Filippo Ceccarelli, il Venerdì 30/11/2012, 30 novembre 2012
QUANDO LA POLITICA ERA TUTTO UNO SPOT
[Oltre 30 anni di slogan e immagini tv per la propaganda dei partiti. con antichi reperti come il psdi, gli esordi di Berlusconi e di Di Pietro, le prime provocazioni dei radicali, adesso raccolti in una ricerca e su internet] –
Roma. Domenico Modugno, che stava sulla sedia a rotelle, ma si è ripreso, si alza in piedi di scatto e chiede il voto per i radicali. Di Pietro, un po’ palli- do, mostra le palme delle mani per far vedere che sono Pulite! - esclama - Pu-li-te!. La Santanchè, di spalle, in bianco e nero, è affacciata alla finestra, si gonfiano le tende per il gran vento, parte una musica da thrilling, poi Daniela si volta con occhi di brace. E la sua prestazione come capolista di La Destra alle elezioni del 2008, slogan Io credo, sembra degna di un film di Dario Argento.
Parecchi anni prima, d’altra parte, ma non troppi, il Psdi, partito a suo modo profetico, aveva fatto scendere in campo come testimonial Fattore Gigi Reder che nella saga cinematografica di Fantozzi interpretava il ragionier Filini, quello con gli occhialoni che sbaglia i congiuntivi. Ma poi, nel mondo della propaganda elettorale accade spesso che la realtà si prenda le sue rivincite, grottesche e drammatiche. Per cui ecco un Mastella entusiasta di calarsi nella parte del politico caloroso e dinamico che armeggia finto disinvolto con un telefonino antidiluviano. Pronto? Pronto! Ecco Penati - si, proprio lui! - che con il sussidio della grafica traccia una enorme croce su una ancora più enorme scheda, ma pare imbarazzato e sfuggente, con il senno di poi. Ed ecco un giovane Fini, lugubre e impettito al fianco della fiamma missina, che pone i telespettatori dinanzi al grazioso interrogativo: «Cosa faresti a chi uccide tuo figlio? Noi» aggiunge «lo sappiamo».
C’è da ridere, ma ci si immalinconisce anche, e può perfino venire da piangere - di sconforto, di rabbia - a immergersi nel buffo e grottesco e imbarazzante e spudoratissimo archivio-cimitero dei caroselli politici. Documenti vintage, effimeri per statuto, e tuttavia intensi e cosi rapinosi che i loro produttori, i partiti, una volta assolto il loro compito, nemmeno si preoccupavano di conservarli.
Bene, nell’ambito di un progetto di studio sulla popolarizzazione della politica finanziato dal ministero dell’Università e della Ricerca, il Dipartimento di comunicazione e spettacolo dell’Università Roma 3, con la supervisione di Edoardo Novelli, ha ricercato, raccolto e classificato quasi 500 spot elettorali, mandati in onda dagli anni Settanta a oggi. Saranno visibili in rete a partire da martedì 4 dicembre, all’indirizzo www.archivispotpolitici.it.
Vi si trova davvero di tutto, e il consiglio è di calarsi nel profondo della miniera della propaganda senza percorsi prestabiliti, per assonanze, suggestioni, salti. I cavalieri medioevali della Lega, Gianni Morandi a favore del divorzio, Alemanno contro i campi rom e Mike Bongiorno che, prima del referendum del 1994, raccomanda di non spegnere la pubblicità. Enzo Tortora ferito al cuore dalle accuse, Caterina Caselli che canta È la pioggia che va per la Margherita, il Psi che presenta Jesus Christ Superstar come «il primo socialista della storia», e il primo Berlusconi che - dalla solita scrivania - fa un sorrisone dei suoi e parte ammiccando: «Care mamme, nonne e zie...»; per poi concludere ancora più seduttivo: «State con chi vi vuoi bene!».
