Roberto Di Caro, l’Espresso 30/11/2012, 30 novembre 2012
LIQUIDERÒ L’ERA FORMIGONI
[Colloquio Con Umberto Ambrosoli]
Ha 41 anni, due figli alle elementari e uno all’asilo, una moglie avvocato come lui conosciuta davanti al tabellone dello scritto per l’esercizio della professione forense. È il figlio di Giorgio Ambrosoli, liquidatore della Banca privata italiana fatto uccidere da Sindona quando lui aveva otto anni, storia che ha raccontato in "Qualunque cosa succeda". «Oggettivamente lontano dai partiti», lanciato da Giuliano Pisapia e Nando Dalla Chiesa, espresso da un comitato civico e fortemente sostenuto dal Pd, è il candidato principe alle primarie del centrosinistra del 15 dicembre per le elezioni a presidente della Regione Lombardia contro la ginecologa Alessandra Kustermann, il giornalista Andrea Di Stefano e l’architetto Biscardini. La sua bandiera è da sempre la battaglia per la legalità, e Dio sa quanto ce ne sia bisogno, dopo tre lustri di Formigoni e con la ’ndrangheta in consiglio regionale. Ma che cosa pensa davvero, che posizioni ha sui principali temi, e soprattutto cos’ha intenzione di fare, Umberto Ambrosoli, se il 10 di marzo l’avrà vinta nelle urne su Roberto Maroni e, sempre che i giochi nel centrodestra non cambino in corsa, su Gabriele Albertini?
Mi chiedevo se dopo De Gasperi, Giovanni XXIII e il cardinal Martini lei ha per caso qualche altro papa o democristiano da aggiungere al pantheon del centrosinistra.
«Veramente sì, Tina Anselmi. Insieme a Sandro Pertini. E a Nilde Iotti, per la sua battaglia che oggi chiameremmo sulla parità di genere».
E quell’altro comunista, "Berlinguer chi, il padre della giornalista?", che oggi nessuno nomina più?
«Io lo cito senza alcun imbarazzo, per la sua visione di cosa può essere anche oggi la sinistra».
Vivaddio! Ci voleva uno come lei, di formazione monarchica...
«Un momento. Che i miei genitori si siano conosciuti all’Umi, Unione monarchica italiana, è un fatto. Che il mio nome, Umberto, venga dal senso dato alle circostanze di quell’incontro, anche. Ma io non ho mai militato in formazioni politiche monarchiche. È un modello istituzionale che reputo anacronistico».
Ho letto che da ragazzo frequentava la sede milanese di via Donizetti.
«Non rammento di esserci mai stato. È vero invece che a 14 anni, nel rispetto della memoria di mio padre, ho fatto parte di una associazione non politica ma di conservazione della tradizione. E in seguito di un ordine cavalleresco intitolato, se non ricordo male, ai santi Maurizio e Lazzaro. Facevamo beneficenza. Mi ci portò l’avvocato Lodovico Isolabella (sponsor di Pisapia sindaco di Milano, già leader dei monarchici milanesi, tuttora dominus dello studio professionale dove Ambrosoli esercita, ndr.), delegato degli Ordini cavallereschi lombardi. Lasciai dopo l’arresto di Vittorio Emanuele di Savoia nell’inchiesta di Potenza: il riferimento storico di quegli Ordini era comunque la real casa, e quella vicenda ne aveva definitivamente tradito il significato».
Il suo battesimo in politica?
«Al liceo classico Manzoni, rappresentante di istituto e poi nel Consiglio scolastico distrettuale. Lista Iniziativa laica, molti giovani repubblicani e liberali, movimenti ai quali io non sono mai stato iscritto. Avevamo la maggioranza, contro la lista di sinistra e quella di Cl».
In piazza? Cortei?
«Manifestazioni studentesche unitarie, più di una. Ci sarà qualche mia foto di allora, fine anni Ottanta».
Oggi la piazza è il Web.
«Stiamo cercando di capire come usarlo, per ambiti di discussione o per territorio, perché non sia solo sfogo e protesta. Nelle prime 72 ore si sono iscritte mille persone alla pagina Facebook Ambrosoli 2013: poi però mi hanno detto che il nascituro di Belèn ha già 500 amici...».
Sanità: visti i recenti scandali San Raffaele e Maugeri, non è il caso di riequilibrare il rapporto tra pubblico e privato?
«Anche nel pubblico si verificano scandali e sperperi enormi. A me interessa che la salute dei cittadini sia garantita nel modo migliore e nel rispetto dell’interesse economico della Regione».
Cioè il sistema funziona, peccato che rubacchino un po’ troppo?
«No, altro che rubacchiare! La mancanza di un sistema di regole e controlli efficace e imparziale ha creato i presupposti perché il costo della sanità risultasse di gran lunga superiore alle cure prestate. Dalla creazione di un tale sistema di controlli è lecito attendersi grandi risparmi».
