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 2012  novembre 30 Venerdì calendario

MONICA MAGGIONI E L’ASCOLTO RECORD: 6,5 MILIONI, E’ DA CANZONISSIMA —

Monica Maggioni, il day after il duello Bersani-Renzi: «Mi viene un po’ da ridere, sono ascolti da Canzonissima...». Difficile darle torto. Raiuno mercoledì sera con lo speciale primarie del centrosinistra ha totalizzato 6 milioni 584 mila spettatori con uno share del 22,85%. Per capirci, «Ballando sotto le stelle» (sabato in prima serata, appuntamento-clou dell’ammiraglia Rai) vale sul 23% e dintorni. Invece ecco il 22,85%, un qualsiasi mercoledì e con un confronto politico, per di più con minutaggio ferreo e tifoserie tenute a bada. Per sottolinearlo, Monica Maggioni ha chiuso la puntata con una battuta su viale Mazzini e il suo ruolo di tv di proprietà di tutti: «Grazie, mi avete fatto sentire cittadina di un Paese normale, questo è il senso di un vero servizio pubblico, la Rai che vogliamo». Viale Mazzini da anni si confronta col problema dell’informazione politica, sempre meno amata dal cittadino medio. Le tribune elettorali registrano, quando c’è aria di urne, ascolti marginali indipendentemente dalla collocazione oraria. Per «convincere» il telespettatore a seguire la vita del Palazzo occorrono «Ballarò» e «Porta a Porta», talk show in cui fatalmente si scivola nelle liti e nella sovrapposizione delle voci. La famosa «politica urlata» (abbandonata anche da molti protagonisti, da qualche mese i volti sono sempre i soliti) assai meno apprezzata dal telespettatore rispetto al passato. Quasi ignota ai più giovani, che la saltano a piè pari. È la prima volta che un faccia a faccia ha consensi così ampi. Per uno dei tipici contrappassi di viale Mazzini, probabilmente studiato a tavolino dal direttore generale Luigi Gubitosi, la guida del dibattito è toccata a chi, fino a dieci giorni fa, era la candidata più accreditata per la successione di Alberto Maccari alla guida del Tg1. Cioè Monica Maggioni, assunzione in Rai nel ’97 dopo l’approdo nel ’92 finita la Scuola di giornalismo di Perugia, 15 anni sui fronti di guerra, ora caporedattore centrale di Tv7 e degli Speciali Tg1. E una contestata firma al «documento dei 90» a favore dell’allora direttore Augusto Minzolini, scelta che le alienò molte simpatie interne al Tg1. Forse al pubblico è piaciuto lo schema «narrativo» non chiassoso, agile, basato su rispetto dei tempi e parità di trattamento, sull’assenza di quelle tifoserie che spesso diventano protagoniste di interi minuti di trasmissioni. Insiste Maggioni: «Il dato non riguarda tanto la tv quanto il Paese. La gente voleva capire chi fosse il miglior candidato tra i due che parlavano di fatti, progetti, programmi». Sembra l’uovo di Colombo. Forse quel 22,85% va analizzato bene, lì al settimo piano di viale Mazzini.
Paolo Conti