Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  novembre 30 Venerdì calendario

GIAPPONE, CI RISIAMO: SETTIMO GOVERNO IN SETTE ANNI


TOKYO. Tre settimane dopo la sua nomina, il ministro della giustizia giapponese Keishu Tanaka è stato «dimesso» per legami con la Yakuza, la mafia del Sol levante.
Ufficialmente le «dimissioni» sono motivate da «ragioni di salute». Virgolette di rigore, perché nessuno nutre dubbi che la decisione sia stata presa dal primo ministro Yoshihiko Noda, subito dopo le rivelazioni della rivista Shukan Shincho secondo cui il 74nne Tanaka, trent’anni fa, aveva accettato l’onorifico ruolo di nakoudo, sorta di maestro di cerimonia, alle nozze di un esponente della Inawaga-kai, potente struttura mafiosa con oltre 10.000 affiliati. Tanaka avrebbe anche partecipato a ricevimenti in diverse occasioni nella lussuosa sede dell’organizzazione, di fronte al prestigioso Ritz Carlton Tokyo Hotel. La polizia ritiene che dal 2007 la Inagawa-kai prosperi sotto l’ombrello della Yamaguchigumi, la famiglia Yakuza dominante, forte di 39.000 membri.
Shukan Shincho sostiene che il ministro si è servito dell’organizzazione e dell’aiuto mafioso per cancellare ogni traccia di una sua sordida relazione amorosa che, se resa nota, avrebbe messo in pericolo la sua carriera politica.
Che Tanaka fosse in odore di mafia lo si sapeva da tempo: già nel novembre del 2011, il senatore Shoji Nishida, dichiarava alla rivista Will: «Tanaka è il quarto ministro della coalizione governativa con accertati legami con la Yakuza... Mettere un connivente mafioso a capo della struttura che deve combattere la più grande organizzazione criminale del Paese è veramente oltraggioso. Adesso capisco perché la Yamaguchi-kumi ha apertamente chiesto ai suoi membri di sostenere in ogni modo la campagna elettorale del Dpj», il Partito democratico.
Sordo a ogni appello da sinistra e da destra, nel rimpasto governativo architettato all’inizio di ottobre nel vano tentativo di evitare lo scioglimento anticipato della Camera dei deputati, Noda aveva comunque imposto la nomina del ministro. Lo scoop di Shukan Shincho ha scoperchiato il vaso di Pandora. Diversi altri giornali e periodici hanno trovato il coraggio di pubblicare storie di rapporti diretti tra Yakuza e governo. Come quella del Chuo Journal secondo cui il segretario generale del Dpj nel 2005-2006, Seiji Maehara, fu costretto a dimettersi dopo essere stato accusato di aver ricevuto donazioni illegali dalla Yamaguchigumi. O quella dello Shukan Bunshun che rivela come il ministro delle finanze Koriki Jojima abbia condotto la sua campagna elettorale con i fondi della Yakuza. Scrive Jake Adelstein, uno dei massimi esperti della mafia giapponese: «Per i partiti politici giapponesi, la Yakuza è un male necessario».
Lo «scandalo Tanaka» e il suo effetto domino sui media, potrebbe essere il colpo di grazia per Noda e il suo governo. Con il consenso ormai sotto il minimo storico del 20 per cento, con molti compagni che abbandonano il partito, con il Paese in grave crisi economica, con l’irrisolto problema del nucleare dopo il disastro di Fukushima, con Cina, Russia e Corea del Sud sempre più aggressive nelle rivendicazioni territoriali, il governo rotola verso elezioni anticipate, fissato per il 16 dicembre, e un disastro elettorale annunciato.
La grande destra nazionalista e militarista si frega le mani e pregusta un trionfo. L’ottantenne battagliero governatore di Tokyo, Shintaro Ishihara, deve aver sentito odore di sangue: poche ore dopo quelle di Tanaka, ha sorpreso tutti annunciando le proprie dimissioni «per essere libero di fondare un nuovo partito (non se ne conosce ancora il nome) che sia un’alternativa di destra al Dpj e al Ldp... Lotteremo per una sostanziale revisione dell’attuale Costituzione impostaci dalle forze di occupazione americane».
Convergenza di programma con l’altro nuovo partito sulla scena politica giapponese: il Nippon Ishin no Kai (Partito della Restaurazione del Giappone), baldanzosamente condotto dal giovane astro nascente della destra Toru Hashimoto, pronto anche lui a lasciare lo scranno di sindaco di Osaka per gettarsi anima ed corpo nell’agone politico. Li divide solo l’approccio all’energia nucleare: in favore il vecchio, contrario il giovane. Si fonderanno comunque in un solo partito che manterrà il nome di Nippon Ishin no Kai. Entrambi rivendicano il diritto-dovere del Giappone di possedere un vero esercito, l’autorizzazione a disporre di armamenti atomici e l’abolizione dell’art.9 che proibisce il ricorso alla guerra. Di questi giorni, la decisione del Giappone di non aderire all’iniziativa di 16 Paesi membri delle Nazioni Unite per mettere fuori legge le bombe atomiche. «Giudichiamo l’iniziativa non coerente con la politica di sicurezza nazionale del nostro Paese» è stato il tagliente commento del vice ministro degli esteri giapponese Kazuya Shinba. Nuvole nere minacciano di oscurare il Sol levante.