Lei si è occupato, come avvocato, di cause relative a colpe mediche...
«Sì, e ho visto come spesso gli avanzamenti di carriera siano dettati da criteri politici e di appartenenza».
Diciamolo chiaro: in Lombardia, dal primario al portantino, non entri se non stai con Comunione e liberazione...
«È inquietante sapere che la salute di ciascuno di noi è in parte condizionata da logiche del genere. Sull’interruzione volontaria della gravidanza, per esempio, in moltissime strutture lombarde la legge dello Stato che la consente trova enormi ostacoli alla sua applicazione a causa di una larghissima obiezione di coscienza: è doveroso chiedersi se quella obiezione è espressione di un reale sentire del medico o dell’infermiere o non invece di un calcolo di interesse legato a una logica di appartenenza, direi di familismo, "di questo mi posso fidare"».
Che fa, li caccia?
«Se il tal primario è bravissimo, non mi interessa minimamente che sia di Cl, anche se scelto con criteri che non dovranno più essere adottati».
Vale anche al contrario? Se bravissimo non è, via?
«Certo. Si creeranno mille problemi di diritto del lavoro, ma i problemi dobbiamo avere il coraggio di affrontarli».
Rivedrà, se eletto, le convenzioni tra la Regione e le aziende della sanità coinvolte in scandali?
«Quelle realtà che risultassero essersi aggiudicate appalti o convenzioni sulla base di percorsi non perfettamente fisiologici saranno certo messe in discussione in maniera radicale».
Un eloquio da avvocato, il suo, assai cauto...
«Non sono uno di quelli del "via solo dopo il terzo grado di giudizio": chiunque sia chiamato a responsabilità amministrative deve assumere parametri parecchio più vincolanti di quelli del processo penale. Ma prima di esprimere giudizi radicali su questa o quella realtà credo di dover sviscerare i fatti nel modo più esauriente possibile, non sulla base di titoli dei giornali o veline di atti giudiziari».
Lo strapotere di Cl e della Compagnia delle Opere non riguarda solo la sanità, ma le partecipate della Regione, le finanziarie, gli appalti sui rifiuti...
«Cl è una realtà plurima, fatta di persone, e conosco nel terzo settore molte iniziative gestite efficacemente da aderenti alla Compagnia delle Opere. Non demonizzo ciò che non è patologico. Ma se una partecipata affida appalti secondo appartenenza, o una finanziaria concede crediti sulla base non dell’utilità del progetto ma dell’identità dei proponenti, allora hanno smesso di svolgere la loro funzione pubblicistica, l’unica per cui esistono».
E dunque vanno liquidate?
«Riformate. E ciò che non svolge attività pubblicistica è meritevole di chiusura, sì. Andiamo incontro a un periodo molto duro anche per le casse della Regione, non potremo più permetterci diseconomicità che è già assurdo ci si sia permessi in passato».
Expo 2015. Un disastro, al momento.
«Lo so, ma siamo in corsa, abbiamo modo di agire in modo che non si trasformi in uno scenario di sconfitta».
Ma se la prima impresa che si è aggiudicata un appalto ha già chiesto l’adeguamento dei costi!
«Il modello di aggiudicazione al massimo ribasso, scelgo tizio perché costa meno, ha fallito. Ma se lo si è adottato è perché non ci si fida di modelli che comportano discrezionalità. E questo perché c’è la corruzione. Come vede, il focus è sempre la legalità, i controlli, la loro efficacia».
Roberto Formigoni vuole restare commissario all’Expo.
«È il governo che decide. Il mio parere è che sia profondamente inopportuno mantenga una delega così significativa chi non ha neppure più la fiducia per guidare la Regione».
Giovanni Maria Flick delegato di Pisapia per l’Expo, Giuseppe Sala amministratore delegato?
«Godono entrambi della piena fiducia di chi li ha nominati».
Una domanda sulla quale in genere casca l’asino e si avviluppa in mille distinguo chi, cattolico, si candida nel centrosinistra: qual è la sua opinione sulle coppie di fatto, etero e omosessuali?
«L’esperienza del registro istituito dal Comune di Milano merita di essere approfondita su scala più ampia. Certo, bisognerà fare i conti con i tempi di metabolizzazione dei fenomeni culturali, ma troppo spesso ci si dimentica che, accanto ai legittimi diritti delle coppie di persone dello stesso sesso (di successione, assistenza, doveri del coniuge), ci sono anche quelli dei loro figli. Io e mia moglie abbiamo tra gli amici coppie omosessuali che hanno figli della stessa età dei nostri: l’istituzione non può continuare a tenere i paraocchi, a far finta di non vedere lasciando scoperti i loro diritti».