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 2012  novembre 30 Venerdì calendario

LE LACRIME DEL SEGRETARIO


LACRIME sulle primarie. Ci mancavano. Ha provveduto Bruno Vespa, conduttore recidivo, e ieri ha ripropinato al povero Bersani un video postumo e rinforzatissimo che in pochi minuti lo ha dolcemente spinto a sciogliersi in pianto.

A QUEL punto il segretario del Pd, con il volto rigato e debitamente inquadrato, ha detto a Vespa che era «un colpo basso». Ma questi, trionfante per aver ancora dopo tanti anni conseguito il traguardo della commozione altrui (memorabili le lacrime di Lamberto Dini al quale fece ascoltare una canzone pomiciona cantata in studio da Ornella Vanoni), si è giustificato con un argomento che nella civiltà delle visioni a distanza taglia la testa al toro e al tempo stesso si connota per la sua scivolosa
ambiguità: «Però, guardi,
era troppo bello!».
E non si azzarderà qui l’ipotesi che a due giorni dal ballottaggio quelle lacrime erano in qualche modo prestabilite e/o funzionali: tanto a Bersani quanto a Vespa. Ci si sente sempre un po’ cinici, oltretutto, a far gli spiritosi sulla Repubblica dei piagnoni, da Occhetto fino
alla Fornero, altrimenti ribattezzata «Frignero». Ancora più facile sarebbe teorizzare che in linea di massima il tele-piagnucolio, o i riti mediatico-piaculari, come si direbbe in antropologia, umanizzano il potere e perciò rendono assai in termini di consenso. Quando si commuovono in pubblico, in realtà, i protagonisti non fanno finta e ogni loro commozione ha un suo perché e magari addirittura una sua umana rispettabilità. Però va anche detto che la classe politica vive costantemente sull’orlo di una crisi di nervi. Vespa lo sa e per esigenze eminentemente drammaturgiche ci dà dentro.
Così accoglie Veltroni e gli proietta il filmino da lui girato quand’era adolescente, a Berlusconi (gratificato del titolo
«Nonno Superman», mostra le immagini dei nipotini, a Prodi fa trovare una bicicletta, a Bossi uno strumento musicale, a Cossiga un ballo sardo, a Di Pietro un tenero agnellino - e quelli sono tutti contenti. La loro
emozione, sottolineata da giuste luci, efficaci scritte, adeguate musiche e sonanti applausi, è ciò che rimane, a quell’ora della notte, nel cuore dei telespettatori.
Per Bersani ieri confezionato
una clip a suo modo magistrale e il segretario del Pd, che qualche ragione di stress effettivamente ce l’ha, ci è cascato con tutte e due le scarpe nere, lucide e un po’ a punta che si vedono nelle foto su twitter. E si apriva, quel filmato galeotto e affettuosamente malinconico, con paesaggi appenninici come appaiono da un treno o da una corriera, e «Piazza Grande» del compianto Lucio Dalla come colonna sonora, «A modo mio/ avrei bisogno di carezze anch’io »...
E poi un montaggio astutissimo, una sventola di ricordi provenienti dall’inesausto album di famiglia, il bimbo Pier Luigi, in bianco e nero, la prima comunione, pranzi in famiglia a Bettola, anche con zio prete, l’adolescente basettone (che
alla press-agent fece pensare a Cary Grant), e poi si vedevano dal vivo, su un divano, felici del loro figlio appena nominato ministro (1996), mamma e papà Pinu, il benzinaio dalla cui stazione di servizio con officina è partita la corsa delle primarie.
E soprattutto a un certo punto dal video si è affacciato il parroco, sì, proprio lui, quel don Vincenzo al quale la sera prima, dinanzi a qualche milione di italiani, Bersani ha confessato che avrebbe voluto chiedere scusa per via di un certo sciopero dei chierichetti di cui fu il promotore. Ma non c’è più, don Vincenzo, che sembra una specie di Abbè Pierre emiliano, né il papà, né la mamma che raccontava di come si fosse allontanato dalla Chiesa per diventare comunista, e insomma, a quel punto l’infallibile e impietosa e lusingatrice telecamera di
Porta a porta
ha stretto sul faccione del segretario e le sue lacrime hanno bagnato le primarie.
Si asciugheranno in fretta. Ma intanto, dopo le vignette, i veleni, le parodie, gli impicci normativi e i duelli televisivi, eccole come estrema risorsa narrativa a ricordare che insieme alla commedia il genere nazionale è il melodramma.