Tanto più raccomandabile la visione di questi spot d’annata nel momento in cui la televisione generalista sta ormai esaurendo la sua funzione e i partiti di un tempo si sono definitivamente dissolti. Ma cosa non si sono inventati, nel frattempo! La De, ai suoi tempi, addirittura un cartone animato sulla Balena bianca, con la stessa energia e la stessa ingenuità con cui i socialdemocratici, anche loro in questo precocemente pop, si riconobbero nel personaggio di Giggi er gatto, che pure non salvò il Sole nascente dalla sua rovina. Cosi come, con il senno di poi, servirono a poco all’onda lunga del garofano i quattro spot che Gianni Minoli girò insieme a un gigantesco Bettino Craxi, che oltretutto lo guardava dall’alto in basso; o il fantastico videoclip realizzato con l’intento di attribuire il Nobel della Pace a Berlusconi. Il quale si vede incedere al rallentatore sui luoghi del terremoto insieme con Obama mentre un tenore si slancia in un’adeguata romanza, Siamo qui per tè,/ coro unanime,/ un’unica voce:/Silvio, Silvio grande è!
Del resto, Sandro-Sandro-Sandro è una specie di marcetta o cha-cha-cha vanamente composta a favore di Biasotti, aspirante governatore della Liguria. Mentre, nel caso dell’inno di Formigoni, è palese - e al momento anche spassosa - l’impostazione scopertamente apologetica: Tu/figlio della nostra terra/ tu,/ sogno che protegge dalle nubi.
Certo, in un momento di grave crisi e necessitato disincanto, è facile osservare che il carico di promesse, seduzioni e aspettative che i leader e più in generale i partiti affidavano agli spot era di , norma spropositato. Ma anche dimenticando le immagini del futuro ministro De Lorenzo che, trent’anni orsono, intratteneva gli elettori su quanto si sarebbe impegnato per la salute degli italiani, il sospetto è che molti di questi filmati, visti oggi, nascondessero già allora menzogne, inganni e cialtroneria.
Da questo punto di vista appare amaramente istruttivo il modo in cui risulta confezionato, presentato e quindi venduto agli elettori del Lazio, con tanto di musica eroica e testimonianza di Veltroni e Gasbarra, il personaggio di Marrazzo; che peraltro, in un barlume di fasulla ma efficace spontaneità, a un certo punto del filmato arriva a chiedersi: «Ma sarò io l’uomo giusto?». Eh.
In realtà lo spot non pretende di essere un documento veritiero, il suo compito essendo quello di sedurre nel modo più intenso e nel minor tempo possibile. Il contrario esatto di quanto mandò in onda il Pci ponendo il povero Occhetto seduto da solo in platea in un cinema buio, con la telecamera che stringeva sul testone del segretario di un partito che allora stava addirittura cambiando nome.
Dal punto di vista puramente estetico è anche vero che di spot se ne salvano pochini. Uno di Oliviero Toscani per Emma Bonino. Un altro, a sfondo calcistico (Metti a Cassano! Metti a Cassano! intima un’intera famiglia barese davanti alla tv durante l’amichevole Italia -Spagna che precede gli Europei del 2004), a favore del futuro sindaco Emiliano.
E tuttavia, è proprio attraverso questi caroselli dagli strani colori e dalle ancora più capricciose risonanze che si comprende come la tecnica, per non dire la tecnologia, abbia infine preso la mano alle trasformazioni della politica. Per cui la De nel 1987 anticipa quel Forza Italia che, parole e immagini, Berlusconi perfeziona come formidabile modello sette anni dopo; e che ancora nel 2010 toma utile alla Polverini con grandi cori lenti e solenni, il futuro è adesso, paesaggi ripresi dall’alto, capelli al vento, spighe di grano, strette di mano, voli di gabbiani, tricolori, palloncini, carezze ai bimbi e smancerie tra gli anziani, laboratori medici, cali center, arco- baleni, insomma quella realtà caramellosa che dalla Prima Repubblica, trovando il suo compiuto trionfo nella Seconda, arriva alla Terza e a suo modo ne indica l’apocalittico svolgimento.
Prima di trovare definitiva collocazione nell’archivio telematico degli studi universitari e di qui consegnarsi a chiunque sia interessato a quel mondo di parole, suoni, corpi e segni così vicino e così lontano dalla nostra storia.