’ap­provazione delle autorità di Mosca. La polizia se l’è pure presa, tocca a noi, hanno det­to il lavoro sporco. Ma i co­sacchi, che sono tre milioni, se ne fregano, anzi si sono detti pronti a creare il loro primo partito, a fianco dello zar Putin. Pensare che durante la guerra fredda si diceva che se in Italia avesse vinto il Pci «i cavalli dei cosacchi si sarebbero abbe­verati nelle fontane di San Pietro». Ora davanti al Cupolone possono al massimo sostituirsi ai pizzardoni...