Marco Palombi, il Fatto Quotidiano 29/11/2012, 29 novembre 2012
GOVERNO INCOMPIUTO TUTTO QUELLO CHE NON SI FARÀ MAI
[Riforma del fisco, del federalismo e taglio delle province: le promesse dei professori si sgonfiano in parlamento. dichiarazione imu a febbraio] –
Le Camere in questi giorni stanno plasticamente spiegando ai professori che essere chiamati tecnici non garantisce di conoscere tutte le tecniche, specialmente quelle del lavoro parlamentare. Ieri, per dire, il Tesoro ha dovuto ratificare via comunicato una scelta impostagli a Montecitorio da un emendamento del Pdl: la dichiarazione per le esenzioni Imu slitta dal 30 novembre al 4 febbraio. Nessun problema per i conti dell’esecutivo: il saldo andrà pagato comunque entro il 17 dicembre. Non tutti gli errori di tecnica parlamentare - o le rivolte della sua stessa maggioranza – sono però così innocui per il governo: una cattiva gestione dei lavori d’aula in questo fine legislatura, infatti, sta per “uccidere” più di un provvedimento di Monti e soci. I motivi sono molti: se si vota a marzo, da un conto a spanne restano solo 20 - 30 giorni di lavori parlamentari (ammesso che si voti anche lunedì e venerdì, cosa non scontata) visto che le Camere vanno sciolte entro il 20 gennaio e di mezzo ci sono le vacanze; i decreti importanti, per un evidente errore dell’esecutivo, si trovano al momento tutti in Senato, dove c’è pure la legge elettorale e sta per iniziare la sessione di bilancio (ddl stabilità e allegati), che in genere monopolizza commissioni e aula e va chiusa obbligatoriamente entro dicembre; la maggioranza, infine, “sente” l’arrivo delle elezioni e non tiene più, pagando in particolare lo sfaldamento dell’ex fronte berlusconiano.
Il risultato è che quattro provvedimenti assai strombazzati al momento dell’approvazione in Consiglio dei ministri sono praticamente defunti: la delega fiscale, rinviata martedì in commissione dopo un’imboscata del Pdl; la riforma costituzionale del Titolo V che sottraeva alcuni poteri alle regioni (servono quattro letture tra Camera e Senato); l’ennesimo ddl Semplificazioni di Corrado Passera, assai atteso dalle imprese per lo snellimento delle procedure su lavoro e ambiente (assai criticata dagli ambientalisti l’abolizione della consuetudine del “silenzio rifiuto” da parte della P.A. anche in zone vincolate, che potrebbe diventare un implicito via libera all’abusivismo); il decreto che cancella di 35 province nelle regioni a statuto ordinario accorpandole agli enti più vicini, testo che scade il 5 gennaio ed è atteso alla Camera, pur non essendo ancora uscito dalla commissione di merito. Stessa sorte toccherà anche a due provvedimenti in discussione da anni, dunque non imputabili a questo governo, come la riforma forense e il ddl omnibus in materia sanitaria: tempo scaduto, non c’è modo che arrivino sulla Gazzetta Ufficiale.
Decisamente a rischio è pure l’approvazione di un provvedimento spot come il decreto sui costi della politica negli enti locali, che taglia i fondi per politici e gruppi consiliari e concede più poteri di controllo alla Corte dei Conti: scade il 9 dicembre e dovrà fare un altro passaggio anche a Montecitorio, visto che il Senato lo modificherà. Monti, però, ritiene di poter riuscire ad approvarlo in tempo utile a colpi di fiducia, accorpando in un maxiemendamento che verrà presentato questa settimana anche due piccoli decretini anch’essi a rischio di prematura scomparsa: uno sul sisma in Emilia e uno sulla società Stretto di Messina. Con la stessa modalità il governo intende portare a casa il cosiddetto decreto Crescita 2.0, in scadenza il 18 dicembre: è quello in cui ci sono norme per favorire le start up tecnologiche e una serie di norme (poco incisive) sull’Agenda digitale italiana. Passera punta ad un via libera lampo accorpando a questo decreto anche le norme su lavoro e ambiente del ddl semplificazioni: stasera dovrebbe approvarlo la commissione, la settimana prossima andrà in aula.